Anton Semionovic Makarenko - “Rispettare la personalità del fanciullo e non fargli mancare la necessaria guida” allo scopo di "vincere tutto ciò che è meschino, volgare e animalesco nell’uomo e innalzarlo a quanto è veramente umano". U
Cristina Carpinelli Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2007
Nei primi decenni del Novecento, il pedagogista sovietico Makarenko si accingeva a realizzare nella Repubblica dei Soviet un grande progetto educativo: la formazione dell’homo novus necessario alla costruzione del socialismo. Un progetto che, alla luce dei cambiamenti intercorsi nell’ultimo ventennio del secolo scorso in tutti i paesi dell’Est europeo, sembrerebbe fallito. Ci sono, tuttavia, validi motivi per “riabilitare” il pensiero pedagogico di Makarenko, dato che la scommessa di un’educazione intesa come strumento di cambiamento e progresso civile costituisce ancora oggi, alle soglie del Terzo Millennio, una meta importante per la pratica educativa e formativa delle nuove generazioni anche in sistemi non socialisti.
Attraverso le sue opere, a cominciare dal "Poema Pedagogico", possiamo scoprire un metodo originale di emancipazione e riscatto della gioventù, che liberato del peso dei suoi eccessi ideologici e camerateschi, può trovare rispondenza nel mondo attuale. Il paradigma didattico makarenkiano è stato valido punto di riferimento per Don Bosco, per la Scuola di Barbiana di don Lorenzo Milani e per le straordinarie esperienze di Paulo Freire in alcuni paesi dell’America latina. I ragazzi delle colonie di Makarenko partono, infatti, da condizioni disagiate, e le loro storie sono la prova concreta che il compito educativo e formativo può essere positivamente svolto, pur nelle difficoltà degli svantaggi di partenza, a condizione però che si sappia reinventare le affermazioni più efficaci del maestro ucraino: l’amore per la vita e per l’uomo, l’ottimismo nella costruzione del futuro, l’“avanzare il più possibile richieste all’uomo e il più possibile avere rispetto per lui”.
I personaggi del "Poema Pedagogico", figure realisticamente vissute, sono l’esempio della costruzione di forti personalità giovanili, fiduciose, ottimiste, aperte alle prospettive del cambiamento, attente a riconoscere nel loro educatore un’alta capacità progettuale e costruttiva di elevata tensione morale. Questo riconoscimento è importante per l’accettazione e la preservazione da parte dell’educando di principi quali la pratica del lavoro intellettuale e manuale, la maturazione della solidarietà e della socialità.
Il modello educativo di Makarenko è ambizioso. Esso tende alla trasformazione del soggetto verso ideali capaci di realizzare quella che il grande pedagogista polacco Suchodolski definisce “umana felicità”, che si basa sullo sforzo individuale e sociale, sul lavoro produttivo, sulla responsabilità personale e collettiva, indispensabili per concorrere alla realizzazione di qualcosa di nuovo e grande: la creazione di una società che sia, appunto, alla ricerca di una umana felicità. Un’utopia, per il maestro Makarenko, realizzabile con il convincimento che la vita singola acquista valore e completezza se l’uomo partecipa all’edificazione di una valida vita sociale, e che quest’ultima, a sua volta, prospera e si fortifica solo se riesce a compenetrarsi con l’agire individuale. Contrario a Rousseau e all’educazione libera e spontanea sostenuta nei primi anni della rivoluzione russa da Lunaciarskij e dalla Krupskaja, Makarenko ritiene che la mancanza di una prospettiva e di uno scopo sociale nel programma educativo, sebbene dialogico e flessibile, porti solo alla ricerca individuale, all’assenza di spirito collettivo e alla perdita del senso di fratellanza e solidarietà umana. Per questo motivo l’educazione è il processo di socializzazione dell’uomo, che deve avere luogo dentro il “collettivo”. La ricerca spontanea dell’educando si fa ricerca