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Pezzo di vita, di donna disabile.

Pezzo di vita, di donna disabile.

Si tratta di un episodio dei più dolorosi di un'amica che desidera rimanere anonima.

Mercoledi, 30/09/2009 - > Cara R.,

> innanzi tutto mi scuso per aver usato, nella mia e-mail precedente, i

> termini incosciente e irresponsabile, anche se, come spero che si sia

> capito, io non giudico né condanno assolutamente chi se la sente di

> affrontare una simile esperienza. Purtroppo mi succede troppo spesso di

> rispondere di istinto e non sempre riesco ad esprimermi pacatamente. Io,

> anzi, ti ammiro per il coraggio e la forza di volontà che ti

> contraddistinguono e ti reputo una persona veramente eccezionale.

> Mi dispiace però doverlo dire, ma anch'io avrei preferito non essere mai

> venuta al mondo. Credo che ognuno di noi si costruisca la propria visione

> del mondo e della vita in base alle proprie esperienze, all'ambiente in

> cui

> è cresciuto ed alle persone che ha avuto attorno ed hanno contraddistinto

> la

> sua esistenza.

> Per quanto riguarda me, posso solo dirti che mia madre si è ritrovata

> incinta, per un incidente di percorso (a quei tempi non c'erano infatti

> tutte le tecniche contraccettive di adesso) del terzo figlio dopo sei anni

> che era nato il secondo. I miei genitori già erano in condizioni molto

> umili

> (mia madre era casalinga, mio padre lavorava in una fonderia di ghisa).

> Puoi bene immaginare quindi come si sentissero quando appresero

> deell'arrivo

> di un terzo figlio da sfamare. Quando, poi, ricevettero anche la notizia

> che

> io ero non vedente, il mondo crollò loro addosso.

> Mio padre era cardiopatico. Aveva già avuto non ricordo quanti infarti e

> quando ero molto piccola trascorse più di un mese in ospedale lottando tra

> la vita e la morte.

> I miei genitori, soprattutto mio padre (me lo ha raccontato tante volte

> mia

> zia, ma lo respiravo di continuo anch'io) non hanno mai accettato la mia

> condizione di non vedente. Sai quante volte alcuni miei parenti mi hanno

> detto, senza preoccuparsi troppo di quanto ciò mi ferisse, che mia madre

> avrebbe fatto meglio a mettermi in un istituto? Un'altra mia parente

> (persona cattolica e praticante e, oltre tutto, catechista), a cui

> alcuni anni fa hanno operato una figlia adolescente alla testa, che

> rischiava (timore, per fortuna, infondato) di "rimanere al buio" perché

> aveva una membrana dura che le

> foderava il nervo ottico, sai quante volte ha detto in mia presenza che se

> la figlia avesse perso la vista l'avrebbe ammazzata? Come pensi che possa

> sentirsi una persona, che si ritrova addosso una disabilità congenita

> senza

> averla chiesta, di cui quindi avrebbe fatto più che volentieri a meno,

> condannata, volente o nolente, a condurre una vita tutta in salita e

> costellata di sacrifici, nell'udire ripetere, oltre tutto, di continuo

> frasi

> del genere? Per non parlare poi del fatto che io, a detta di tanti, sono

> così brava ed intelligente e quindi perfettamente in grado di studiare ed

> a

> spirare a qualcosa di meglio del solito lavoro di centralinista, ma,

> evidentemente, troppo puzzolente per potermi permettere di avere dei

> bisogni

> che, non certo per volontà mia, sono maggiori e diversi rispetto a quelli

> degli altri? Sai cosa vuol dire essere circondati da persone che, anche se

> non te lo dicono

> infaccia (anzi molti te lo fanno intuire fin troppo bene, in maniera

> nemmeno

> troppo velata),

> ti fanno capire fin troppo bene che per loro sei solo un peso, che fanno

> tutti a scaricabarile (nemmeno fossi una palla da ping-pong) e che si

> aspettano la manna dal Cielo dall'Unione Ciechi o, forse dal Padre Eterno,

> ma che in concreto per te non fanno niente e sono solo buoni a criticarti,

> a

> giudicarti, a minarti di continuo l'autostima ed a darti addosso lavandosi

> la coscienza con frasi del tipo: "Tu

> ti aspetti troppo dagli altri!", "Non puoi pretendere che tutto ti sia

> dovuto"... ? Purtroppo, cara R., certe esperienze ti segnano a tal punto,

> da

> toglierti ogni sorta di amore per il mondo e la vita. Ma ne abbiamo già

> parlato più che a sufficienza ed io non voglio dilungarmi oltre e tediare

> la

> lista ripetendo cose che ormai ho detto fino alla nausea.

