L’assenza della possibilità per la donna coniugata di offrire il suo cognome ai propri figli in Italia, che è stata posta in luce da più parti e ha dato luogo a diverse proposte parlamentari di legge a datare dal 1979, è stata fonte di sollecitazioni da parte di diversi organismi internazionali per una legge che modificasse quella vigente in Italia, eliminando la discriminazione nei confronti delle donne insita nella patrilinearità del cognome1.
In molti altri paesi europei la normativa nel corso di alcuni decenni è cambiata, con soluzioni di tipo differente2. Differenti sono state anche le proposte presentate in Italia in oltre un trentennio, cadute nel nulla col succedersi delle legislature ma ancor oggi rintracciabili nei siti di Camera e Senato3.
Si va dal cognome unico scelto concordemente dai coniugi, al cognome unico matrilineare, al doppio cognome obbligatorio, alle possibilità miste che lasciano ai coniugi la scelta tra cognome unico e doppio cognome e in parte anche le scelte conseguenti, ovvero l’ordine di ciascun elemento nel doppio cognome, o il materno al posto del paterno nel cognome unico. In caso di indicazioni non univoche entra in gioco un’assegnazione d’ufficio, che a seconda dei progetti viene agganciata all’ordine alfabetico, o all’esito di un sorteggio, oppure a una pregiudiziale conservatrice in base a cui, in assenza di scelta concorde, si attribuisce il sempiterno cognome del padre4.
CHI DETIENE IL DIRITTO AL COGNOME
Tutti questi progetti sono derivati dall’esigenza di rimuovere - apparentemente o sostanzialmente - la discriminazione che impedisce alla donna coniugata di offrire il suo cognome al proprio figlio alla nascita. Ci si è mossi, in altri termini, sempre sulla base di una comparazione tra diritti di adulti, tralasciando di considerare un dato basilare: gli unici titolari del cognome - singolo o composto di due o più elementi - possono essere solamente i figli e nella fattispecie i neonati, dato il momento in cui l’attribuzione del cognome ha luogo.
Nel nostro Stato, diversamente da altri, non esiste infatti diritto di trasmissione del cognome. Giuridicamente, in Italia, nemmeno il padre trasmette5: è il FIGLIO che acquista per diritto proprio e dunque solo il figlio può acquistare un cognome, semplice o doppio che questo possa essere.
Non è una differenza marginale. Nello schema di un esercizio del diritto tra adulti, che è alla base del cognome unico a scelta, i genitori agiscono nell’interesse personale che consiste nell’essere collegati al proprio figlio. Ogni accordo presupporrà un’esclusione, che tocchi ancora alla donna - fin qui considerata un soggetto minore, inadatto a fornire riconoscibilità sociale al figlio attraverso il cognome - oppure all’uomo.
Per il figlio o la figlia cambierà molto poco. Sarà relazionato/a attraverso il cognome unico al padre oppure alla madre, cioè solo a una delle due famiglie che costituiscono i suoi riferimenti affettivi, e rimarrà tagliato fuori dall’altra per puro effetto dell’autorità genitoriale.
Non abbiamo difficoltà alcuna ad affermare, di conseguenza, che LA FORMULA DEL COGNOME UNICO È UN DERIVATO DEL SISTEMA PATRIARCALE, nella sua conferma (solo cognome del padre) o nel suo rovesciamento (solo cognome della madre) e che ogni riforma che preveda il cognome unico a scelta, per quanto utile possa essere al fine di rimuovere la discriminazione in atto nei confronti della donna, disattende il diritto del bambino di relazionarsi con entrambi i genitori e con le loro famiglie di origine, che sono in buona misura anche le sue.
IL COGNOME INSERISCE IN UN’AREA DI APPARTENENZA
C’è un’enorme differenza tra lo scegliere un prenome per il figlio e lo stabilire quale cognome il figlio debba assumere. Il prenome (inteso comunemente come nome) individua il bambino al di fuori delle relazioni con gli altri, benché per lungo tempo sia invalsa l’usanza di attribuire ai bambini i prenomi dei nonni paterni o materni; il cognome, invece, inserisce in un’area di appartenenza. Con il cognome si fa parte di una famiglia e non di un’altra. Mediante il cognome si fonda l’IDENTITÀ della persona. Allo stato attuale l’identità dei figli e delle figlie passa da un percorso obbligato: il cognome paterno e solo quello, la famiglia paterna e quella soltanto.
