ECUADOR - Scelte ambientali controverse in Ecuador, combattuto tra tutela integrale e sfruttamento petrolifero del Parco Nazionale Yasunì
Di Pietro Maria Elisa Domenica, 31/08/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2014
Agosto 2013: l’Ecuador rinuncia al Fondo Yasunì ITT e cancella il piano di conservazione collegato. La sigla indica l’area tra i fiumi Ishpingo, Tambococha e Tiputini nel Parco Nazionale Yasunì (PNY), Riserva della Biosfera UNESCO in Amazzonia. Zona quasi intatta, abitata da popoli ancestrali, dove giacciono riserve di greggio importanti per l’economia nazionale. Il fondo doveva raccogliere metà del valore del greggio stimato nel sottosuolo e non andava speso, ma amministrato per progetti di ricerca energetica e protezione ambientale. Il Presidente Correa l’ha definita una delle decisioni più difficili assunte da quando è in carica, necessaria perché c’è bisogno del petrolio per combattere la povertà. Resterà intatto meno dell’1% del PNY, senza calcolare l’impatto infrastrutturale. Ha rimesso la responsabilità agli Stati che non hanno collaborato: l’importo versato era più basso del previsto e il Paese non poteva permettersi di attendere oltre. Eppure l’interesse per l’iniziativa era alto. L’Italia ha cancellato parte del debito dell’Ecuador rinunciando a 35 milioni di euro su 58.
L’annuncio degli scavi, quasi immediato, è stato preceduto da estrazioni in due blocchi. Le multinazionali erano pronte a insidiare i giacimenti fin dalla fase d’istituzione del fondo. Correa dice che il profitto sarà investito nella lotta alla povertà, ma ha già promesso e intrapreso politiche sociali di cambiamento per poi contraddirsi. Il Paese resta caratterizzato da instabilità politico-istituzionale cronica e dilaniato da discriminazioni sociali e razziali. Nel 2013 registrava il secondo debito più alto in America Latina. Il petrolio è sempre il bene più esportato. Se esportato regolarmente non ha mai portato ad un arricchimento significativo, né egualitario, è davvero probabile che possa ridurre la povertà? Danni ambientali e rischio di sopravvivenza di popolazioni indigene sembrano gli effetti certi che contribuirebbero ad esasperare povertà e disperazione. E le conquiste ecologiche? Nel 1998 la Costituzione ha riconosciuto il diritto a un ambiente sano ed ecologicamente equilibrato per uno sviluppo sostenibile e ha fondato giuridicamente l’istituzione di riserve naturali. Nel 2000 il Ministero dell’Ambiente ha elaborato la Prima strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile. Nel 2008 la nuova Costituzione ha attribuito diritti alla natura. Correa fa arretrare un Paese in bilico tra passato e presente, confermando la dipendenza dell’economia nazionale dal prezzo del greggio.
Nel 2014 sono proseguite proteste e iniziative unitarie di ecologisti, indigeni, studenti, donne e comuni cittadini. Ad aprile Yasunidos, movimento apolitico formato da organizzazioni ecologiste e indigene, ha raccolto firme per un referendum sulle estrazioni nel PNY. La portavoce Elena Gálvez l’ha visto come un processo democratico autogestito, ma ha concluso: “Abbiamo rispettato tutte le regole, ma siamo stati calunniati varie volte”. Le firme, giunte anche da Europa e Australia, superavano il numero minimo sufficiente, ma il Consiglio Elettorale Nazionale (CEN) ne ha dichiarata l’invalidità. Segni di violazione degli atti e uno studio accademico mostrerebbero che numero di firme valide è circa 100mila più del richiesto, perciò Yasunidos si è appellato contro la decisione del CEN. Le aspettative di un esito favorevole sono basse, ma il movimento è pronto a sollevare istanze nelle sedi opportune a tutela dei diritti umani.
