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PLURALE È BELLO

PLURALE È BELLO

FOCUS / famiglie nonostante tutto - oltre le differenze, le comunanze e le provenienze, in famiglie allargate o ricomposte, il confronto nelle reti informali di mamme e papà è un bene prezioso

Ribet Elena Domenica, 27/11/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Novembre 2011

Roberta Valetti da tanti anni, per lavoro, per amicizia, per amore, si occupa dei temi legati all’immigrazione. Si è appassionata all’argomento durante la tesi di laurea, a metà anni ’90, e da allora il suo percorso professionale e personale ne ha sempre avuto a che fare. Ha partecipato ad attività di ricerca sul tema dei fenomeni migratori presso istituti di ricerca, Università, enti e organismi nazionali e internazionali. In parallelo all’attività di ricerca, per diversi anni, ha lavorato presso associazioni e organizzazioni che svolgevano attività pratiche con e per cittadini stranieri. A queste attività, svolte in un “precariato più o meno stabile”, si è aggiunta, negli ultimi quattro anni, quella di mamma di una bimba, che un po’ per caso e un po’ forse no, è frutto anch’essa di questa sua curiosità verso persone che arrivano da altri posti.



Cosa pensi della maternità? Pensi che oggi in Italia sia facile fare la mamma?

Non so cosa penso della maternità in generale. Rischierei di dire delle banalità prese a prestito dai libri accumulati, iniziati e mai finiti, durante la gravidanza. Posso parlare di come è stato ed è per me, anche se ogni giorno è qualcosa di diverso. È una scoperta continua di me stessa prima di tutto, è una fonte di energia che non credevo di possedere. Dopo di che penso sia difficilissimo fare la mamma, come è difficile fare il papà, in Italia come altrove. Ci si ritrova di fronte ai propri e agli altrui modelli, quelli ereditati, quelli adottati idealmente, intellettualmente e sbandando qua e là si procede cercando di conciliarli. Non sono niente le notti insonni rispetto alla fatica spesa in questo continuo lavoro di adattamento a se stessi, al proprio compagno, che ora ha assunto la nuova veste del papà e a volte del “padre”, a una bimba che cresce e a tutto ciò che ci sta intorno. E tutto quello che ci sta intorno certo non facilita la situazione. Nel mio caso questo ha voluto dire ricominciare a lavorare, per fortuna da casa, una settimana dopo il parto, per garantirmi il rinnovo del mio “fortunato” co. co.co. annuale in un ente pubblico. Significa ora cercare di conciliare varie collaborazioni (perché, malgrado la fatica, il contratto annuale dopo 8 anni è saltato) con i tempi della scuola pubblica e quelli di un papà libero professionista “forzato”. Vuol dire arrivare al punto di sentirsi fortunati di non avere un lavoro fisso così da poterci ripartire equamente, ma in modo molto flessibile (sostituendoci in caso di necessità) il tempo da passare con nostra figlia.



Nelle recenti statistiche Istat, emerge che diminuiscono i nati da genitori italiani (-25 mila) mentre continuano a crescere quelli con almeno un genitore straniero (+5 mila), sebbene a ritmo più contenuto rispetto al passato. Secondo te perché?

Questa è una tendenza che si registra molto spesso in situazioni migratorie dove cambia il ruolo della donna e il contesto di riferimento che influenza le scelte riproduttive. Tutto questo senza dimenticare che le donne straniere non sono un gruppo omogeneo, hanno differenti nazionalità, storie migratorie e tassi di fecondità. Certo la crisi attuale pesa su italiani e stranieri. Penso che più che essere contagiati dalle coppie italiane gli stranieri siano, come sempre, la cartina di tornasole di una situazione in cui se non hai appoggi esterni, della famiglia d’origine, in termini pratici, di gestione della vita quotidiana e in termini di sostegno economico, è difficile conciliare i tempi lavorativi, spesso dedicati per le donne straniere alla cura dei figli o dei genitori anziani degli altri, con quelli della cura dei propri figli; così i progetti di maternità vengono posticipati (nella vaga speranza che qualcosa cambi), o ridotti. In Italia avere vicino dei nonni attivi è diventato il servizio di welfare per la prima infanzia su cui contare, con la differenza che per gli stranieri spesso i nonni stanno nei paesi d’origine e a meno di non fare la scelta di lasciare i figli con loro si decide di farne a meno.