Lasciare ai genitori la scelta tra cognome unico e doppio cognome significa di fatto attribuire potere ai genitori sulle relazioni identitarie del figlio, consentire che egli possa esser privato dei collegamenti necessari per una più corretta collocazione nel gruppo di parentela, che peraltro non consta delle due figure genitoriali soltanto. Significa fare solamente una riforma per ragioni che esulano dagli interessi più intimi del figlio, ma attengono invece unicamente agli interessi, sia pure rispettabilissimi, dei genitori.
L’unico diritto che un genitore dovrebbe possedere (la madre allo stato attuale non lo ha, pur essendo impegnata anche con la gravidanza e col parto nella generazione del figlio, e questo è senza ombra di dubbio un sopruso, una lesione di estrema evidenza) è quello di non essere escluso dalla relazione identitaria col figlio, di potergli offrire il proprio cognome quale legame identitario fondante tra il figlio e sé.
Queste sono le motivazioni basilari della presente proposta di legge, cui se ne aggiungono però delle altre, di non minore importanza e che attengono all’interesse dei minori, per un corretto sviluppo ed equilibrio della loro personalità.
FUNZIONE POSITIVA DELLA RIFORMA
Il doppio cognome consente di:
a - realizzare una migliore integrazione familiare e sociale dei minori, in quanto la presenza dei cognomi di entrambi i genitori contribuisce alla formazione nei figli di un’identità personale completa e rispondente al vero, inserendo ciascuno di loro in un sistema di relazioni familiari più ampio;
b - evidenziare la pari dignità familiare e sociale dei genitori, contribuendo nei bambini e nelle bambine allo sviluppo del rispetto verso l’altro genere e di una sana fiducia nel proprio;
c - sottrarre i figli di genitori separati al disagio psicologico che vivono per l’estraneità del loro cognome a quello di uno dei genitori (fin qui sempre la madre) e questo sia nel caso di affido esclusivo sia in quello di affido condiviso;
d - eliminare ogni possibile disagio dei figli o delle figlie che, nati da più matrimoni o unioni (in presenza o in assenza di convivenza) di un genitore, non sono uniti e resi pari tra loro da un cognome di famiglia comune;
e - istituire un modello familiare equilibrato anche sul piano della sua rappresentazione simbolica che produce sempre effetti nel pratico;
f - realizzare nel caso di filiazioni non derivanti da una stessa coppia quell’unità familiare sempre sbandierata e mai garantita dalla nostra legge nemmeno nel matrimonio, dato che ancor prima che venisse introdotto in Italia il divorzio esistevano le vedove con figli, alle quali non era vietato risposarsi e creare un nuovo nucleo familiare, in cui nessun cognome consentiva la corretta integrazione del figlio nato nel precedente matrimonio assicurando l’effettiva unità della nuova famiglia;
g - ridurre i cambiamenti di cognome ai quali sempre più spesso si ricorre in virtù del D.P.R. del 13 Marzo 2012 e ai quali si continuerebbe molto di frequente a ricorrere con l’adozione del cognome unico, per risolvere le situazioni concrete esposte ai punti c e d.
Con il doppio cognome attribuito alla nascita si realizzerebbe proprio quel principio posto in luce dalla Consulta nel 1994, che avvalora l’importanza dell’immutabilità del cognome definendolo “strumento identificativo della persona”, che, “in quanto tale, costituisce parte essenziale ed irrinunciabile della personalità" (Corte Costituzionale, sent. 24/01/1994 n. 13).
DISEGNO DI LEGGE SUL DOPPIO COGNOME PARITARIO
Art. 1 - (Struttura del nome). Nel nome si comprendono un prenome e due cognomi. Ogni persona ha diritto al nome che le è attribuito in applicazione delle leggi vigenti.
Non sono ammessi cambiamenti, aggiunte, o rettifiche al nome, se non nei casi e con le formalità dalla legge indicati.
È diritto della persona chiedere e ottenere la modifica dei propri cognomi per applicazione dell’Art. 3 comma 7 e dell’Art. 7 della legge istitutiva del doppio cognome paritario, secondo le modalità ivi indicate.
L’art. 6 del codice civile fin qui in uso è abolito.
Art. 2 - (Attribuzione del prenome) Il figlio assume alla nascita il prenome concordemente indicato dai suoi genitori, o attribuito dall’Ufficiale di Stato civile per sorteggio tra i due proposti dai genitori, ove questi non abbiano espresso una scelta concordata.
Art. 3 - (Struttura del cognome per i figli nati nel matrimonio). Il figlio assume alla nascita due cognomi, uno per genitore. Il genitore che abbia più di un cognome indicherà quale di essi preferisce sia assunto dal figlio, indipendentemente dall’ordine nel quale egli li possiede.
Il cognome indicato dal genitore ai sensi del precedente comma deve necessariamente coincidere con il cognome che sia già stato assunto da un figlio legalmente riconosciuto, nato da un matrimonio o al di fuori di un matrimonio.
