Domenica, 05/03/2023 - Pierre-Auguste Renoir, classe 1841 fu, come è noto, uno dei massimi esponenti dell’Impressionismo. Questa fase della sua produzione rimane a tutt’oggi la più nota al grande pubblico, ma non la si poté mai accomunar del tutto a quella dei suoi principali sodali come Monet, Pissarro e Degas.
Già verso la fine degli anni Settanta, dopo circa un ventennio dall’inizio del movimento, Renoir era tormentato dall’insoddisfazione, dal bisogno di trovare vie alternative.
Così, tardivamente rispetto a quella che era la ‘norma’ del tempo, per gli artisti, i letterati e gli intellettuali in generale, si accinse a compiere tra il 1881 ed il 1882 il classico ‘Grand Tour’, il Viaggio in Italia di formazione di Stendhaliana memoria, che avrebbe dato nuova luce e maturità al già suo immenso e valido percorso di esistenza ed arte.
Partendo da Venezia per percorrere a mano a mano tutto lo stivale, conobbe quasi biblicamente in senso culturale a tutto tondo, la lezione dei grandi maestri del passato (alcuni presenti in mostra a mo’ di paragone) da Vittore Carpaccio, umanistico – rinascimentale (cui a giorni sarà dedicata una splendida esposizione “Vittore Carpaccio. Dipinti e disegni” a Palazzo Ducale a Venezia, per passare al genio unico di Raffaello e di Tiziano e poi al Secentismo di Rubens al Settecento di Tiepolo, fino all’800 di Ingres) che lo indussero a riflettere sulla sua tecnica pittorica fino a giungere ad una specie di nuova classicità che, quasi specularmente e diacronicamente, divenne base imprescindibile per molti artisti che a lui seguiron negli anni Dieci, Venti e Trenta, in maniera speciale proprio in Italia.
Persino Aline Charigot, la sua modella, la sua musa, la sua amante e poi sua moglie e madre di tre dei suoi figli (tra cui il grandissimo cineasta Jean, suo secondogenito), si trasforma, diventa la dea Venere, stravolgendo lei pure la propria eredità ed eternità artistiche.
Nell’ultima sala dell’esposizione c’è un’autentica emozionante chicca, anche per i cinefili: come detto, il secondo figlio di Pierre-Auguste Renoir Jean Renoir, divenne, riconosciuto, uno tra i migliori registi europei.
In un suo film del 1936, il raro “Partie de campagne - Una gita in campagna”, rese omaggio al padre quasi ricreando, nelle eleganti inquadrature, le scene e le atmosfere dei suoi dipinti. In mostra sarà possibile vedere, in versione restaurata, alcuni spezzoni significativi della versione originale della pellicola, con sottotitoli in italiano.
Anche se non figura tra i ‘cast and credits’, alle riprese del film partecipò un giovanissimo Luchino Visconti che allora stava iniziando la sua carriera di cineasta in Francia, aderendo, al contempo, lui di origini alto-borghesi, alle fila del Partito Comunista Francese (PCF).
Il catalogo, curato come la mostra da Paolo Bolpagni, contiene saggi di Francesca Castellani, Michele Amedei, Francesco De Carolis, Giuseppe Di Natale e Francesco Parisi ed è pubblicato per i tipi di Silvana Editoriale che ha pure prodotto l’evento promosso da Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo con il Comune di Rovigo, l’Accademia dei Concordi ed il sostegno di Intesa Sanpaolo.
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