Cos'è la "famiglia" oggi in Italia?

Non lo so. Penso ci siano molte tipologie e varianti di famiglia, e non ne saprei dare una definizione unica. In alcuni casi è composta da consanguinei e in altri casi no, possono esserci figli come non esserci, può essere fondata da un patto sociale o meno e avere la stessa validità (senza ahimè gli stessi diritti). Le sue dimensioni, così come i soggetti che ne fanno parte e le modalità di relazione tra loro, possono essere estremamente variabili. Personalmente mi sento imparentata con persone con cui ho condiviso la mia casa, che mi hanno aiutato e sostenuto nei momenti difficili e condiviso quelli belli, mentre non ho quasi nulla in comune con alcuni miei consanguinei. Poi c’è il piano normativo, per il quale se non sei sposato sei solo una “sottospecie di famiglia” e se poi sei dello stesso sesso, anche se avresti tutte le intenzioni di sposarti, non te lo lasciano fare e sei fuori target.



Quali occasioni di scambio e confronto si possono costruire tra famiglie? Pensi che sia importante provare a farlo?

Sì, penso sia importante. Anche se per ora più che altro ho visto nascere sistemi di scambio, dialogo, confronto, tra molte mamme (e alcuni rari papà). Il minimo comune denominatore in questi casi è l’essere lavoratrici, spesso con lavori che non hanno orari fissi, persone che non possono contare sulla presenza dei nonni e che non hanno i mezzi economici per poter avere un aiuto esterno. Queste reti informali, in cui sono entrata anche io, sono composte da donne, native e migranti, accomunate da bisogni simili e nascono come una sorta di gruppi di automutuo aiuto per l’accudimento dei figli al di fuori degli orari scolastici. Man mano si trasformano in gruppi amicali all’interno dei quali trova spazio il confronto sui temi dell’educazione dei figli, del rapporto con il partner, con le famiglie allargate e con quelle ricomposte.



Secondo te esistono differenze nell’approccio alla maternità fra donne italiane e migranti?


Mi riesce difficile pensare a due gruppi omogenei composti dalle donne italiane e dalle donne migranti. Esistono sicuramente tra le donne delle differenze nell’approcciarsi alla maternità e queste sono dettate da variabili che vanno dall’età, alla storia familiare, al percorso di studi, al ceto sociale. Differenze e comunanze trasversali alla provenienza.



Definiresti la tua famiglia 'multietnica'?

No, non definirei la mia famiglia multietnica, non perché è la mia, ma perché non riconosco alla categoria di etnico un valore reale. L’etnia è piuttosto una realtà immaginata e nessuno di noi ha immaginazioni in tal senso.

Se devo descrivere il mio nucleo familiare ristretto preferisco dire che è composto da due persone nate in due paesi diversi e da una bambina che va a incrementare la percentuale di nati in Italia con almeno un genitore non italiano. Questo sul piano pratico si traduce nell’esistenza di un qua, ovviamente vicino, e un là che è familiare, e che fa parte del qua. Significa aggiungere al quadro elementi di complessità, ma anche conoscere e offrire a nostra figlia una pluralità di modelli oltre a due lingue con cui pensare e organizzare i suoi orizzonti di riferimento, che sono sicuramente più ampi di quanto non fossero i miei alla sua età e che saranno forse più complessi ma molto più ricchi. Significa sforzarsi ogni giorno di non dare nulla per scontato e difenderci, ma soprattutto difendere nostra figlia dall’incasellamento in categorie preconfezionate per offrirle una dimensione più ampia in cui ci sono il qua e il là mescolati, ricombinati, ricostruiti e c’è spazio anche per tanto altro. Operazione questa tutt’altro che facile in un paese in cui l’alterità viene vissuta come qualcosa da tenere sotto controllo.



Cos'è secondo te l'identità?

Penso sia un processo di costruzione e ricostruzione continuo. L’identità di ognuna e ognuno muta nel tempo e si adatta ai contesti, assume una pluralità di forme e non è riducibile a un solo aspetto della nostra vita. È un fenomeno relazionale e dinamico che cumula le esperienze di socializzazione delle varie età della vita e le ricompone nel presente.

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