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Per danno all’immagine, 8mila euro

Per danno all’immagine, 8mila euro

Prostituzione/ Il progetto Free women - Anche i comuni vengono risarciti per danno all’immagine. È il caso di Perugia, dove una nigeriana aveva sfruttato alcune sue connazionali

Redazione Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Giugno 2005

Il comune di Perugia dovrà essere risarcito da una donna nigeriana, condannata per sfruttamento della prostituzione, riduzione in schiavitù, tratta di donne e favoreggiamento dell' immigrazione clandestina.
Il Comune si era costituito parte civile nell' ambito di un progetto dell'assessorato alle politiche sociali denominato Free Women. E il 28 maggio, al termine del processo in Corte d' assise, i giudici hanno non solo riconosciuto, ma anche - per la prima volta - quantificato il danno (in 8 mila euro).
“L' ente - hanno spiegato le avvocate Antonietta Confalonieri ed Alessandra Donatelli Castaldo, consulenti legali del progetto Free Women - è stato, in questo campo, precursore di alcune misure poi realizzate dal legislatore: tra queste, la creazione di uno speciale programma di assistenza, anche giuridica, per le vittime dello sfruttamento, e l' istituzione di un fondo a loro favore''.
Poco più di un anno fa due sentenze di condanna al termine di processi con il rito abbreviato avevano già riconosciuto il danno, anche all' immagine del comune, ma rimesso al giudice civile la sua quantificazione. Un' altra sentenza, confermata in appello venerdì scorso, condannando un macedone per un tentativo di sfruttamento della prostituzione, ha invece quantificato il danno (in 2.500 euro) a favore del Comune, ma soltanto per le spese relative all' assistenza della vittima, nell' ambito dello stesso progetto Free Women.
La nigeriana, condannata a cinque anni di reclusione, aveva costretto a prostituirsi, sotto la minaccia dei riti woodo, alcune giovani connazionali. Le donne erano giunte a Perugia nella primavera del 2001, attraverso la Spagna, dopo un ''viaggio della speranza'' in gommone. E nella città umbra - secondo l' accusa – erano state poste sotto la custodia di quest'altra nigeriana, oggi trentenne. Nel luglio dello stesso anno, dopo una retata della polizia, due di queste ragazze avevano chiesto aiuto e avevano presentato una denuncia contro la donna, che era stata poi arrestata nell' ambito di un'operazione della squadra mobile della questura.
Successivamente una terza ragazza si era rivolta al comando provinciale di Perugia dei carabinieri, denunciando di essere stata costretta alla prostituzione anche durante la gravidanza (fino al quinto mese) e subito dopo il parto. Il processo di ieri è frutto di queste due inchieste riunite.
''Questa sentenza - ha commentato l' avvocata Confalonieri - è il frutto di un lungo periodo di lavoro condotto con l'assessore comunale Wladimiro Boccali. Ed ha trovato un riconoscimento - ha aggiunto il legale - nel tentativo del Comune di Perugia di attuare il suo dovere di tutela sia degli interessi della collettività, che di quelli delle vittime di queste tragiche vicende, garantendo la loro piena acquisizione di diritti, trasformandole da vittime in cittadine”.
(2 giugno 2005)

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