EUROPEE, COME E PERCHÈ /5 - Le ultime percentuali pubblicate dall'European Institute of Statistics dicono che il 50.2% di donne è inoccupato o disoccupato....
Marta Mariani Lunedi, 05/05/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2014
La qualità della vita di un paese si calcola anche su un "indicatore" sociale come la donna. Se in uno Stato, infatti, le donne diffusamente e generalmente riescono a conciliare il loro lavoro retribuito con le attività di cura familiare, allora lo stile di vita di tale nazione è più che buono, e medio-alta è la salute socioambientale.
Se prendiamo spunto dalle ultime percentuali pubblicate dall'European Institute of Statistics vediamo che per il Labour Force Survey - l'organo deputato a questo genere di indagini - il tasso di disoccupazione generale per i paesi dell'UE è al 10%, ed era al 9.6% già nel 2011. Il fatto che le donne siano maggiormente penalizzate ce lo dice un altro rilevamento dell'LFS, che evidenzia come il 50.2% di donne inoccupate o disoccupate sia in questa condizione per via delle "responsabilità familiari". Considerando che il 39,8% degli uomini vive la disoccupazione a causa della malattia o della disabilità, possiamo concludere facilmente che anche in Europa, e non solo in Italia, le cure domestiche e familiari contrastano l’accesso al lavoro più di quanto la disabilità non ostacoli quella maschile. Ingrata proporzione. Se andiamo a vedere i dati relativi alle persone in età lavorativa con impiego (dai 15 ai 64 anni), inoltre, constatiamo un altro fenomeno scoraggiante. In 27 paesi, mediamente, un uomo su dieci lavora esclusivamente part-time, contro quattro donne su dieci. Di questi impiegati a tempo parziale, solo l'11% degli uomini lavora part-time per potersi sobbarcare gli impegni familiari, contro al ben più pesante 46,1% delle donne. Se un uomo richiede di lavorare esclusivamente a tempo parziale, in Europa, nel 20,2% dei casi lo fa per accrescere il suo livello formativo, quindi per dedicarsi agli studi.
Dal punto di vista delle Risorse Umane, ancora, si può dire che il margine di crescita e di perfettibilità europeo è alto. Gli indicatori segnalano un cattivo impiego delle risorse nei vari paesi: soprattutto nel lavoro giovanile e in quello femminile. La mancata stabilizzazione dei contratti e il persistente clima di crisi hanno catapultato indietro le donne, rigettate nella dimensione domestica. L'Italia è il paese europeo che, dopo la Spagna, presenta la più forte esclusione dal lavoro dei giovani, e addirittura l'unico dove sia intorno allo zero la possibilità, per le ragazze, di trovare un'occupazione regolare a lungo termine.
Volendo concludere con una domanda, il quesito sarebbe il seguente: come possiamo ribellarci al sessismo del linguaggio e alla durezza degli stereotipi in idea, quando la realtà materialistica dei crudi fatti è ancora - in un anacronistico 2014 - all'era della pietra?
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