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Perché non ci fanno fallire

Perché non ci fanno fallire

TABU’ - “È solo col procedere a confutazioni che la scienza può sperare di progredire”, Popper

Emanuela Irace Lunedi, 19/12/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2011

Attraversano gli inferi in una discesa che non è caduta ma approfondimento. Dal continente Latino Americano all’Europa sfidano la confusione etica che muove l’alta finanza. Sono Stati e nazioni che affrontano la crisi scegliendo di fallire. Eroi moderni capaci di abbandonare il pensiero unico per la visione multipla, a più livelli di soluzione, sperimentale, rischiosa. Come un paradigma che si ribalta. Argentina e Islanda sono arrivate al centro del problema. Al fatto chiave, quello che generalmente si ignora o non viene visto. Vediamo solo ciò che la comunità cui apparteniamo ci fa vedere. La crisi del debito che investe l’Europa viene argomentata con un’unica soluzione: pagare gli interessi alle banche creditrici per evitarne il fallimento. L’interdipendenza del capitale finanziario muove le imposizioni di Francia e Germania e i prestiti, chi li riceve, li paga soprattutto con politiche economiche decise altrove. L’ottica predatoria si ripropone nel cuore del vecchio continente in una guerra finanziaria che utilizza antichi schemi coloniali. L’oligarchia della politica perpetua se stessa consapevole che un mutamento del pensiero dominante metterebbe fuori scena un’intera classe dirigente. E la crescita del debito continua. Senza visioni alternative e senza più eroi. L’eresia di un fallimento pilotato come in Argentina e Islanda viene considerato blasfemo solo perché annienterebbe il potere dei più forti, quell’1% contro cui da mesi manifestano gli Indignati del pianeta.

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