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PERSONE-LIBRO PER LA DEMOCRAZIA

PERSONE-LIBRO PER LA DEMOCRAZIA

Cinquantenni di oggi/2 - INTERVISTA A SANDRA GIULIANI

Ribet Elena Venerdi, 23/12/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2011

Sandra Giuliani è fondatrice della casa editrice Il Caso e il vento ed è Presidente dell'Associazione Donne di carta. È stata anche bibliotecaria, ricercatrice CNR, insegnante, docente universitaria, saggista e poeta. Oggi è una persona-libro, cioè una persona che “incarna” le parole di un romanzo, di un saggio o di una poesia, imparando a memoria poche righe o interi capitoli, e porta ovunque con sé la possibilità di dare voce, vita e gambe a quelle parole. È come avere un libro sempre aperto che ci cammina a fianco e che su richiesta ci sussurra, ci dice, ci racconta quanto di più prezioso è contenuto fra le sue pagine.

Cosa l’ha spinta a diventare una persona libro?

Sicuramente c’era già una predisposizione interna. La mia generazione ha frequentato una scuola in cui imparare a memoria faceva parte della tradizione culturale collettiva. Come figlia unica, inoltre, porto con me l’eredità personale di leggere a voce alta. Quando nell’ottobre del 2008 abbiamo fondato l’associazione Donne di Carta, con l’obiettivo di promuovere la lettura in tutti i modi e i mondi possibili, abbiamo incontrato e invitato Antonio Rodríguez Menéndez che, con il progetto Fahrenheit 451, è stato l’inventore in Spagna delle persone-libro. Eravamo in sette, e quando lo abbiamo ascoltato ci siamo innamorate del progetto riscoprendo in esso una risonanza con ciò che avevamo in mente noi. La lettura a voce alta ci predispone a imparare a memoria i passi dei libri che amiamo, quelle righe che sottolinei quando leggi e che ti rimangono dentro. È stato un incontro del destino, non una scoperta. È stata una scelta, ed è stata una sfida, anche per un mondo più al “femminile”. Per questo anche gli uomini dell’associazione si chiamano “donne di carta” e parlano di sé al femminile, in quanto “persone-libro”. È una grande vittoria. Gli uomini sperimentano un doppio gap e, superate le difficoltà iniziali, le parole fanno il resto.

Quali sono le difficoltà che hanno e che hanno avuto le donne della sua generazione?

Penso che la difficoltà più grande sia quella di aver vissuto storicamente il femminismo, e anche la politica sociale del ’78, e non aver avuto la capacità o la possibilità di creare un ponte con le giovani generazioni. Io mi sento isolata, ma mi sento anche responsabile di non essere stata ponte di informazioni corrette. I progetti editoriali di cui mi sto occupando cercano di riparare a un danno che abbiamo compiuto. La solitudine ha caratterizzato la vita professionale di ciascuna di noi, ciascuna di noi ha atomizzato l’esperienza che ha fatto e in certi casi neanche tra noi si è creato quel ponte. La mia è stata un’educazione montessoriana e ho imparato, da essa come dal femminismo, che la memoria è importante. Non è solo un’esigenza biologica, è un’esigenza globale. Le persone-libro non devono essere solo le cinquantenni, ma anche le giovani.

Che prospettive e progetti ha di fronte?

Nel futuro vedo la continuazione di quel che faccio ora. Intorno ai cinquant’anni ho fondato la casa editrice e l’associazione; questi secondi cinquant’anni spero che siano dedicati a mantenere, conservare e creare eredità culturale. Queste attività sono molto intrecciate, sono due strade parallele. La piccola editoria nasce dalla realtà, dalle cose che si fanno, per questo pubblico anche le produzioni delle donne di carta. Vorrei che l’Italia, se non legge, almeno ascolti chi legge. Non intendo colonizzare il pensiero, ma penso che il progetto delle persone-libro vada condiviso, allargato, fatto crescere anche come possibilità di servire. Per questo abbiamo avuto l’idea di creare negli ospedali presidi permanenti di persone-libro, nelle stanze d’attesa, nei reparti di degenza. Vorremmo prenderci l’impegno di formare le associazioni che già lavorano negli ospedali affinché possano portare avanti anche questa attività. Quanto alla Carta dei diritti della lettura (che ha ricevuto la medaglia dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano) non deve rimanere un documento per pochi. Vorremmo che fosse uno spunto di riflessione aperta sulla Lettura come attività estesa, interpretativa; si leggono le nuvole, le stelle, i volti delle persone… possiamo alimentare il pensiero narrativo che abbiamo dentro. La nostra società è fatta di informazione, ma non di trasmissione di conoscenza. Per questo serve un impegno civile e sociale, per questo abbiamo ad esempio attivato un gemellaggio con la Drugstore Gallery, che non è propriamente un luogo di libri, ma è un museo archeologico, luogo di storia dove inventiamo eventi, spesso gratuiti, che possano trasmettere conoscenze e saperi usando moltissimo l’oralità. Così la nostra Accademia della Lettura ha inaugurato la prima Casa dell’oralità e della bibliodiversità.

