Le mille e una rivolta/3 - Shahinaz nel 2005 apre il suo blog dal titolo “wa7damasrya”, un'egiziana. Dalia Ziada, famosa blogger che lavora presso l'American Islamic Congress, non ha problemi a portare il velo
Popolani Carolina Lunedi, 16/05/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2011
“Fin da quando ero piccola se dicevo quello che pensavo, se dicevo no ai miei genitori, ai professori, ad un adulto, non venivo considerata una brava ragazza. Per questo ho sempre cercato uno spazio che fosse mio, dove poter finalmente dire quello che pensavo”. Così Shahinaz Abdel Salam, blogger della prima generazione, scopre un nuovo strumento per potersi esprimere, utile alla sua battaglia per la difesa dei diritti umani, ma soprattutto veicolo potente per il risveglio delle coscienze, primo passo di un Egitto che aspira a diventare democrazia compiuta. L'attivismo di Shahinaz inizia ai tempi dell'università, quando per manifestare il suo dissenso scende in piazza insieme ai Fratelli Musulmani, “perché c'erano solo loro, io però lasciavo la zona delle donne e andavo avanti dove c'erano gli uomini, urlavo gli slogan, e loro si arrabbiavano moltissimo”. Nel 2005 apre il suo blog dal titolo “wa7damasrya”, un'egiziana, e 6 anni dopo ecco che finalmente il suo sogno si avvera. Come lei tante altre, Noha Atef nel 2006 scopre che per la legge egiziana la tortura sul parente di un sospettato non è considerata un crimine, e leggendo il rapporto di una ONG locale che racconta di donne torturate in un commissariato, per estorcere loro informazioni su mariti o figli, decide, a soli 23 anni, di aprire un blog che oggi conta più di 20 mila visitatori al giorno: tortureinegypt.net è diventato un punto di riferimento per chiunque cerchi informazioni sui crimini di tortura commessi dalla polizia di Stato.
In Egitto il grado di alfabetizzazione non è molto alto, ma certo non a sfavore delle donne che ormai riempiono le università, e il mondo del lavoro, spesso con posizioni di livello. Lo scalino più duro da superare quando si parla di emancipazione è però quello che si trova tra le pareti domestiche. Molte riforme sono state fatte anche nel diritto di famiglia. Ma il dover dimostrare ogni giorno, in ogni occasione di essere una “brava ragazza” è diventata un'ossessione. Una brava ragazza non andrà mai a vivere da sola. A una donna sola, a meno che non sia straniera, non potrà mai essere data una stanza d'albergo, se non accompagnata dal marito o da qualcuno della famiglia. Dalia Ziada, famosa blogger che lavora presso l'American Islamic Congress, non ha problemi a portare il velo, ma poi confida che lo indossa solo perché ha fatto un giuramento a sua madre. Dalia è scampata all'infibulazione, praticata nella sua famiglia, e ha deciso di lottare contro questa usanza barbara: “da quando ho 8 anni combatto per i diritti umani, l'ho fatto prima dentro la famiglia e non ci sono riuscita, poi con le mie amiche studentesse portammo avanti una campagna che si chiamava Female Egyptian Students Against FGM: andavamo per strada, fermavamo le persone, chiedevamo loro di non farlo alle proprie figlie. Spesso ci insultavano, era orribile...”
Una donna attivista, non è una “brava ragazza”. Scendere in piazza a manifestare significa andare a cercarsela, è un invito a farsi toccare, molestare.
Tutto questo è stato denunciato anche con documenti filmati. Tuttavia nonostante l'esperienza di piazza Tahrir, dove negli ultimi giorni la metà dei manifestanti erano donne, le cose vanno ancora così. L'8 marzo scorso al Cairo le donne sono tornate a rivendicare una loro partecipazione più attiva nella costruzione del futuro del Paese. Ma schierato contro di loro non c'era l'esercito, né la polizia, bensì gli uomini, che con violenza e molestie le hanno cacciate dalla piazza. Un giro online fra forum e gruppi FB, fa però capire che le donne egiziane non hanno nessuna intenzione di fermarsi.
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