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Plinio Perilli, Museo dell’uomo

Plinio Perilli, Museo dell’uomo

L’ultimo poderoso, visionario e corale libro di Plinio Perilli, Museo dell’uomo (Poesie e poemetti 1994-2020, con una nota di Giulio Ferroni, Zona, 2020), ci conduce in un viaggio simile a quello proposto dal Museo francese

Domenica, 03/01/2021 - Plinio Perilli, Museo dell’uomo
“Brucio tutte le vostre / vite, perché rinascano!”

Nel corso dei miei ripetuti viaggi a Parigi ho avuto l’occasione di visitare “Le Musée de l’homme” a Piazza del Trocadéro, ospitato in un’ala del Palais de Chaillot, di fronte alla Torre Eiffel, che traccia, con le sue numerose collezioni, la storia dell’umanità, dagli albori fino all’età moderna, con le sue caratteristiche essenziali, i suoi modi di vita. Testimonianza, diario, riflessione.
L’ultimo poderoso, visionario e corale libro di Plinio Perilli, Museo dell’uomo (Poesie e poemetti 1994-2020, con una nota di Giulio Ferroni, Zona, 2020), ci conduce in un viaggio simile a quello proposto dal Museo francese, ma anche in un percorso che è una vera e propria, amplissima ricognizione della psiche.
La raccolta inizia con “Adamo disteso”, con la nascita cioè del primo uomo fatto dalla creta. Rilevante è l’immagine del sasso (pietra, pietrisco): è che questa materia, questa creta, diventa oro puro e su questo fango soffia lo spirito divino. C’è un riscatto della pietra, un suo sussulto umano: Sia nostra, ora, l’umiltà di raccoglierli (nota, i nomi e gridi degli Ebrei) come fiori spuntati / dalla pietra: petali bianchi di capperi, povere gemme di vento (L’isola-nave, p. 27). La pietra occupa un posto di scelta, tra l’anima e la pietra esiste un rapporto stretto. Secondo la leggenda di Prometeo, procreatore del genere umano, delle pietre hanno conservato un odore umano: per i martiri del Gianicolo, Perilli parla di nuda pietra assimilata alla carne.
In seguito la narrazione si dipana attraverso il tempo, seguendo l’evoluzione del primo uomo nella sua scintilla divina (Adamo, divino e mortale) fino alla storia di Roma, all’arte italiana dei vari secoli. Il Tempo per Plinio è sacro, lo spazio dalla terra si dilata fino ad essere universo e immensità in un desiderio e ricerca spasmodici di pace e fratellanza. E la storia è quella dell’uomo, sempre a lui legata e alle sue opere, nel bene e nel male: Scorre tale e tanta la Storia (…) (L’isola-nave, p. 22); Il tempo abita sempre questi spazi / come incubi del Male contro / il Bene…(La Giustizia, p.178).
Storia che va in parallelo con le manifestazioni dell’ingegno dell’uomo legate allo sviluppo dello svolgersi dell’arte e della letteratura: Bernini, Caravaggio, Cellini, Raffaello, Pier Paolo Pasolini, D’Annunzio, Rimbaud, Valéry, ecc. Arte che celebra e forma, blocca nel ricordo: Guido Pasolini, i fieri patrioti dell’Ottocento (Plinio onora la parola Patria, Patria è il nome collettivo che diamo alla Speranza, Patria delle Patrie p. 49; la Patria è l’amore, id., p. 51), le giovani partigiane del ’44, Auschwitz… L’indicibile raccontava… / … / dal pozzo della coscienza che non è solo / propria – dicono le Scienze Umane – bensì / bene sociale!; …Parlano, non per sé ma per tutti noi che / ascoltiamo le loro voci (Testimoni del Male, p. 64)… ecc.
Poesia di vasto impegno civile quella di Plinio Perilli, di sentita levatura etica: Uomo fra gli uomini, ma tutti / in ogni uno che cammina, si confonde / fra gli altri – e a lor sorride - / per come lui, sorridendo, ne è sorriso. (Dentro il paesaggio, p. 133). Partecipare delle cose del mondo… E poi ancora la disgrazia di Genova, la violenza sulle donne, e ancora e ancora tutto, vissuto in un afflato corale di fraterna condivisione del destino che ci accomuna, nelle speranze e nel dolore, nei sogni e negli affanni: Ascoltai la mia voce diventerà un coro (Dall’Ade alla luce…, p. 104).

