Martedi, 09/07/2024 - Francesca Maranghi, che ne è Principal Investigator, ci illustra un progetto centrato sull'endometriosi che può avere risonanza e aprire nuove prospettive di cura, e non solo.
Il progetto è finanziato con fondi del PNRR nell’ambito della call del Ministero della salute su ‘Malattie croniche non trasmissibili (MCnT2) ad alto impatto sui sistemi sanitari e socio-assistenziali: innovazione in campo terapeutico’, ed ha come focus proprio l’endometriosi, avvalendosi di un approccio integrato a fasi successive.
L’endometriosi ha la caratteristica di essere una malattia multifattoriale, questo ne determina una particolare nota di complessità…
“Corretto, l'endometriosi è multifattoriale come molte altre malattie quali ad esempio l'Alzheimer, il diabete, etc.”
La possibile correlazione tra contaminazione ambientale e salute, attualmente e finalmente studiata inerentemente all’endometriosi, non è attualmente menzionata nella definizione della malattia. Esistono eppure studi che hanno rilevato un legame tra l’alta concentrazione di ferro rintracciata nelle lesioni endometriosiche e la presenza di metalli come l’alluminio, il bromo, il cromo e il piombo…
“Non si può parlare di 'correlazione causa-effetto'. Il termine corretto è solo 'correlazione', ed è completamente diverso dal concetto di causa-effetto. Mi spiego: diversi studi sull’uomo e non riferiti soltanto all'endometriosi, ma anche alla pubertà precoce, obesità, malattie metaboliche e degenerative fino ad arrivare a diversi tipi di cancro - hanno evidenziato come i livelli di una determinata sostanza/contaminante ambientale erano aumentati in matrici umane (sangue, urina, etc.) provenienti da persone affette da queste malattie; oppure, sempre i livelli contaminanti erano associati all'aumento/ comparsa di un determinato marcatore caratteristico di quella patologia”.
Alcune evidenze suggeriscono come nei focolai di endometriosi si accumulino anche i metalli ai quali i corpi sono stati esposti, che possono essere ingeriti o respirati.
"Gli studi di biomonitoraggio umano posso rappresentare uno strumento estremamente utile per valutare l’impatto della componente ambientale su patologie come l’endometriosi. Anche i nostri studi di ricerca applicata si inseriscono proprio in questo contesto, ed hanno lo scopo di fornire strumenti scientifici e dati utili, l'integrazione/interpretazione dei quali può essere utilizzata dal SSN per formulare protocolli per il gestione/riduzione dei rischi derivanti dall’esposizione a sostanze chimiche e l’implementazione di nuove misure strategiche di prevenzione e di intervento basate sull'evidenza scientifica”.
Ce ne vuole parlare in maniera più approfondita?
“Posso citare l’esempio dell’ultimo progetto di cui sono Principal Investigator, finanziato con fondi PNRR nell’ambito della call del Ministero della salute su ‘Malattie croniche non trasmissibili (MCnT2) ad alto impatto sui sistemi sanitari e socio-assistenziali: innovazione in campo terapeutico’, che ha come focus proprio l’endometriosi e si avvale di un approccio integrato a fasi successive. Questo progetto dal titolo ‘A combined approach to evaluate the effects of Mediterranean plant bioactive compounds on Endometriosis-like lesions induced by phthalates: future prospects for their therapeutic applications to improve and complement the traditional cares’ si incentra sulla valutazione del potenziale ruolo preventivo/protettivo di estratti vegetali, noti per le loro attività antiossidanti, antinfiammatorie e antitumorali, sull’endometriosi – considerando il plasticizzante interferente endocrino ambientale Bis(2-)etilesil)ftalato (DEHP) come fattore di rischio ambientale. Infatti, attualmente alcuni studi hanno sollevato dubbi riguardo alla crescente esposizione a contaminanti alimentari come gli ftalati e hanno dimostrato che l’esposizione a DEHP potrebbe essere associata all'insorgenza dell'endometriosi e alla propagazione delle lesioni endometriotiche. Lo studio è stato concepito e sviluppato partendo dal presupposto che le terapie convenzionali si basano sulla riduzione dei livelli sistemici di estrogeni e sul contrasto alla risposta infiammatoria ma possiedono notevoli effetti collaterali. Esiste un crescente interesse sull'uso delle piante medicinale per il trattamento dell'endometriosi, in particolare composti polifenolici e sesquiterpeni, per le loro attività antinfiammatorie, antiossidanti, antiproliferative e apoptotiche, antiangiogeniche, antiinvasive, immunomodulatorie e modulanti degli estrogeni. I dati del progetto aiuteranno ad identificare specifici bersagli e pathways molecolari per selezionare i principi attivi di origine vegetale più appropriati per impostare terapie innovative; inoltre, l’esposizione al composto ambientale modello fornirà dati per sostenere politiche sanitarie volte alla riduzione dell’esposizione a sostanze chimiche ove queste si rivelassero un fattore di rischio ambientale rilevante per l’induzione e la progressione della patologia. Nell’ottica di terapie cliniche di precisione specificatamente adattate alle esigenze del paziente, il progetto consente di fornire dati per lo sviluppo di nuovi concetti nelle terapie per l’endometriosi basati sull’utilizzo di composti naturali come strumento centrale per superare i problemi legati ai sintomi della patologia ed affiancare le terapie tradizionali. Ciò può portare ad un sostanziale supporto al sistema sanitario nazionale SSN in termini di: i) miglioramento della compliance del paziente, riducendo gli effetti collaterali dei farmaci, ii) riducendo i problemi secondari legati alla ridotta fertilità”.
Come ci si può difendere al meglio dopo una diagnosi di endometriosi?
“Essendo una malattia multifattoriale, la ‘protezione’ o meglio la prevenzione forse può agire solo sui potenziali fattori ambientali. Dunque, una volta identificati dei fattori di rischio attraverso studi come quello di cui ha accennato prima, limitare o ridurre l’esposizione può sicuramente essere di aiuto”.
Alla luce di quanto ci stiamo dicendo ritiene l’endometriosi possa definirsi anche una malattia ambientale?
"Direi piuttosto che l’endometriosi, in quanto patologia multifattoriale, annovera anche l’ambiente come fattore di rischio".
Il valore politico di questa implicazione ambientale è facilmente desumibile è sulla necessità del suo riconoscimento che dobbiamo ragionare, allargando il margine di rivendicazione.
Seguiremo il progetto, ringraziando chi finalmente, come Maranghi, sta aprendo nuove prospettive.
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