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Poesia fatta di pioggia

Poesia fatta di pioggia

Maddalena Bergamin - Una scrittura dove si gioca il tutto per tutto, l’amore, la passione, l’esistenza

Benassi Luca Venerdi, 14/09/2012 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2012

Giulio Perrone editore di Roma ha una lunga tradizione come scopritore di talenti poetici. Non fa eccezione Maddalena Bergamin, ventiseienne padovana e studentessa di Lettere Moderne a Venezia, che con il suo “comunque, la pioggia” (del 2007 quando aveva ventuno anni) ci regala un esordio che fa percepire una voce dotata di un timbro personale e determinato, che volentieri si fa perdonare qualche smagliatura del dettato, quando indugia su cadenze dal sapore ermetico e montaliano. Bergamin, infatti, è cosciente dei propri mezzi espressivi e mette in campo una struttura complessa, fitta di rimandi che si fanno eco da una testo all’altro. Vi è in questi versi una consapevole e già matura adesione ad una scrittura dove si gioca il tutto per tutto, l’amore, la passione, l’esistenza, senza cedere alla facile emozione, ma muovendosi all’interno di una contemporaneità fatta di asfalto, marciapiedi e strade. E dunque anche il rapporto con il corpo della persona amata è vissuto in un raffrontarsi continuo con un quotidiano pietroso e grigio, con una carne consumata nell’incontro e ridotta all’osso, assai distante da certi cliché della poesia delle donne che vuole in un sensuale io corporeo, alla scoperta della sua fisicità, la ragione stessa del fatto poetico. Bergamin, al contrario, è figlia del suo tempo, un tempo difficile, dalle relazioni instabili, liquide come direbbe Bauman, soggetto alla subsidenza dei sentimenti, opacizzato da una pioggia costante, assillante, che fin dal titolo segna questo poemetto articolato in capitoli e intermezzi. La nota migliore di questo libro è, in verità, una freschezza ficcante e decisa, che non è entusiasmo giovanile, bensì coraggioso e vitale corpo a corpo con l’esistenza, con l’unica freccia al proprio arco della parola poetica. Scrive in proposito Matteo Lefevre nella nota introduttiva al volume: “la poesia della Bergamin si fa notare soprattutto per una notevole freschezza di ragionamento, per la brillantezza e il piglio con cui sa affrontare il mondo, inteso come universo di asfalto, automobili e colonne industriali, e perciò come quotidiano scenario metropolitano, e insieme come luogo assoluto e senza tempo, del passaggio degli esseri sulla terra.”

Poesia fatta di freddo, di acqua, invernale, illuminata da una luce scura, illividita dalla pioggia, essa è l’occasione per riflettere su se stessa, ritornare alla “terra da cui si sono mossi i primi passi, i primi versi” come ricorda Lidia Riviello nella postfazione. C’è in questa scrittura qualche cosa di toccante, di duro e affilato, che ci rivela una nuova voce, da seguire attentamente nelle prossime prove.





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Succede prima di sapere chi sei

senza conoscere la tua storia

i tuoi anni e che cosa c’è stato

nel tempo che hai avuto



Trascurando dove le tue giornate

ti portino, su quali strade e perché

tu cammini. Di che cosa parli se

parli. È tutto niente



Non sei la tua storia morta tra tutte

le cose passate, ma la testa che

si gira alla finestra



Non sono quello che ho visto, vissuto

sfogliato, ma la figura che vedi

che ti vede e non parla.



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Vuoi aspettare con me

che cominci la pioggia

e tenere il tuo freddo

vicino al mio freddo

e il nostro torace

e le gambe

Vuoi aspettare con me

che cominci la pioggia

nel silenzio che si rompe

senza voci né tempo?



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Sei nei dintorni, sui marciapiedi

l’erba che brilla sulle colline

e le pecore in equilibrio

sei nell’ultima pioggia che muore

non sui giornali

ma dentro la strada che cammino

e sulle scale

che salgo e scendo

da cui guardo e mi sento.



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Strappati ogni giorno ai giorni

se non puoi farlo una volta per tutte

strappati l’ironia dai polmoni

dà poco valore alle tue parole pesanti

lasciane in piedi lo scheletro e allontanati,

perché crolleranno.





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