Le radici delle teorie razziali, a partire da Cesare Lombroso: un genocidio dimenticato
A partire dalla metà dell‘800 si sviluppano le teorie cosiddette “scientifiche” del positivismo. Si inizia a costruire l’identità nazionale, in cui interviene il concetto di razza, rafforzato dal mito eroico delle origini. Sono le scienze sociali e l’antropologia fisica a determinare i parametri delle razze in un ordine e in una gerarchia superiore-inferiore-degenerato. I cosiddetti scienziati positivisti, primo tra tutti Cesare Lombroso, professore di antropologia criminale, determinano anche i tratti somatici delle razze, per cui la razza superiore, ariana, ha gli occhi azzurri, i capelli biondi ed è bianca. L’opera più celebre di Cesare Lombroso è “L’uomo delinquente”. Egli fonda le sue affermazioni in una presunta scientificità biologica. Così descrive gli zingari: “Sono una immagine viva di una razza intera di delinquenti, di cui riproducono tutte le passioni e e vizi. Sopportano la fame e la miseria piuttosto che sottoporsi a un lavoro continuato. Sono ingrati, vili e al tempo stesso crudeli. Amanti dell’orgia, del rumore, feroci assassinano senza rimorso, a scopo di lucro. Si sospettarono anni orsono di cannibalismo”.
In questa prospettiva cambiano le politiche adottate nei confronti degli zingari. Si passa da una politica di esclusione a una di reclusione: gli zingari possono essere utili, quindi mettendoli al bando ci si priva di braccia utili al lavoro. La negazione si trasforma, così, in repressione autoritaria e spesso violenta. Gli zingari vengono imprigionati e costretti a i lavori forzati. In Romania vengono ridotti in schiavitù, durata oltre un secolo.
Le teorie razziali ebbero la massima diffusione in Germania, in un territorio nazionale frammentato come quello tedesco. Era necessario creare e rafforzare l’identità nazionale, inculcare gli obiettivi politici di supremazia, esaltare le prerogative della razza ariana pura. Vengono demonizzate le contaminazioni con razze spurie e degeneranti come gli zingari, o la commistione con altre razze egualmente forti ma competitive, malefiche e distruttive del popolo tedesco, come gli ebrei, da eliminare con una politica di annientamento, realizzata nei campi di sterminio.
Le teorie razziste, sostenute dalla costruzione di un ’identità nazionale di suolo e di sangue vengono esaltate dal National socialismo del terzo Reich. Gli Zingari considerati la peste che inquina vengono braccati, deportati, internati nei lager, costruiti apposta per loro, gli zigeunerlager, prese misure antropometriche, schedati, usati come cavie negli esperimenti e poi sterminati (Si pensi agli orrori commessi dal famigerato dottor Mengele nei confronti degli internati ebrei e rom). Ecco la testimonianza di Pietro Terracini, internato a Auschwitz-Birkenau, sullo sterminio di 2897 rom e sinti avvenuto nella notte del 2 agosto 1944: ” ( Noi ebrei) Eravamo separati, dal campo E di Birkenau, solo dal filo spinato dove passava la corrente ad alta tensione. Da lì vedevamo tutto di questo campo. Quel campo mi sembrava un’oasi felice perché vivevano famiglie al completo, uomini e donne insieme, c’erano tanti bambini, molti dei quali probabilmente erano nati in quel recinto. Avevano conservato i loro abiti e i loro capelli, cosa che noi non avevamo. Mi sembrava che fosse un’oasi felice, ma penso che anche loro che erano rinchiusi in quel campo pensassero così. Certamente soffrivano, perché era un lager, ma non avevano l’incubo della camera a gas, non era stata dichiarata per loro la soluzione finale, non era il problema di quelli che chiamiamo rom e zingari. Mi sembrava gente felice. Sono sicuro che loro pensavano che un giorno quei cancelli si sarebbero riaperti e loro avrebbero ripreso le vie del mondo con i loro carri, liberi come gli zingari sono sempre stati. Quindi, quella notte fu davvero una notte terribile. Io sono un testimone. Non posso dire di aver visto tutto o di aver sentito tutto, chiuso nella mia baracca, perché tutto è avvenuto di notte, quando la notte le baracche dove eravamo rinchiusi venivano sprangate e non potevamo uscire. Però ho sentito tutto. Sentii, all’improvviso, di notte, arrivare le SS, le urla per rinchiudere i prigionieri nelle loro baracche, l’abbaiare dei cani, perché si portavano sempre i cani dietro.
