Pacs, anzi Unioni Civili - In Italia oltre un milione di persone ha scelto di non sposarsi né in Chiesa né in comune, ma di vivere la propria relazione amorosa in modo diverso
Bartolini Tiziana Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2007
Visto da lontano, il problema proprio non esiste. In Italia oltre un milione di persone ha scelto di non sposarsi né in Chiesa né in comune, ma di vivere la propria relazione amorosa in modo diverso. Nella convivenza queste persone maturano dei diritti che attualmente non sono riconosciuti ed è giunto il momento di porre rimedio al verificarsi di situazioni palesemente ingiuste. La compagna di vita di quell'uomo cui non è riconosciuta la pensione o l'appartamento in eredità è oggi vittima di un vuoto normativo. A questo vuoto il Parlamento è tenuto a dare una risposta in termini di legge, è suo compito, e i parlamentari sono stati eletti e vengono pagati per fare questo lavoro. Le questioni riguardanti le scelte di vita e il privato non sono di competenza di Senatori e Deputati, tanto meno possono diventare merce di scambio nel mercato della politica.
Così come non è buona educazione rinfacciare a tanti teocon le contraddizioni tra ciò che propugnano e ciò che praticano, altrettanto impropria è la loro invadenza nelle esistenze altrui.
Le dichiarazioni di guerra ai PACS o Unioni Civili, i distinguo lessicali, la retorica sulla famiglia non hanno niente a che vedere col nodo vero, che è sempre lo stesso: ricerca di consensi elettorali e delle gerarchie Vaticane.
E' davvero difficile credere che la crociata contro il riconoscimento dei diritti delle coppie di fatto sia combattuta nella convinzione che in questo modo possa essere indotto al matrimonio chi proprio non ne vuole sapere, tanto è vero che per decidere di convivere quel milione di italiani non ha chiesto il parere a nessuno e non ha aspettato il placet dei cattolici.
La scelta di porgersi come gli unici difensori del focolare domestico contro presunte orde di dissoluti devastatori dell'ordine sociale, sembra da ricondurre più all'individuazione di un territorio politico da occupare, molto ambito perché protetto dalla potenza economica e mediatica della Chiesa. Le riserve rispetto all'onestà intellettuale di certe posizioni oltranziste trova riscontro nella scarsità, se non addirittura nell'assenza, di analoga attenzione e veemenza rispetto ad una serie di questioni strettamente connesse alla crisi della famiglia tradizionalmente intesa. Si tratterebbe, infatti, di affrontare alcuni nodi strutturali dell'economia e della declinazione dello sviluppo economico che l'Occidente ha intrapreso, che non può non essere messa in relazione con le modificazioni della società e, dunque, anche della famiglia. Si attende allora di vedere avviata una campagna del mondo cattolico (nelle aule parlamentari e nelle parrocchie) che ostracizzi - dal piccolo comune alla foresta Amazzonica - chi consuma le risorse naturali per il proprio profitto, chi sperpera denaro pubblico, chi fa demagogia, chi mercifica il corpo della donna in tv o nella pubblicità, chi riduce in schiavitù, chi produce armi, chi violenta donne e bambini. Il lavoro non manca e la scelta, libera secondo noi, è tra sostenere l'etica o fare la morale.
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