Lunedi, 03/10/2011 - 127 femminicidi nel 2010, a settembre 2011 “il traguardo precedente” è stato superato. Sono le donne uccise intenzionalmente e certamente da uomini solo perché donne.
Il numero di donne morte per cause collegate alle violenze subite: per suicidio, per essersi lasciate morire, per essere state private della libertà di movimento, di curarsi e di provvedere a se stesse sono molte di più del numero ufficiale. Non è una fatalità, ma un male ramificato in ogni aspetto della convivenza, che può essere fermato. La politica che deve fermarlo, non vuole: nonostante le tante parole, chi ha il dovere di salvaguardare le cittadine pensa e vuole far pensare “che le violenze siano fatti privati”.
Tutto questo ha fatto sì che tra le tante cose necessarie non ne è stata fatta neanche una e tutti sanno che nei luoghi del potere, non solo della politica, nell’informazione nella pubblicità, nell’economia, i pregiudizi e le molestie in Italia sono la regola.
I centri Antiviolenza in Campania e in Italia sono il minimo possibile rimedio, sono l’ostacolo che impedisce che la violenza continui fino a diventare morte. Sono gestiti dalle donne, sostenuti dalle donne. I contributi coi quali lo Stato dovrebbe fare la sua parte, fondi assegnati dall’Europa alle regioni “solo per questo scopo e non destinabili ad altro impiego”, vengono erogati in ritardo o addirittura non erogati affatto.
La Regione Campania ha al suo attivo 14 milioni di euro da spendere per i servizi alla persona. Una parte rilevante di quel fondo è stato stanziato dall’Europa per la disastrosa situazione di un paese che non fa nulla per salvare le cittadine dalla violenza. Sono i fondi delle donne.
La regione Campania non li impiega e sta per scadere il tempo utile per spenderli.
È un comportamento, apparentemente stupido, che conferma la volontà di fiaccare la resistenza dei centri antiviolenza e delle donne, di affermare la logica della beneficenza per sostituire il Welfare, di sostituire il diritto con le concessioni.
È così che il numero, sottostimato, dei femminicidi è cresciuto, è così “che le controversie familiari risolte nel privato” conducono donne e bambini in subdole forme di schiavitù.
Una donna su tre, ha conosciuto sul posto di lavoro, a scuola, in famiglia molestie tali da essere costretta a cambiare orientamenti ed abitudini. Le donne di questo paese sono le più povere d’Europa, e lo sarebbero di più se non avessero protestato proposto e agito per difendere le loro libertà e i loro diritti.
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