Chiusero le baracche e ci fu una confusione tremenda perché i rom e sinti evidentemente avevano capito che si stava preparando per loro qualcosa di terribile. Devono averlo capito. C’era una confusione durata tanto tempo, il pianto dei bambini che erano stati svegliati in piena notte e la gente che evidentemente nella confusione si perdeva e si chiamava a gran voce. Dopo questa confusione, durata, credo, un paio di ore, all’improvviso silenzio.
Il giorno dopo, noi avevamo la svegli alle quattro e mezza del mattino, appena svegli, il mio pensiero fu quello di andare a dare un’occhiata dall’altra parte del filo spinato. Non c’era più nessuno. C’era soltanto qualche porta che era stata lasciata aperta che sbatteva con il vento, perché a Birkenau c’era sempre tanto vento. C’era solo silenzio. Un silenzio innaturale, paragonato alla confusione, ai rumori, ma anche ai suoni. Avevano conservato persino gli strumenti, quindi facevano persino musica e noi dall’altra parte la sentivamo. Paragonato a quel silenzio era qualcosa di terribile che non si può dimenticare.
Dobbiamo ricordare questa giornata. Dobbiamo ricordare il 2 agosto del 1944, quando tutto il campo di quelli che chiamiamo zingari, rom e sinti furono mandati tutti a morire, e noi lo vedemmo subito, perché non erano arrivati i trasporti il giorno prima. Ci bastò dare un’occhiata alle ciminiere dei forni crematori che andavano al massimo della potenza per capire che tutti quei prigionieri del lager erano stati mandati a morire.”
Il 27 gennaio di ogni anno è stato istituito il giorno della memoria in cui si commemora la Shoah, il genocidio nazista degli ebrei con programmi radio, televisivi, con convegni, conferenze, iniziative delle istituzioni pubbliche, attività educative nelle scuole di ogni ordine e grado.
Giusto, Sacrosanto!
Del genocidio del popolo rom, (Porrajmos nella lingua romanés), non c’è memoria. Quello dei rom è un genocidio dimenticato, sepolto nell’oblio, disconosciuto dalle istituzioni pubbliche, dai media, dalla cittadinanza che considera i rom la mala piante degli zingari; soggetti criminali, da separare, ghettizzare, privare anche dei diritti costituzionali. DOMANDA: in Italia quale è la minoranza etnica, l’Alterità più negletta, emarginata, discriminata? Parliamo di rom. L’origine del loro rifiuto si perde lontano nel tempo: cacciati, perseguitati, schiavizzati, sterminati nel genocidio nazista, sono ancor oggi emarginati, rifiutati. Nel nostro paese, parte della popolazione rom e sinta è segregata nei cosiddetti campi nomadi, fuori dalla vista, senza diritti, compreso quello di avere un’identità anagrafica. I rom sono stati privati volutamente del riconoscimento di appartenere a una minoranza linguistica, come prescrive la Carta Costituzionale del nostro Paese, benché la lingua romanés sia diffusa in tutto il mondo, là dove risiedono i rom. Riconoscere i rom come minoranza linguistica, (riconoscimento previsto dall’articolo 6 della Costituzione italiana), significherebbe dare ai rom una identità giuridica, una presenza negli spazi istituzionali del nostro paese. L’esclusione dei rom come minoranza linguistica, quando si è approvata la legge sul riconoscimento delle minoranze linguistiche dal Parlamento italiano, ha rappresentato un vulnus Costituzionale, un deficit di democrazia. Sarebbe ora di rimuovere questo vulnus. E’ il primo passo per l’inserimento dei rom nello spazio del Diritto italiano. E ancora, sarebbe ora di commemorare nel giorno della memoria, il 27 gennaio, il Porrajmos. E’ un atto dovuto, una commemorazione, che renderebbe visibile il popolo rom alla cittadinanza italiana (i gaggi, cosi chiamati dai rom). Un riconoscimento potenzialmente in grado di attivare la solidarietà dei gaggi verso una minoranza di cui non si conosce la storia, la cultura, una minoranza discriminata ingiustamente.
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