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Per un pensiero politico femminile sulla guerra

Per un pensiero politico femminile sulla guerra

Stando “dalla parte dei palestinesi”.... (e “le” palestinesi? e “le” israeliane? E “le altre”...?)... non avremo mai una politica comune contro 'la guerra' e per il diritto dei popoli ..."

Martedi, 16/04/2024 - Non c’è mai stato un momento così favorevole alla presa della parola femminista come questo ritorno della guerra nella nostra casa. Intanto ci rende consapevoli dell’ipocrisia del nostro vivere: prima del 24 febbraio 2022 le guerre non mancavano certo nel mondo, erano pubblicizzate nell’informazione internazionale e nei dépliant delle Ong, ma non ci “riguardavano”. A ben vedere non coinvolgono troppo nemmeno quelle che ci riguardano: siamo impotenti davanti a scelte che sembrano volute dal dottor Stranamore.

Se gli ucraini chiedono di uscire dall’orbita dell’impero zarista per entrare nell’UE, noi gli mandiamo armi e ospitiamo i loro profughi; ma i soldati continuano a morire sui due fronti e i droni arrivano sulle loro case, non sulle nostre. Il conflitto Israele/Palestina - che dal 1947 periodicamente esplode in tragedie ogni volta ricomposti lacrime e sangue - dal pogrom del 7 ottobre è diventato guerra aperta e crudelissima, che minaccia quotidianamente di coinvolgere l’intero Medioriente allargato, in un Mediterraneo che è contiguo più del Mare del Nord anche ai finlandesi o agli estoni. Fa impressione vedere che l’Iran abbia reagito senza infierire all’attacco israeliano che ha ucciso esponenti dello Stato maggiore in un consolato internazionalmente protetto: non vuole essere responsabile di allargamenti che portano alla terza guerra mondiale.

Intanto le donne palestinesi, israeliane, iraniane, ucraine, russe non vivono contente, ma si schiacciano da sole nella politica come la trovi nei telegiornali, apparentemente neutra ma neutra non è. Rispetto ai tempi di Comiso i sondaggi oggi (14 aprile su Repubblica) dicono che rispetto al prossimo voto (mancano meno di 50 giorni), l’opzione pacifista vede uomini e donne nella stessa percentuale del 50 % preferire i partiti ai quali importa la pace.

Dal femminismo non è venuto molto. Eppure nell’epoca di internet e dello smartphone non dovrebbe essere impossibile cercare e trovare contatti e relazioni con gruppi femministi che ci sono ovunque e creare una più larga comunità, pensante qualcosa di alternativo. Certo sono importanti le manifestazioni pubbliche, ma quelle femminili che vengono fatte non hanno eco e quando le citano i media tornano a parlare di maternità, famiglia violenza di genere: rumore. Anche se l’argomento “le donne” resta centrato sulla violenza, si dovrebbe vedere il legame - un filo grosso come una gomena - tra il corpo della donna e il corpo del nemico. Tanto è vero che lo stupro di guerra è tradizione dalla guerra di Troia, originata per reagire alla fuga di Elena con un amante straniero, immediatamente vendicata con le armi contro un popolo diventato “nemico”: sempre il dottor Stranamore. Non si sostiene il diritto palestinese al proprio Stato, se le donne italiane si limitano a stare con la sinistra “dalla parte dei palestinesi”. E “le” palestinesi? e “le” israeliane? E “le altre”: non avremo mai una politica comune contro “la guerra” e per il diritto dei popoli di cui (non) facciamo parte?

I governi europei democratici li eleggiamo noi: non hanno mai tentato di fare mediazione tra due che non potranno mai, da soli, conciliarsi tra loro. Le donne non stanno ai tavoli negoziali e anche se ci stessero seguirebbero le procedure richieste dai poteri: il governo Netanyahu mantiene il ruolo virile dell’ordine militare, tiene le israeliane nel loro ruolo: “legate” alla famiglia, dove tante volte diventano esperte di riconciliazione (fino a rimetterci la vita).

Come noi: possibile non ricavarne una politica forte della cultura femminile?


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