Passa il tempo - il gusto dei secoli -: ecco i ricordi di vita, la rievocazione - sulla quale vorrei soffermarmi -, quella di Giordano Bruno che parla nei suoi ultimi attimi infiammati da terra a cielo. Uomo negli uomini, uomo tra gli uomini. La condivisione, l’universalità, l’umanità espresse da questa figura commuovono per sentita e condivisa emozione: Bruno si muove in spazi e universi infiniti, unici e ultra molteplici, sconfinati, in una circolarità del tempo ripetuto:

Io brucio qui per Voi, assieme
a voi! Brucio tutte le vostre
vite, perché rinascano! L’araba
fenice, dicevano i poeti…
Ma la poesia che è fiamma
a volte resta cenere,
ultima Cena de le ceneri,
pentimento, perdono, quaresima
irrisolta. Brucio e immolo allora
anche il perdono, la colpa
di averlo detto, blasfemia
d’ogni illimite…Brucio il Dio
fallace, adulterato degli uomini,
degradato a fine, progetto
strategia del cielo, indegna
di celeste – innominabile invano!

(StellaCuore, p. 32)

Bella questa immagine di Bruno che brucia (arso vivo a Campo de’ fiori) e ci brucia, ci trasmette la sua passione, le sue sono fiamme d’amore. Infatti, in tutte le tradizioni la fiamma è un simbolo di purificazione, d’illuminazione e d’amore spirituali, è l’immagine dello spirito e della trascendenza, l’anima del fuoco (termine più volte ripetuto all’interno della lirica). Brucia talmente che diventa cenere, ma cenere che rinasce appunto: la cenere è ciò che rimane dopo l’estinzione del fuoco ed è associata alla morte, è legata al mito dell’eterno ritorno. Ecco il richiamo all’araba fenice e all’eternità della poesia che fa rinascere ogni giorno nell’atto creativo.
Forte della mia preparazione in tutto ciò che riguarda le palme dovuta alla partecipazione all’ “Associazione Italiana per le Palme”, ricordo che l’araba fenice - phénix in francese – è il nome di una palma, la Phoenix appunto, detta palma di San Pietro: pare che l’Araba Fenice, dopo aver vissuto per 500 anni, prima di morire, costruisse un nido sulla cima di una palma, accatastava piante balsamiche e si adagiava al sole, lasciando che quest’ultimo la bruciasse. La fenice, secondo ciò che è stato riferito da Erodoto o Plutarco, è un uccello mitico, di origine etiopica, di uno splendore senza eguali, dotato di una straordinaria longevità, che ha il potere, dopo essersi consumata, di rinascere dalle sue ceneri. Il suo motto è: "dopo la morte torno ad alzarmi". Gli aspetti del simbolismo sono chiari: resurrezione e immortalità, resurrezione ciclica. Anche la storia si infiamma (Il bacio a Ilaria, p. 38)…
Fuoco è anche quello del terremoto, grandi boati d’Apocalisse su terra, in digitale terrestre… (Magnitudo 6.5, p. 203):

…il fuoco è cuore della
Terra, fiamma e furore, faglia su faglia,
che ora stan spezzandosi, il buio sprofonda
più buio, e annienta se stesso…

(Magnitudo 6.5, p. 202)

Fuoco che è fiamma e furore…In tutte le tradizioni, la fiamma è un simbolo di purificazione, d’illuminazione e d’amore spirituali. È l’immagine dello spirito e della trascendenza. E mai come in queste liriche Dio è evocato e invocato.

