Login Registrati
Polonia - Un passo avanti e due indietro

Polonia - Un passo avanti e due indietro

- Con le elezioni presidenziali si è affermata la destra ultranazionalista e antieuropeista

Cristina Carpinelli Martedi, 30/06/2015 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Luglio 2015

A maggio Andrzej Duda leader del partito della destra populista euroscettica “Diritto e Giustizia”, è stato eletto presidente.



Duda guarda con simpatia all’Ungheria di Orban e, come lui, vuole rivedere tutte quelle norme europee che minacciano “l’integrità morale” della nazione e propagano “l’ideologia gender”.

Oggi in Polonia non c’è spazio per la fecondazione in vitro e sono tabù temi come l’aborto e il riconoscimento di diritti civili a persone dello stesso sesso.

Il 13 aprile di quest’anno, il presidente polacco Bronisław Komorowski, esponente della destra moderata e liberale di “Piattaforma civica”, ha ratificato la Convenzione europea contro la violenza nei confronti delle donne, nonostante l’opposizione della Chiesa cattolica e del suo rivale di destra che ha vinto le elezioni presidenziali di maggio. Komorowski ha dichiarato: “Si devono rispettare i principi e sostenere le vittime, le donne che subiscono abusi, la parte debole”. E ha aggiunto: “Non dobbiamo fare calcoli politici su queste questioni”. Già a febbraio il parlamento polacco aveva votato la Convenzione del 2011 di Istanbul, approvata in seno al Consiglio d’Europa. Si trattava del primo strumento vincolante al mondo per prevenire e combattere la violenza contro le donne - dagli stupri in famiglia alla mutilazione genitale. La votazione della Convenzione non è stata semplice: nel corso del dibattito parlamentare erano stati sollevati argomenti dai partiti di destra (sostenuti dalla Chiesa cattolica), secondo cui la Convenzione di Istanbul era incostituzionale e costituiva una minaccia alle tradizioni polacche e al concetto di famiglia, nonostante nel dicembre 2014 l’Helsinki Foundation for Human Rights avesse predisposto un parere, in cui si sosteneva che “La Convenzione di Istanbul era conforme alla Costituzione polacca e che la sua ratifica era ragionevole ai fini della prevenzione efficace e della lotta alla violenza domestica contro le donne”.

Il 25 maggio 2015 Andrzej Duda ha vinto le elezioni presidenziali in Polonia, affermandosi nel ballottaggio sul presidente uscente Komorowski. Duda è un 42enne, leader del partito della destra populista euroscettica “Diritto e Giustizia”. Nel quartier generale di questa formazione politica, fondata dai gemelli Kaczyński, c’è stata grande festa, poiché da dieci anni questo partito non assaporava una vittoria così significativa. Ma per i polacchi liberali e democratici c’è ben poco da festeggiare: la Polonia sembra, infatti, intenzionata a tornare agli anni bui dell’amministrazione Kaczyński. Il partito di Duda, “Diritto e Giustizia”, gode tradizionalmente del sostegno di molti membri del clero polacco, a cui il neo-presidente eletto ha strizzato più volte l’occhio in campagna elettorale, mostrandosi assai sensibile ai “temi etici”, quali la contrarietà alla fecondazione in vitro. Da candidato presidente ha dichiarato di voler punire con la reclusione le donne che si sottoporranno alla fecondazione in vitro.

I due candidati, che erano in corsa per le presidenziali, rappresentano due visioni della Polonia molto distanti. Si può dire che Komorowski rappresenti la “società civile”, mentre Duda - la “comunità nazionale”. Per il liberale moderato Komorowski, gli ultimi 25 anni sono stati il momento migliore di due secoli di storia polacca, perciò “bisogna difendere la libertà e continuare le riforme iniziate con l’integrazione europea e atlantica del paese”. Per l’ultranazionalista Duda, invece, “il Paese è in rovina”, perciò è auspicabile una svolta radicale per ricostruirlo. Tra i vari impegni, annunciati dal neo-eletto presidente, nel corso della campagna elettorale, vi sono il sostegno con incentivi alle famiglie con figli. Un impegno quest’ultimo che rientra nella sua visione politica di stampo patriottico, nazionalista e familistico, e nel suo essere un devoto cattolico (tra l’altro, per la sua elezione, ha raccolto in una preghiera comune diecimila fedeli a Swidnick - città polacca nel Voivodato di Lublino). Duda guarda con simpatia all’Ungheria di Orban e, come il presidente ungherese, vuole rivedere tutte quelle norme europee che minacciano “l’integrità morale” della nazione e propagano “l’ideologia gender”: vero fumo negli occhi per la Polonia ancora prevalentemente cattolica che si riconosce nella triade “Dio, Patria e Famiglia”. Nell’agenda presidenziale di Duda non hanno trovato posto temi che restano veri tabù come l’aborto e il riconoscimento di maggiori diritti civili a persone dello stesso sesso. Argomenti su cui una vasta parte dell’opinione pubblica polacca si rifiuta persino di discutere. Impensabile oggi ipotizzare in Polonia, non solo l’esito positivo, ma anche la stessa istituzione di un referendum sulle nozze fra persone dello stesso sesso come è appena accaduto in Irlanda.

La sfida tra “le due Polonie”, icasticamente rappresentate dai risultati elettorali completamente a favore di Komorowski nella parte ovest e di Duda nella parte est (e sud) del Paese, è stata vinta dalla Polonia retrograda e conservatrice, quella delle regioni orientali e meridionali più arretrate e rurali, prive di infrastrutture adeguate e caratterizzate da una disoccupazione elevata.

Nella Polonia meridionale e in gran parte delle attuali terre orientali, la destra nazionale ha sempre goduto di ottima salute. Qui i valori tradizionali vengono trasmessi di generazione in generazione. Ed è proprio in queste aree, tradizionalmente roccaforti del partito “Diritto e Giustizia”, che gli elettori hanno votato in stragrande maggioranza per Duda. Un ristretto numero di grandi centri urbani concentrati a Ovest della Vistola ha, al contrario, votato per Komorowski. Con la vittoria del conservatore Duda termina l’approccio filo-Ue di un paese basilare nello scacchiere europeo orientale. Il mite europeismo polacco animato dall’enfasi dello sviluppo e della crescita economica non è più l’ordinarietà nell’ex cortina di ferro, ma l’eccezione.

Tra la Polonia della stabilità, dei lemming, dell’europeità, dell’acqua calda nel rubinetto, insomma, della modernizzazione, e una Polonia diffidente, xenofoba, dei cosiddetti “berretti di lana mohair” (il copricapo delle anziane signore che pregano per Radio Maryja di padre Rydzyk, o che si radunano sotto alle croci innalzate in memoria della buonanima di Lech Kaczyński), i polacchi hanno scelto quest’ultima, aprendo a una potenziale “orbanizzazione” del Paese. Le ragioni di questa scelta sono diverse….è emerso sicuramente un certo malcontento verso i partiti tradizionali ma anche verso un benessere conseguito sì in questi anni dalla Polonia (soprattutto da quella più ricca e urbanizzata) ma di cui hanno goduto in pochi e a svantaggio dei più.

Lascia un Commento

©2019 - NoiDonne - Iscrizione ROC n.33421 del 23 /09/ 2019 - P.IVA 00878931005
Privacy Policy - Cookie Policy | Creazione Siti Internet WebDimension®