> Concludo solo raccontando uno degli episodi più dolorosi della mia vita.

> Mia

> madre morì di tumore alla giovane età di 46 anni e tre mesi. Io allora ne

> avevo quasi 15. Ebbene nessuno si preoccupò di prepararmi a questo

> doloroso,

> ma inevitabile evento. Mi nascosero la gravità della malattia di mia madre

> parandosi il culo dietro la scusa che io non avrei retto una cosa del

> genere

> e che lei se ne sarebbe accorta. Già, come se mia madre fosse stata scema

> e

> dentro di sé non lo sapesse, anche se fino all'ultimo è stata sempre

> forte,

> lucida e determinata e, poco prima che iniziasse gli ultimi rantoli che

> l'avrebbero accompagnata all'altro mondo, il suo pensiero era rivolto a

> me.

> Appresi che mia madre se ne stava andando per sempre perché per caso

> sentii

> suonare il campanello, mi sporsi in fondo al letto per capire chi fosse e

> udii mio padre che singhiozzava e mio zio che gli diceva "Umberto (nome di

> fantasia) dobbiamo dirlo alla bimba". La "bimba" ero io. Nel frattempo

> arrivò mia cugina che, tra una lacrima di coccodrillo e l'altra, mi disse

> che lei avrebbe voluto dirmi la verità, ma che gli altri avevano preferito

> nascondermela e che mia madre aveva un tumore alle ossa. Fingendo poi

> dolore

> per quanto mi era accaduto, mia cugina volle a tutti i costi portarmi a

> dormire a casa sua. Morale della favola: io rimasi tutta la notte sveglia

> e

> frastornata, sola come un cane, con nella mente, ossessivi, gli ultimi

> eventi di quella notte, incapace di realizzare cosa stava succedendo e che

> mia madre non c'era più. Quando appresi che mia madre stava morendo, fui

> sopraffatta da un blocco alla gola ed uno alla bocca dello stomaco, non

> capacitandomi del fatto che, nonostante volessi piangere e vomitare, non

> ci

> riuscissi e consideravo tutto ciò anormale. Quei blocchi mi tennero

> compagnia per molte ore, fino alla mattina dopo quando, finalmente, mentre

> ero ancora a casa di mia cugina, ebbi il primo sfogo di pianto liberatore.

> Mia cugina, invece, dormì tutto il tempo, parandosi il culo con la scusa

> che

> era stanca ed aveva sonno perché la mattina si era alzata alle 6. Cosa

> importava se a me era morta mia madre? Spero, almeno, che abbia dormito

> sonni profondi ed abbia riposato bene! Queste, R., sono cose che ti

> segnano

> a vita. E' veramente triste e squallido crescere sola con te stessa, senza

> aver mai avuto una persona che ti guidasse.

> Chiedo scusa a T. e a tutti gli altri iscritti alla lista per questa lunga

> e

> noiosa e-mail, ma ci tenevo a precisare che, se una persona è scontenta o

> odia la vita, ci sono sempre dei motivi alla base. Anch'io, quindi, visto

> anche com'è stata la mia vita, se per caso rimanessi incinta e sapessi con

> certezza che mio figlio nascerebbe con gravi malformazioni, non so se

> avrei

> il coraggio di metterlo al mondo, anche se, ripeto, sono situazioni in cui

> bisogna trovarcisi per capire. Ma ora basta, rammentare quell'episodio mi

> ha

> fatto venire un nodo alla gola e preferisco chiudere qui. Scusatemi

> ancora.

> Anonima.

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