Se si vuole avere un’idea di che cosa è, oltre che il Tempo, la Storia (entrambi ciclici e sempre positivi di futuro) per Plinio Perilli, basta leggere la lirica dedicata a Donatella Colasanti, Dall’ ”Ade alla luce…” (p. 102). Ecco questa è la storia, quella di Donatella che “Leonessa poi la fece la sua storia”… Quella storia che la vita continua, la scrive nel suo miracolo, quella storia che salva, redime e riscatta, testimoniando Donatella ancora cucciola, ingenua, candida e speranzosa… Donatella, non più scarto della storia, ma protagonista invincibile, fulgido esempio, Donatella che raggiunge l’inferno e ne torna più forte che mai, più viva che mai: Quello sguardo dall’Ade alla luce, dalla / lamiera al mondo, fece epoca, incise / a fuoco, a sangue l’Immaginario (p. 103).
La Storia è un gesto. Maria Grazia Cutuli sorride alla Storia… innamorata della Storia da raccontare, uccisa dalla Storia, storia-utopia, storia sogno/sogno infranto, storia-mondo, storia-mito, storia-speranza, storia-amore.. Storia che non perdona e che tradisce: Un Purgatorio, la Storia, cornice su cornice, / per risalire, rocciatori di cielo! (Raìs il Dolore, p.116).
Che sia legata a questo tema anche la metafora dell’Eclissi? “Eclissi totale”, poesia dedicata al poeta italo-americano Alfredo de Palchi (p. 216), Eclissi del Cuore: nostra, transeunte e totale. Eclissi come le proustiane intermittenze del cuore e della Storia:

L’Eclissi è in ogni caso ormai annunciata,
proclamata come roboante decreto legge.

(Eclissi totale, p. 217)

Eclissi, Apocalisse, andata e ritorno, abisso e cielo, luce e buio, pietra e oro, vita e morte, tutto e nulla, Covid e salvezza…che gemma e rigemma. Sì, l’Eclissi totale da noi giunge:

…tellurica Eclissi
totale che si rinfrange dentro, ti prende e forse
ti contamina, in pensieri parole opere e omissioni.

(Eclissi totale, p. 223)

ma il futuro ritorna e ci aspetta, promessa di un domani luminoso:

Amare insomma
l’Eclissi davvero come uno Specchio Totale, che
finalmente ingigantisce tutto, colpe e meriti: la
Libertà e la sua abiezione, negazione, sopraffazione.

(Eclissi totale, p.224)

L’eclissi è una scomparsa, una occultazione accidentale della luce, universalmente considerata come un avvenimento drammatico.

La stella che guida il poeta nel cammino è l’Amore, il sogno dell’Amore che si oppone alla morte, all’odio: l’uomo asserisce la sua necessità, la sua volontà e la sua capacità di amare, di vivere un amore totale. Non è intento di Perilli, infatti, ricondurci alla storia dell’uomo senza dare spazio all’anima (Quella sì, che la sento…- Adamo disteso, p. 14), all’amore, al cuore – ciò che nessun scultore, soltanto Dio / sa plasmarci dentro (…) (Adamo disteso, p. 15), al cuore che brilla. Parole che sono ripetutamente presenti in questa raccolta. Seguiamo sempre la scia del cuore, di questa piccola luce.
La Natura è assente in questa silloge? No, per nulla: amare la Natura tutta in un amplesso… / dolce (Dentro l'Uomo è la luce, p. 244). Plinio parla con lei. Ce lo dice il ripetersi di termini quale luce, azzurro e cielo, ce lo dice la natura che si fidanza alle menti, che ci ricambia…. Ce lo dice la lirica che apre la parte seconda dal titolo: “Il fiorire di tutto” e introduce un gruppo di liriche dedicate al tema del verde:

Ginestre e papaveri: sparsi,
liberati pressoché ovunque.
Ti intendili colori e ascolta
il loro immobile, inaudito
dialogo di roccia… Risalgono
così ogni montagna, la convertono
al verde…

E mentre il cielo
della sera battaglia per l’azzurro,
vince il grigio di luce – almeno
impariamo il vortice, e il seme
della quiete. La roccia che ha
in premio l’amplesso, il profumo
del giallo, baci ridenti di rosso.

