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Per FRIDA KAHLO è “Viva la Vida”

Per FRIDA KAHLO è “Viva la Vida”

- Fino al 31 agosto a Roma una retrospettiva della pittrice messicana con dipinti, disegni, fotografie e filmati d’epoca. A settembre sarà la città di Genova a ospitare una nuova mostra dal titolo Frida Kahlo e Diego Rivera

Flavia Matitti Lunedi, 05/05/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2014

 “I suoi occhi erano grandi e profondi. Le sue sopracciglia avevano la forma delle ali di un uccello in volo. Aveva un talento naturale per il trucco. Il suo rossetto e il suo smalto erano sempre di colori forti. Sapeva trasformare se stessa in una donna sensuale, irresistibile e unica”. In queste parole di Olga Campos, amica intima di Frida Kahlo (1907-1954), si avverte con evidenza il fascino magnetico esercitato dalla pittrice messicana, divenuta poi un’icona popolare idolatrata in tutto il mondo. Artista, militante comunista, bisessuale, donna impavida e vitale a dispetto di un’esistenza segnata dal dolore, Frida Kahlo non solo incarna l’anima del Messico, ma è una figura che ha sedotto l’immaginario collettivo globale. È una leggenda per gli attivisti latinoamericani, una bandiera del movimento femminista, un mito per le star hollywodiane (prima fra tutte Madonna) e una musa per gli stilisti di moda. A partire dalla documentata biografia scritta dalla critica d’arte americana Hayden Herrera, pubblicata nel 1983, esiste ormai una vera e propria “Fridamania”, fatta di libri, mostre, film, spettacoli teatrali, gadget. Nel 2002 l’attrice messicana Salma Hayek ha interpretato Frida nell’omonimo film di Julie Taymor e nel 2010 lo scrittore italiano Pino Cacucci ha immaginato un monologo di Frida intitolato Viva la vida! (Feltrinelli). Del resto l’artista stessa è stata la prima a prestare attenzione alla costruzione della propria immagine, con una consapevolezza e un intuito davvero moderni.

L’occasione per tornare a occuparsi di lei è offerta adesso dall’importante retrospettiva intitolata Frida Kahlo, la più completa sull’opera della pittrice mai presentata finora in Italia, organizzata a Roma negli spazi delle Scuderie del Quirinale (fino al 31/8, catalogo Electa). E in settembre sarà la città di Genova a ospitare una nuova mostra dal titolo Frida Kahlo e Diego Rivera.

La rassegna romana, curata da Helga Prignitz-Poda, autrice del catalogo ragionato della pittrice, riunisce oltre 160 opere tra dipinti, disegni, fotografie e filmati d’epoca, e ha il grande merito di ricondurre il lavoro di Frida Kahlo all’interno del dibattito artistico e della cultura visiva del suo tempo, tramite puntuali confronti con l’opera di esponenti delle avanguardie messicane e internazionali. Se, infatti, il poeta André Breton, fondatore del Surrealismo, aveva scritto nel 1938 “L’arte di Frida Kahlo de Rivera è un nastro intorno a una bomba” e aveva creduto che la sua pittura fosse sbocciata in Messico “nella totale ignoranza” di quanto avveniva in Europa, studi recenti hanno dimostrato che Frida non si ispirava solo all’arte preispanica e alla pittura degli ex-voto, ma era bene informata sulle ultime tendenze, dalla Metafisica al Realismo magico al Surrealismo. Comunque sia, la sua pittura non può essere considerata separatamente dalla sua vita, perché come ha scritto lei stessa: “Dato che i miei soggetti sono sempre stati le mie sensazioni, i miei stati d’animo e le reazioni profonde che man mano la vita suscitava in me, ho spesso oggettivato tutto questo in autoritratti, che erano quanto di più sincero e reale potessi fare per esprimere quel che sentivo dentro e fuori di me”. E anche sotto questo aspetto è stata una pioniera, perché ha inaugurato un filone “autobiografico” molto battuto poi da numerose artiste.



Frida era nata a Coyoacán, un sobborgo di Città del Messico, il 6 luglio 1907 da Matilde Calderon e Wilhelm Kahlo, un fotografo ebreo d’origine ungaro-tedesca. Sosteneva però di essere nata nel 1910 per far coincidere la propria nascita con lo scoppio della rivoluzione messicana. Nella sua vita conosce molto presto la malattia e la sofferenza fisica. Ha appena sei anni quando si ammala di poliomielite, guarisce ma la gamba destra resta meno sviluppata. Poi a diciotto anni, il 17 settembre 1925, un terribile incidente quasi la uccide. L’autobus sul quale viaggiava viene travolto da un tram. Nello scontro un corrimano di metallo le trapassa il corpo e Frida riporta lesioni e fratture gravissime. Come conseguenza dell’incidente, sarà costretta a indossare busti ortopedici; quando resterà incinta ricorrerà all’aborto terapeutico, perché troppo rischioso sarebbe stato per lei portare avanti una gravidanza; subirà una trentina di interventi chirurgici, per lo più alla colonna vertebrale e al piede destro, prima di morire, il 13 luglio 1954, all’età di quarantasette anni, nella sua casa natale, la Casa Azul, a Coyoacán, divenuta nel 1958 un museo.

Ma nell’immediato, grazie alla giovinezza e a una forza d’animo incrollabile, Frida reagisce. Costretta a letto per mesi, inizia a dedicarsi alla pittura e da questo momento l’arte diventerà per lei un modo di liberarsi dal dolore. Inizia dipingendo il proprio volto, che studia riflesso in uno specchio appeso sopra il letto. L’autoritratto resterà sempre uno dei suoi soggetti preferiti.





Nel 1928 conosce Diego Rivera (1886-1957), che ha il doppio dei suoi anni ed è un pittore già molto noto. Nell’agosto 1929 si sposano. Sarà un amore duraturo ma turbolento, fatto di reciproci tradimenti, separazioni e un breve divorzio. Con la sua solita ironia dirà “Ho subito due gravi incidenti nella mia vita, il primo è stato quando un tram mi ha travolto e il secondo è stato Diego”. Tra i suoi amanti Frida avrà uomini assai diversi, come lo scultore Isamu Noguchi e Leon Trotsky, ospite con la moglie dei Rivera in Messico. A unire Frida e Diego, comunque, oltre alla pittura è la passione politica. La rivoluzione aveva significato per i messicani la riscoperta orgogliosa delle proprie radici culturali, base dell’identità nazionale. Così Frida, come una divinità preispanica, porta vistosi gioielli e indossa abiti tradizionali. E sia negli Stati Uniti sia a Parigi il suo abbigliamento “etnico” fa scalpore.

Con il passare degli anni, però, la salute peggiora. Nel 1953, sotto la minaccia di cancrena, le viene amputata la gamba destra. Eppure il suo ultimo dipinto, eseguito otto giorni prima di morire e conservato oggi nel museo di Coyoacán, è un estremo omaggio alla vita. Ritrae dei cocomeri che si stagliano, verdi e rossi, su un cielo azzurro e sulla polpa succosa e sensuale di una delle fette è scritto “Viva la Vida”. Ma nel suo ultimo autoritratto, un disegno esposto a conclusione della mostra, si raffigura con il simbolo dell’infinito sulla testa e una colomba, che allude a una celebre poesia di Rafael Alberti, su una colomba che si è smarrita. Si congeda dalla vita scrivendo nel suo diario “Spero che l’uscita sia gioiosa e spero di non tornare mai indietro”.

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