In conseguenza del tempo in cui viene attribuito il cognome, legato all’evento della nascita, l’ordine dei cognomi è attribuito per prossimità neonatale. Prevede pertanto il materno in prima posizione, salvo accordo diverso manifestato con dichiarazione congiunta resa all'Ufficiale di Stato civile dai genitori all'atto del matrimonio, o all'atto del riconoscimento del primo figlio se non coniugati.
La sequenza dei cognomi ottenuta va mantenuta per la filiazione ulteriore della coppia.
È diritto del figlio, da esercitare con richiesta all’anagrafe, modificare alla maggiore età il proprio nome tramite l’inversione dei cognomi che gli sono stati attribuiti alla nascita o la soppressione di uno di essi, a sua scelta.
Art. 4 - (Cognomi del figlio riconosciuto alla nascita da genitori non coniugati) Il figlio nato al di fuori del matrimonio e riconosciuto alla nascita da entrambi i genitori assume i cognomi dei genitori in conformità di quanto previsto per i figli nati nel matrimonio.
Art. 5 - (Ordine dei cognomi del figlio adottivo) Il figlio adottivo assume un cognome per ciascun genitore, in conformità ai commi 1º, 2º e 4º dell’articolo 3 ma non del 3º comma, che viene sostituito dal seguente.
L’ordine dei cognomi del figlio adottivo corrisponde a quello concordemente indicato da entrambi i genitori, o al risultato del sorteggio effettuato dall’Ufficiale di stato civile, ove i genitori non abbiano espresso una scelta o non abbiano raggiunto un accordo.
Art. 5 - (Cognomi del figlio riconosciuto da una solo genitore) Il genitore di un figlio non riconosciuto dall’altro genitore può indicare come secondo cognome del figlio uno dei cognomi di un proprio ascendente in linea maschile o femminile, purché diverso da ciascuno dei propri, individuandolo nell’ambito delle tre generazioni precedenti e non oltre e purché sia documentato all’anagrafe dallo storico di famiglia.
Di questa possibilità, prevista nell’interesse del minore, il genitore deve venire reso edotto dall’Ufficiale di stato civile all’atto della registrazione all’anagrafe.
Qualora il genitore indicasse invece come secondo cognome del figlio un cognome che non fosse di un proprio ascendente, l’Ufficiale di Stato civile non accoglierà la richiesta ma registrerà il figlio con il cognome o i cognomi del genitore che effettua il riconoscimento. Questi potrà tuttavia inoltrare una richiesta di cambiamento del cognome del figlio alla Prefettura in tempi successivi, secondo le disposizioni di legge correnti.
Anche di tale possibilità l’Ufficiale di Stato civile è tenuto a informare il genitore all’atto della registrazione all’anagrafe.
Il figlio che viene successivamente riconosciuto dal secondo genitore mantiene i cognomi che gli sono stati attribuiti alla nascita ove non vi sia accordo tra i genitori per una modifica e qualora egli stesso non voglia modificarli al raggiungimento della maggiore età per applicazione dell’Art. 7.
Art. 6 - (Cognomi del figlio che abbia un solo genitore biologico all’interno della coppia genitoriale) Il figlio che abbia un solo genitore biologico all’interno della coppia genitoriale che lo riconosce assume i cognomi di entrambi i genitori ove questi concordemente lo vogliano, secondo le stesse regole indicate per il figlio di genitori biologici e li mantiene, salvo sua richiesta di cambiamento alla maggiore età.
Art. 7 - (Modifica del cognome alla maggiore età) Il diritto del figlio alla modifica del cognome di cui al comma 5 dell’art. 3, da esercitare con una semplice richiesta all’anagrafe, sussiste quale che sia la relazione specifica del figlio rispetto a uno o entrambi i suoi genitori (biologici, non biologici, adottivi).
Art. 8 (Codice personale) L’ufficiale di stato civile attribuisce al bambino il codice che gli è proprio, secondo le stesse modalità previste per il codice fiscale.
Il codice assegnato alla nascita costituisce il codice personale del cittadino e lo accompagna lungo tutta l’esistenza, salvo mutamenti intervenuti per legge.
Art. 9 - (Soppressione articoli) Gli Artt. 6 e 143 bis del codice civile sono abrogati.
NOTA:
I riferimenti bibliografici sono reperibili sul blog ”IL COGNOME MATERNO IN ITALIA nei matrimoni e nelle convivenze”, nel post dal titolo “PETIZIONE / PROPOSTA DI LEGGE SUL DOPPIO COGNOME PARITARIO”
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