Cos’è la bibliodiversità?

Questa parola, che l’Unesco usa nel manifesto rivolto a tutte le biblioteche e fornisce una chiara indicazione di atteggiamento e di indirizzo, è desunta dal mondo scientifico delle nicchie ecologiche. È molto più forte della parola interculturalità. L’Unesco lega questo termine al libro fisico. Noi donne di carta abbiamo ulteriormente esteso la sua interpretazione a forme diverse di libro: il libro orale, il libro elettronico, la natura stessa, i minerali, i sentimenti: tutto può essere letto e interpretato. Proteggere la bibliodiversità significa proteggere la democrazia.

Ha avuto delle maestre di vita?

Se parliamo nel mondo letterario sicuramente Goliarda Sapienza e Marguerite Duras. Dal punto di vista umano, per me ha significato tantissimo Alessandra Bocchetti: è stata la chiave di entrata nel femminismo romano. E poi ci sono l’Università delle donne, Virginia Woolf, ma un po’ tutta la letteratura e la cultura scritte da donne. Ancora e ancora un punto di riferimento è Simone de Beauvoir. Sottilmente, sta diventando maestra di vita Maria Zambrano, anche se a vent’anni, forse, non l’avrei letta.



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"Donne di carta" siamo noi. E lo restiamo anche se qualcuna intraprende altre avventure. La maternità di un'idea vale sempre. A qualcuno non piace questo "Nome", a noi sì: essere visibili come Madri di un'impresa è un gesto simbolico importante. A cui si aggiunge il gusto provocatorio di poter estendere questo "femminile" anche agli uomini che si associano. Ed è un femminile potente: include le "case editrici", si estende all'Accademia della Lettura e ha la sua forza militante nelle persone libro. www.donnedicarta.org



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DIAMO I NUMERI

Sarà anche l’età nota per l’insorgere della menopausa (il 94% delle donne tra i 50 e i 60 anni accusa vampate di calore, il 49% sbalzi di umore, il 35% aumento di peso: al 67% di loro viene prescritta una terapia ormonale, rifiutata nel 50% dei casi dalle pazienti), per il picco di diffusione di tumori e Alzheimer, ma gli anni tra i 50 e i 60 sembrano anche tra i più spensierati, se è vero che l’indice di infedeltà confessato nei confronti del partner oscilla tra il 38 e il 58%. Secondo l’ultimo censimento Istat, le donne in Italia di età compresa tra i 50 e i 60 anni sono, in percentuale, il 58,8%: di queste, circa 1.212.663 si è felicemente ritirata dal lavoro godendosi la pensione. Tra quelle ancora impiegate, nel 2001 350.237 erano operaie, 52.013 agricoltrici, 142.671 impiegate e 130.164 a capo di un’impresa, per un totale di 8.151.761 lavoratrici in questa fascia di età. Il 15,3%, invece, era casalinga. 667.771 le cinquantenni sole con figli, mentre il 39,3% di loro non ha portato a termine le scuole dell’obbligo. Secondo Eurostat, l’altezza media della donna di età compresa tra 50 e 60 anni in Italia è di 1,65 cm, per un peso di 63,6 kg: tra le 3 e le 6 volte in meno rispetto alle coetanee europee, che hanno però qualche centimetro di altezza in più.

(Fonti: Istat, Eurostat, Istituto di Studi Psicologici Transdisciplinari di Roma)





di Cecilia Dalla Negra







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