Nessun pittore può dipingerlo,
se dentro non lo vive…Se poi
la roccia non soffre di troppo
cielo, luce in fervore, tanto sola
da fiorire di tutto, per tutti.

(Roma/Pescara, in viaggio
15/5/2008, p. 131)

“Bisogna immaginare Sisifo felice”, diceva Albert Camus, tra l’altro citato dallo stesso Perilli (p. 134)... Qui è evidente il richiamo al mito di Sisifo rivisitato però in chiave naturalistica. I fiori sono liberati e dialogano con la roccia che li ospita, risalgono come Sisifo la montagna e la convertono al verde. La roccia ancora accoglie, abbraccia, non è roccia che uccide, che minaccia morte. Come Sisifo, la natura rinasce e ritorna sempre sotto qualche forma. Soffermiamoci su questo termine – roccia - che ci ricorda la pietra, il sasso di cui abbiamo parlato prima. Solida roccia, appiglio presente, costante, immutabile, non si tratta di una roccia mobile, anche Dio è una roccia (Cantico d’addio di Mosé).

Mi pare che anche il Mito, radice della terra, rivesta una funzione importante.: “Insula Romae – titanica una trireme in travertino / arenatasi dove i Mito più non trovava sponde” (L’isola-nave, p. 20); Testimone, il Tevere smette, / smise forse d’essere un dio e s’inventò / ponti, porti, colonne, archi trionfali (…) ) (L’isola-nave, p. 19). E poi Egeria, le ninfee, la bianca ninfa galleggiante, ecc. (…) Forse questo è il passato: / dire mitico, rapinoso uno sguardo che più non giunge / se non a emozione. (L’isola-nave, p. 26). Anche il poeta persegue i suoi miti personali.
E l’Arte? “L’Arte non è un gioco, un gesto inconoscibile!”. L’Arte riscava, piccona la Storia, e tutta si / specchiava (Twin Towers, pp. 108-109).
E la poesia? La poesia è infinita, si sa, aiuta a vivere, come dice Donatella Bisutti nel suo celebre libro “La poesia salva la vita”. È interrogativo, modo di vivere, di vivere e vedere la realtà, si rivela nelle piccole cose. La poesia salva dal Caos: Poesia è una carezza inchinata, / donata tremula al gatto che ti ricambia le fusa. (Padre rinatomi, p. 71). Aiuta ad affrontare il buio (si leggano tutte le poesie dedicate ad “Amici artisti & poeti”), tanto che i versi stessi si fanno cupi e sono irrorati di pena (ad Amelia Rosselli, p. 156), sprona ad uscire dal buio, a guarirne con la sua luce, luce che muore accesa e non si spegne più (a Kikuo Takano, p. 169).

Il dovere del poeta è quello di anteporre / al buio luce, la parola al suo pianto (…) (ad Amelia Rosselli, p. 162). La Poesia lacera e diventa seme, destino, poesia, misera luce – che è pace - lieta d’eterno (luce così opposta al buio, all’ombra, alla notte e all’oscuro, in duello perenne, nei versi di Perilli, soprattutto nei versi dedicati al terremoto!).

Quella luce che è dentro l’Uomo:

L’amore dei poeti,
ora lo so, è calcinaccio e travi, mattoni esplosi terribili,
è la paura che ha paura, convivere un mese col lutto,
farsi tomba e viverci. L’alfabeto è morto e lo reinvento

muto e vitale.

(Evan Muncie, p. 185)

Fausta Genziana Le Piane

Plinio Perilli, Museo dell'uomo-poesie e poemetti 1991-2020 con una nota di Giulio Ferroni, Zona, 2020

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