Contraddizioni e iniziative legali si avvicendano su vari fronti. Dopo l’avvistamento di indigeni in isolamento volontario, Yasunidos e il Centro dei Diritti Economici e Sociali hanno chiesto al Governo di sospendere le attività estrattive nel PNY. Infatti la Costituzione (art. 57) prevede che lo Stato tuteli i diritti degli indigeni senza discriminazioni, a condizioni di eguaglianza ed equità tra uomini e donne e la violazione costituisce il delitto di etnocidio. Proprio il 25 maggio, Giornata Mondiale della Biodiversità, dopo aver manifestando disapprovazione per la contaminazione causata da Chevron nella zona nord-ovest, il Ministro dell’Ambiente Lorena Tapi ha paradossalmente concesso licenza di estrazione e sfruttamento dello Yasuni-ITT a Petroamazonas, compagnia petrolifera statale. Poco dopo Yasunidos ha chiesto l’intervento della Commissione Interamericana per i Diritti Umani perché ottenga dal Governo la sospensione delle attività petrolifere nel Blocco 31 e difenda gli indigeni residenti dall’imminente sfruttamento petrolifero. Quali saranno gli sviluppi e gli esiti? Yasunidos spera nel referendum. Chi ha firmato a favore dovrebbe votare contro la manovra di Correa, ma molti poco sensibili all’ambiente potrebbero sostenerla pensando che giovi al Paese, povero e trascurato dal resto del mondo. “Difendere il PNY è una questione che riguarda la società civile, non solo contributi in denaro o affermazioni politiche. Non c’è nulla di rivoluzionario se l’Ecuador cerca la prosperità coi ricavi dal petrolio: l’ha fatto per mezzo secolo. L’argomento di Correa è lo stesso di ogni presidente dalla scoperta del petrolio” sostiene Esperanza Martinez, Presidente dell’ong Accion Ecologica. In Ecuador e altrove, lotta della povertà e difesa dell’ambiente sono legate in un rapporto reciproco di causa-effetto. La “cura” poteva essere diversa: interventi per risanare e ricostruire e l’ecosistema ambientale e sociale, soccorrere e risarcire chi ha subito espropriazioni e danni. Alicia Kawiya, Vicepresidente della Federazione Indigena Wuaorani, ha dichiarato: “Non abbiamo bisogno di ricavi da attività petrolifere. Abbiamo tutto per vivere nella nostra terra. Oltre 40 anni d’industria del petrolio non ci hanno giovato”. Disoccupazione, sottoccupazione e povertà sono in aumento. La popolazione, residenti e nativi, per lo più trasloca forzatamente o migra in cerca di fortuna. Si riversa in città e villaggi artificiali limitrofi ad aree di estrazione petrolifera sovraffollati, malsani, luoghi di passaggio e transito per altre migrazioni, piagati da inquinamento e attività criminose come Lago Agrio. Amazzonia ed Ecuador sono storicamente centri di un sistema di traffici e crimini ambientali con un volume d’affari in crescita che illude le economie deboli e ne frena lo sviluppo, facendole collassare. Tuttavia la ricchezza di risorse naturali, giovani e donne, attivi e impegnati. suggeriscono di concentrarsi sulle persone, sostenerle, qualificarle, renderle autonome, formarle al lavoro, alla legalità, alla tutela e alla responsabilità condivisa dell’ambiente.
SALVARE LA BIODIVERSITA’ DEL PIANETA
Il Fondo fiduciario internazionale Yasuni ITT, istituito nel 2010 e cogestito dal Fondo per lo Sviluppo delle Nazioni Unite, si contrapponeva al tradizionale binomio estrazione petrolifera-industrializzazione, dopo il grave danno ambientale per cui la Chevron-Texaco, condannata nel 2012 con una sentenza storica per l’entità del risarcimento e la gravità delle perdite causate a indigeni e risorse naturali, senza giovare allo sviluppo economico e sociale del Paese. Il fondo doveva incassare in 13 anni una cifra pari almeno al 50% del valore dei giacimenti di greggio stimati nel PNY (oltre 7 miliardi e 20 milioni di USD). Governi, aziende e persone fisiche avrebbero potuto acquistare certificati di garanzia e incassarli senza interessi se l’Ecuador non avesse rispettato l’impegno. La somma doveva evitare l’estrazione e così impedire l’emissione di circa 400 milioni di tonnellate di anidride carbonica nell’atmosfera, salvare una delle più ricche fonti di ossigeno e biodiversità del pianeta e le popolazioni indigene residenti. Il rimborso per estinzione del fondo è stato previsto entro agosto 2014 con possibilità per i donatori di scegliere se reinvestire i contributi in progetti per lo sviluppo sostenibile in Ecuador.
Lascia un Commento