Perché si torna dal maltrattante? Il corso di formazione presso il tribunale di Taranto e le possibi
Come mai si torna dall\'abusante? Perché la vittima decide di ritirare le denunce di maltrattamento? Il 24 novembre 2017 presso il Tribunale di Taranto il Corso di formazione sulla “violenza di genere” in collaborazione col centro antiviolenza “Ro
Domenica, 14/01/2018 - Il 10 gennaio 2018 assistiamo alla ennesima forma di violenza verso una donna: a Sozzago, in provincia di Novara Sara Pasqual, 45 anni, muore picchiata si presume dal compagno (in questi giorni viene ascoltato dalle forze dell’ordine), nella loro abitazione. Secondo le prime informazioni già in passato l’uomo era finito in carcere per le violenze, ma la donna lo aveva sempre riaccolto in casa e, in alcune circostanze, lo aveva anche difeso.
Come mai si torna dall’abusante? Perché la vittima decide di ritirare le denunce di maltrattamento? Il 24 novembre 2017 presso il Tribunale di Taranto il Corso di formazione sulla “violenza di genere” in collaborazione col centro antiviolenza “Rompiamo il silenzio” di Ginosa ha cercato di rispondere a queste domande. Tornare dall’abusante, ritirare le denunce di maltrattamento non significa, ha più volte detto la psicologa Margherita Carlini, che le violenze non ci siano state, ma che la donna ci è proprio dentro alla violenza, e non riesce ad uscirne. A volte tende a normalizzare la violenza (poi gli passa, forse era nervoso, solo io posso capirlo). Cosa fare in questi casi? Fare in modo che la donna acquisti consapevolezza del suo vissuto e della sua vita futura, che non può essere relegata in stato di sudditanza. La prevenzione potrebbe essere la lettura per tutte della Convenzione di Istanbul, quasi una bibbia laica, scaricabile facilmente in pdf. La violenza è annidata in ogni ceto sociale, non ci sono sconti. “Ma noi non molliamo” affermano alcune esponenti di “Donne in Fermento” di Carosino e provincia di Taranto. “Dietro la giacca e cravatta di chi si fa passare per un "grande" c'è un essere piccolissimo, se picchia o mortifica una donna”. Le donne vittime di violenza che escono dal loro stato sono donne forti, non deboli, capaci di stravolgere la loro vita pur di riscattare la dignità persa. Si incontra il dolore ma anche il riscatto. Liberarsi da frasi “te la farò pagare, stai zitta, non sei neanche capace di fare la madre” e poi mazzi di fiori continui. Questa si chiama molestia.
Lui tiene tutto sotto controllo, perché programma, ha consapevolezza delle sue azioni, sa cosa vuole raggiungere. La violenza agita è sempre una scelta. Alcuni non si fermano neanche di fronte a una misura cautelare. Se arrivano a un processo si presentano molto bene ai valutatori di turno. Anzi esternano queste frasi (da alcune testimonianze all’interno del corso) “è lei la matta”.
Lei ha invece scompensi emotivi, stati di ansia, per gli abusi subiti. Deve trovare le parole giuste per farsi capire, far conoscere al giudice le violenze e microviolenze che si annidano nelle pareti domestiche, a volte senza neanche una azione scatenante?
Per chi scrive, essere presente a questi corsi di formazione è un segno di riscatto. Sofferenza e riscatto. Un incontro così pieno di emozioni ed energia è difficile dimenticarlo. Negli occhi delle donne si leggeva la forza e la dignità.
Un incontro così pieno di unione, formazione e solidarietà è bello da ricordare in questa giornata in cui si piange un ennesimo caso di violenza di genere.
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