Venerdi, 27/08/2010 - Fra i numerosi libri che negli ultimi tempi cercano di spiegare la peculiare arretratezza della condizione delle donne in Italia, “Ma le donne no” , il libro di Caterina Soffici si iscrive a pieno titolo in quello che chiamo il filone “culturale” (contrapposto a quello “economicista”), perché chiama in causa una cultura antifemminile, da noi particolarmente nefasta, non tanto e non solo negli aspetti “tradizionali”, come il clericalismo, o l’enfasi sul ruolo materno, ma proprio in quelli “moderni”, (mercificazione del corpo della donna, riproposizione in forme “mercantili” della subalternità femminile).
Le cinque “modeste proposte” che Soffici avanza alla fine del libro non sono quindi, per esempio, incentivi economici ad assumere donne, ma cambiamenti di ruolo e di potere: quote rosa, diritto ad ottenere il part-time (oggi la legge lo riconosce solo per i malati oncologici), permessi di paternità obbligatori, stop all’uso sessista del corpo delle donne nella pubblicità (sull’esempio delle leggi spagnole e scandinave), pene più gravi per i reati sessuali.
Restano un po’ inspiegate (a parte il berlusconismo) le ragioni per cui il nostro è il “paese più maschilista d’Europa”. Che lo sia, ne sono convinta anch’io, ma non so darmene una spiegazione convincente.
Sicuramente c’è l’incrocio fra questione di genere e questione territoriale: quanto il Mezzogiorno (anche se oggi molto cambiato) spiega della condizione “media” delle donne italiane? Forse le donne lombarde o piemontesi sono più simili a quelle europee, rispetto alle donne del Sud, ma un residuo “duro” resta anche nelle aree ricche (dove le donne lavorano di più, ma contano poco lo stesso).
Penso che l’esistenza di cospicui nuclei di cultura “tradizionale” (es. l’ingombrante influenza politica della Chiesa cattolica) renda più difficile per le donne opporsi agli aspetti perversi della modernità. Mi spiego: criticare la mercificazione dell’immagine femminile sembra da bigotti, e invece non lo è.
E rimane da chiedersi perché in Germania Angela Merkel, che non è “miss Germania”, fa la Cancelliera, senza che nessuno ritenga degni di nota (almeno credo) i suoi orrendi tailleur pantalone, mentre da noi parecchi contestano a Rosi Bindi il diritto di dire le proprie opinioni in base ai suoi presunti requisiti estetici (non solo glielo contesta Berlusconi, ma qualche mese prima – e nessuno se ne è accorto - lo ha fatto Cossiga, come ricorda la Soffici a pag.20).
Opposizione all’arretratezza e lotta contro alcuni elementi della modernità sembrano insomma elidersi a vicenda. Invece bisognerebbe essere capaci di fare “alleanze a geometria variabile”: non si possono avere gli stessi alleati contro la pubblicità sessista e per la RU486.
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