Login Registrati
Politica: possibilmente la nostra

Politica: possibilmente la nostra

Maggioranze imperfette - Il potere di cambiare non deriva solo da un’effettiva rappresentanza, ma anche da un modo nuovo di intendere responsabilità e scelte elettorali

Giancarla Codrignani Lunedi, 11/01/2010 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2010

Non vorrei tornare ad Aristotele e rinumerare i contenitori che dividono le cose fisiche - la realtà concreta - dalle metafisiche - le astrazioni. Siccome però è stato lui che ha fissato, più o meno per sempre, le discipline, vorrei dire che, come donne, abbiamo fatto bene il nostro mestiere: il femminismo si è occupato, nelle sue diverse scuole di pensiero, di tutto il sapere, ha sferrato un duro colpo alla metafisica dell'Uno, è entrato nell'ermeneutica delle scienze (anche se sembra che il botanico e la botanica operino indifferentemente), ha posto interrogativi all'etica. Ma il capitolo della politica ha messo in questione esigenze e richieste di genere, non la natura dei poteri costituiti.

Non dimentico studi interessantissimi che, non solo per le autrici (tutte abbiamo debiti di riconoscenza nei loro confronti), sono opere politiche. Ma il campo politico in sé - ripensiamoci - è stato il terreno in cui siamo state subalterne proprio mentre cercavamo di esprimere la volontà di rifare i conti con la cittadinanza. Generalizzando, la dipendenza in qualche modo obbligata è implicita nel rapporto che il femminismo ha avuto con la sinistra. Le donne sono sempre state pronte a cogliere gli spazi che si aprivano nell'ambito progressista per le opportunità delle promesse di liberazione universale. Olimpia de Gouges con le altre amiche scrisse i "diritti della donna e della cittadina" illudendosi che gli illuministi al potere avrebbero esteso le garanzie di nuovi diritti, ma il suo femminismo paritario si manifestò meno nella richiesta per entrambi i generi di poter salire "alla tribuna e al patibolo", che non quando rimproverò a Robespierre l'uccisione del re, se poi intendeva prendere per sé il potere assoluto. Sperimentò per questo il patibolo, ma aveva posto sul piatto il problema dello Stato. Soltanto un re fa la monarchia?

Anche nelle rivoluzioni russe furono presenti le donne, a partire dalla Krupskaja, che rimase nella storia solo come "moglie" di Lenin. Il grande processo trasformativo doveva essere riscatto anche per le donne incastrate nel ruolo domestico ipertradizionale della Russia zarista. La nuova società nasceva all'insegna del "libero amore" come cultura nuova delle relazioni; ma, poteva vincere il principio femminile della scelta libera e non più soggetta alle decisioni dei genitori se tutti gli uomini ritenevano che la rivoluzione metteva loro a disposizione i corpi delle donne? Lenin intervenne a sciogliere la contraddizione con il precetto del parroco: non è come bere un bicchiere d'acqua un rapporto da cui può nascere un figlio... A parte una questione che non è solo privata, tutti i partiti di sinistra procedettero imperterriti ad approfondire interni conflitti in nome del socialismo o del comunismo "realizzati" senza accorgersi che, sia che le donne contribuissero a realizzare il mondo nuovo, sia che il sistema comunista dovesse emancipare il sesso debole, non si dava ombra di realizzazione guardando segreterie politiche e governi in cui le donne erano praticamente inesistenti. La libertà tout court si dà, infatti, a partire dalla concreta libertà femminile e non dalla condivisione di qualche incarico.

Fortunatamente i discorsi attuali nei nostri paesi si realizzano in contesti democratici. La regola aurea del "governo del popolo" è il principio maggioritario: tutti votano e il 50+1 ottiene la maggioranza. Ovviamente con il duro discrimine del rispetto delle minoranze. Per il rapporto uomo/donna non si danno problemi: ovunque le donne sono almeno il 51% degli elettorati: invece restano minoranza e si studiano le misure di tutela dei loro diritti! L'Unità il 25 novembre ha intitolato "L'onda rosa arriva a Strasburgo", per dire l'esultanza di avere nella Commissione europea 9 donne e 13 uomini (dopo che le tre precedenti commissarie avevano fatto una denuncia pubblica per far sapere che "l'Europa non può permettersi di usare solo i talenti, le idee e le esperienze di metà dei cittadini"). Naturalmente, quando una di loro è stata nominata Alto rappresentante per la politica estera, una "sconosciuta" perché le donne non acquistano fama politica per quello che fanno, è seguito il commento senza appello che si trattava di una scelta di "basso profilo".

Sembra che in Italia il Partito Democratico abbia scritto nel suo statuto che gli incarichi debbono seguire la regola del 50/50. Ovviamente c'è stata coerenza nella nomina di una presidente (Bindi), di un segretario (Bersani), di due vicepresidenti uomo e donna (Sereni e Scalfarotto). Anche la segreteria sembra rigorosamente paritaria: 6 a 6, ma con un coordinatore uomo. Uomo anche il tesoriere. Poi, la frana. Commissione di garanzia: 2 donne e 7 uomini; Segreterie regionali: 2 donne e 19 uomini; Presidenze dei forum: 3 donne e 19 uomini... Ovvio che qualcuno dirà che lo statuto consente queste (s)proporzioni; ma non è così che si fa quella democrazia che comprende le donne e fa sì che in molte desiderino partecipare (attualmente ci si rinfaccia che è difficile trovare donne da mettere nelle liste elettorali perché le donne "si negano", come se fossimo così stupide da fare le seconde parti senza benefici).

Ma anche a livello locale le cose sembrano tornare al gioco dell'oca: nel coordinamento regionale dell'Emilia ci sono 2 donne e 9 uomini, nell'esecutivo su 17 membri le donne sono 7, mentre dei 4 invitati permanenti una sola è femmina.

A parte le congratulazioni, qualcosa non funziona. Che cos'è per le donne un partito? Che cosa una leadership, le forme istituzionali, le regole? Ovvio che stiamo in contesti che accettiamo senza difficoltà (oppure no: con molte difficoltà); ma il problema è capire quali sono le conseguenze di una logica femminista applicata alla politica. Che cosa vorremmo? Scommettere su D'Alema agli esteri dell'Unione europea perché è italiano e per giunta Pd e non sulla sconosciuta Catherine Ashton? Essere rappresentate da donne che non sono state scelte dalle donne? Anche da donne che, per obbedienza al partito, votano contro la RU 486?

Che cosa significa, da un punto di vista femminista, "fare politica"? Replicare la storia in veste rosa? Oppure ripensare i valori dello stato, dell'economia, del privato e del pubblico (che non sono il personale e il politico). Viviamo la fine di un'epoca storica e non abbiamo certezze sul nuovo che verrà, ma è sicuro che dovremo innovare quasi tutto. Le donne hanno più facilità a proporre ristrutturazioni e diversificazioni, anche perché non sono state loro ad avere la responsabilità inventiva delle strutture vecchie. Sarà difficile, ma se vogliamo cambiare il mondo, vale la pena di contribuire con nuove analisi e nuove teorie.

Divertiamoci un poco nel 2010!





(11 gennaio 2010)

Lascia un Commento

©2019 - NoiDonne - Iscrizione ROC n.33421 del 23 /09/ 2019 - P.IVA 00878931005
Privacy Policy - Cookie Policy | Creazione Siti Internet WebDimension®