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Pregare con la propria voce

Pregare con la propria voce

Israele - A Gerusalemme il movimento delle Donne del Muro si batte per la libertà religiosa. Contro gli haredim, ebrei ultra-ortodossi che le vorrebbero mute e invisibili

Antonelli Barbara Lunedi, 11/10/2010 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2010

A metà agosto sono tornate a pregare al Muro del Pianto, a Gerusalemme, accompagnate da decine e decine di altre donne venute dagli Stati Uniti. Sono tornate a pregare presso il Kotel (nome ebraico che indica il luogo sacro per gli ebrei) senza Anat Hoffman, la loro leader e portavoce, arrestata un mese fa dalla polizia israeliana. Accusata di avere in mano una Torah: la polizia le ha intimato di stare lontana dal Muro del Pianto per 30 giorni e l’ha multata con 5.000 shekel (circa 1.300 dollari).

Anat Hoffman, leader del movimento per la riforma dell’ebraismo in Israele e direttrice delle Donne del Muro, è stata infatti arrestata lo scorso 12 luglio quando la polizia israeliana le ha letteralmente strappato dalle mani i rotoli della Torah. Anat era già stata arrestata e interrogata (con tanto di rilevamento delle impronte digitali) nel gennaio del 2010: uno dei tanti atti intimidatori nei suoi confronti.

I codici e le regole di vita religiose degli haredim, il ramo del giudaismo ortodosso, vorrebbero le donne mute e invisibili. Ma loro, le Donne del Muro (del Pianto), “The Women of the Wall” (WOW), non ci stanno e dal 1988, anno in cui il gruppo ha preso vita nel corso della prima conferenza internazionale sul femminismo ebraico, chiedono che le donne possano godere degli stessi diritti religiosi accordati agli uomini.

La loro storia inizia la mattina del primo dicembre del 1988, quando un gruppo di circa 70 donne si recò press il Kotel con in mano i rotoli della Torah, per condurre una preghiera religiosa halakhic, (secondo la legge ebraica). Dal momento che le istituzioni religiosi ebraiche non mettono a disposizione nella sezione riservata alle donne (donne e uomini pregano infatti separati presso il Kotel) un servizio di lettura della Torah, loro decisero di portarsi un piccolo tavolo con i rotoli del testo sacro. Indossando il talled (lo scialle), cominciarono a pregare insieme. Ma quando una di loro aprì la Torah, un’altra donna esterna al gruppo, che era presente, iniziò ad urlare. Subito accorsero uomini haredim, che arroccati sulle sedie per guardare al di là del divisorio che separa uomini e donne, cominciarono ad inveire contro di loro e a maledirle. Un ultra-ortodosso lanciò anche un gas lacrimogeno e la foto delle donne spaventate e aggredite fu pubblicata in prima pagina dal New York Times.

Da allora ogni mese di Rosh Chodesh (il primo giorno di ogni mese secondo il calendario ebraico) decine di donne religiose si ritrovano in una preghiera di gruppo: leggono la Torah, cantano, indossano il talled (lo scialle), i tefillin (piccole scatole nere che contengono versi della Torah) e la kippah, indumenti di preghiera che gli ultra-ortodossi vorrebbero relegare al solo uso maschile. Provocando l’ira degli haredim e le critiche dei rabbini di Gerusalemme. Gli haredim infatti si oppongono fortemente al canto delle donne in presenza degli uomini, alla preghiera di gruppo delle donne, al fatto che possano tenere in mano i rotoli della Torah, come pure all’uso di oggetti di preghiera tradizionalmente utilizzati dagli uomini. Ogni mese quelle donne sono insultate e aggredite fisicamente. I più fanatici urlano loro “naziste”. “Quando preghiamo veniamo costantemente assalite – dice Phyllis Chesler –. Abbiamo chiesto allo Stato di Israele di proteggerci e di garantire il nostro diritto alla libertà religiosa, all’uguaglianza. Lo Stato ci risponde ogni volta che siamo noi a disturbare la quiete pubblica, provocando i fedeli e offendendo la loro sensibilità”.

