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Per ANTONIONI, 4 anni dopo..…per FERRARA, città d'Arte, di Cultura e d'Acqua - .di Maria Cris

Per ANTONIONI, 4 anni dopo..…per FERRARA, città d'Arte, di Cultura e d'Acqua - .di Maria Cris

E’ mancato quattro anni fa, quello stesso giorno di fine luglio, com’è noto, ed è comunque giusto ricordare, della morte di Ingmar Bergman, un altro grande del cinema europeo, mondiale, al pari di lui.

Martedi, 02/08/2011 - Per ANTONIONI, 4 anni dopo….



di Maria Cristina NASCOSI SANDRI





E’ mancato quattro anni fa, quello stesso giorno di fine luglio, com’è noto, ed è comunque giusto ricordare, della morte di Ingmar Bergman, un altro grande del cinema europeo, mondiale, al pari di lui.

A settembre prossimo, il giorno di San Michele Arcangelo, avrebbe compiuto 99 anni e, dunque, il 2012 segnerà il centenario della sua nascita.

Un omaggio, inusitato, per certi versi, gli proviene, quest’anno, da Permanent becoming and the Architecture of seeing – Il divenire permanente e l’architettura della visione (tradotto ‘malamente’, alla lettera), una splendida mostra che si terrà fino al 27 novembre prossimo nell’Ala Napoleonica del Museo Correr di Venezia, esposte le opere di un artista eclettico quanto geniale, Julian Schnabel.

Geniale anche la collocazione, in apparenza ‘fuoriluogo’: una sede antica, solenne, che contiene da sempre capolavori classici come le opere in gesso del Canova – per citarne uno – in cui han trovato posto i pezzi che solo per grandezza potrebbero citare i ‘teleri’ del grande veneziano Tintoretto e che, in realtà, si potrebbero forse avvicinare all’Action Painting di Pollock, ma che non stonano, in ‘tanto’ spazio.

Passato, futuro si ‘sposano’, sintesi perfetta, in un presente costante che ricorda i lavori ‘ab ovo’ di tanti anni fa, quelli degli esordi, di Schnabel, come i macro-mosaici fatti di cocci, terraglie i quali, ‘letti da lontano’, danno immagini sincretiche davvero uniche e pregnanti, ritratti di grandi ‘a busto americano’ di presaga lucidità, paesaggi, ‘ricordi dall’informale’, traits d’union delle arti visive tra loro, meta-muse gemelle come la pittura ed il cinema che, a volte, tutto raggruma e comprende.

Visionario e versatile ‘comunicatore’ per eccellenza, infatti, l’internazionale Schnabel approda, nel tempo, da grande pittore habituée del MoMA e del Centre Pompidou, al cinema con pellicole come il biopic Basquiat (interpretato anche da Claire Forlani di lontane origini ferraresi), un quasi ‘citarsi addosso’ di alleniana memoria, cinema nel cinema, poiché protagonista è un artista, morto giovane come il sodale Keith Haring - ‘cari agli dei’ entrambi, probabilmente.

E nella mostra veneziana non mancano gli omaggi, in modalità Schnabel, dunque, al cinema dei grandi come Jean Vigo, Bernardo Bertolucci e, dulcis in fundo al nostro Michelangelo Antonioni, cui l’artista, classe 1951, Ebreo nativo di Brooklyn, ha dedicato il suo UNTITLED (ANTONIONI WAS HERE), un olio su poliestere del 2010 proveniente da collezione privata di quasi 3 metri e mezzo per 2 e mezzo.



Di Venezia, tra l’altro, dice Schnabel:



“……..La prima volta andai a Venezia per vedere la città. Vedere qualcosa di nuovo e inconsueto è importante. Andai a visitare una città che esce dall’acqua, fluttuante. Nel novembre 1976 Venezia era vuota, triste, grigia e magnifica; nel 1980 era estate, ed era piena di turisti e artisti. Assolata, magnifica e ancora triste.

Venezia è uno di quei luoghi in cui il tempo si è fermato e tutti sono turisti. Rimangono solo per un giorno e vanno via. Il senso del tempo è così forte che non si può ingannare se stessi con l’idea della permanenza, anzi, si avverte il senso della propria provvisorietà perché si vive nel sogno di qualcun altro. Lo stesso accade a L’Avana e a Pietroburgo. Credo sia perché sono tutte città circondate dall’acqua. Ma il tesoro di Venezia consiste nell’abbondanza della grande

arte, che è ovunque. Questa è la cosa importante…”.



Parole che, nel nostro immaginario collettivo locale potrebbero utopicamente ma non troppo attagliarsi alla nostra Ferrara, città pure d’acqua e d’arte, come Venezia e che il nostro Antonioni, di essa da sempre ‘innamorato’, avrebbe potuto pronunciare o, quantomeno, condividere, why not?

In fondo Gente del Po l’aveva prima scritto poi girato lui, tra il 1943 ed il 1947…

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