“Ho viaggiato in tutto il mondo – dice Sharon Brous, rabbino donna della comunità di Ikar a Los Angeles, nel documentario che ripercorre la storia delle Donne del Muro, ‘Praying in Her Own Voice’ - ho pregato su treni, in Giappone, su aerei che andavano a Praga o in Francia e l’unico luogo dove ho paura a mettermi un talled sulla testa e pregare è al Kotel. Lì ho il timore che mi vengano lanciate sedie o altro”.

Nel maggio del 2002 la Corte Suprema stabilì che le WOW possono pregare in gruppo e leggere la Torah nella sezione femminile della piazza antistante il Muro del Pianto. Quattro giorni dopo i partiti politici vicini agli haredim tentarono di ribaltare tale decisione proponendo un disegno di legge che avrebbe punito le donne non rispettose della tradizione con una pena fino a sette anni di carcere. Il disegno di legge non fu approvato, ma la pressione esercitata dagli ultra-ortodossi fece sì che la decisione fosse riconsiderata e nel 2003 la Corte ha definitivamente proibito alle Donne del Muro di leggere la Torah e indossare gli strumenti di preghiera nell’area principale del Muro, basando il provvedimento su ragioni di ordine pubblico e destinando al gruppo un luogo alternativo, l’Arco di Robinson, sul lato sud-ovest.

Denise L. Eger, rabbino statunitense, le ha definite “i profeti del nostro tempo, perché sfidano l’ingiustizia perpetrata in un luogo sacro”. Quello che le WOW vogliono è il riconoscimento sociale e legale del loro diritto - in quanto donne – ad indossare il talled, pregare e leggere passi della Torah collettivamente presso il Muro del Pianto, riaffermando che il legame alla tradizione ebraica non può e non deve essere solo maschile. “Il ruolo delle donne nella religione si modifica in tutto il mondo tranne che in Israele” ha dichiarato Anat Hoffman. Eroina della riforma sociale, 14 anni trascorsi nel Consiglio municipale di Gerusalemme, Anat combatte da sempre contro il monopolio maschile imposto alle pratiche religiose ma anche contro il monopolio imposto dagli haredim alla vita politica e sociale a Gerusalemme e in Israele.

Questi ultimi leggono una sorta di manifesto politico dietro alle richieste di WOW. Il giudaismo haredi percepisce ogni forma di femminismo, sia ebraico che non, semplicemente come non necessario, dal momento che riafferma il valore dell’individuo sia maschile che femminile, come parte dell’unicità del popolo ebraico. In pratica la maggior parte delle donne riceve la propria istruzione in scuole femminili, separate dagli uomini e il programma scolastico non prevede per loro l’insegnamento del Talmud né incoraggia le giovani donne a studiare le stesse materie destinate agli uomini nelle yeshiva. Il perno del sistema educativo haredi si fonda nell’incoraggiare le giovani donne a mettere a frutto il loro potenziale, che coincide con l’essere brave mogli e madri all’interno di famiglie devote al giudaismo della Torah.

Non è certo un caso che oggi le donne possono diventare rabbino in tutte le forme di giudaismo, tranne in quello ortodosso. Lo stesso monopolio maschile ha ottenuto a Gerusalemme l’istituzione di linee speciali di bus ultra-ortodossi (finanziate dallo Stato) dove uomini e donne siedono separati. L’ultimo caso che ha infuocato i movimenti femministi in Israele è avvenuto lo scorso giugno, quando il rabbino capo della colonia (illegale) di Elon Moreh (vicino Nablus, Territori palestinesi occupati) ha vietato a una donna di candidarsi alle elezioni della comunità locale. Perché a suo dire “la voce delle donne dovrebbe essere ascoltata solo attraverso i propri mariti”.



(11 ottobre 2010)

 

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