razionale della propria autonomia e libertà solo se acquisita gradualmente nel contatto sociale, nello scontro/incontro dialettico di posizioni e idealità anche diverse. Il cammino e le modalità d’apprendimento possono trovare concretezza nell’accorto equilibrio tra ciò che la società esige e ciò che l’individuo può dare. Il puerocentrismo e la pedagogia del “laissez faire”, assurti a mito, creano percorsi educativi senza obiettivi sicuri e senza precisi traguardi. Questo è un punto cardine del pensiero makarenkiano. Il ragazzo deve comprendere e accettare il superamento delle posizioni individualistiche (“non è un male l’abbandono di piccoli privilegi e il sacrificio di fare cose diverse da quelle che si vorrebbero, in caso di bisogno”) e, contemporaneamente, l’educatore deve infondergli massima stima e fiducia nelle sue forze e possibilità. Il ragazzo va, inoltre, educato verso obiettivi che puntino alla costruzione di un mondo, dove gli uomini siano in grado di stabilire un rapporto armonico tra la realtà della natura e quella umana. Questo ideale di società può avverarsi anche su questa terra, a patto che si alimenti nelle nuove generazioni l’ottimismo nella costruzione del futuro. Questo ottimismo, che può e deve basarsi sui lati positivi dell’uomo, sulla sua intelligenza e sulla sua socialità come punti di partenza, non è tuttavia senza condizioni. Rousseau fa vivere Emilio isolato nella natura perché non si corrompa e mantenga genuinamente intatta la sua purezza originaria. Makarenko crede, al contrario, che si possa stimolare l’uomo perché si “trasformi” ("educare significa vincere tutto ciò che è meschino, volgare e animalesco nell’uomo e innalzarlo a quanto è veramente umano") e getti le basi di una società dell’avvenire.
Perché ciò avvenga, bisogna indirizzare la gioventù verso il bene comune che solo può dare significato alla vita, e che è raggiungibile con l’eliminazione dello sfruttamento, dell’egoismo e dell’avidità, con la pratica costante dentro il collettivo di valori come il coraggio, l’altruismo, l’onestà, la disciplina e la libertà. Questi due ultimi valori sono, per il pedagogo sovietico, "opposti dialetticamente uniti, di cui l’uno non può sussistere senza l’altro". La libertà sostanziale e non formale non è assenza di legami, è una categoria sociale, una parte del vantaggio comune, la risultante di un comportamento sociale. La disciplina esercitata come strumento di coercizione non può sfociare in autodisciplina cosciente. Il rischio è di ricadere nell’autoritarismo patriarcale, di cui il socialismo auspica la definitiva liberazione. Bisogna, invece, “rispettare la personalità del fanciullo e nel contempo non fargli mancare la necessaria guida”.
L’ottimismo makarenkiano si traduce nella fede che possiede colui che vuole modificare la realtà e lottare per un futuro migliore. Gli uomini devono però porsi delle prospettive. L’educazione alle prospettive avviene attraverso l’applicazione del principio già enunciato: “avanzare il più possibile richieste all’uomo e il più possibile avere rispetto per lui”. Le richieste sono un segno di fiducia verso i ragazzi, che si liberano nell’attività pratica e mentale delle loro precedenti condizioni d’inferiorità e subalternità, dandosi delle nuove prospettive da raggiungere, assaporando la gioia della conquista. Un sistema che è risultato potentemente efficace nei collettivi diretti da Makarenko, e che non esclude la famiglia dell’educando. Attraverso l’applicazione, in ambito familiare, del sistema delle “linee prospettiche”, il maestro sprona i genitori a guardare e traguardare la prospettiva sociale, lo scopo sociale: "Non state educando i figli soltanto per la vostra gioia di genitori (…) su di loro ricade la responsabilità morale dello sviluppo del futuro cittadino. (…) La vostra attività nella società e nel lavoro deve riflettersi anche nella famiglia; la vostra famiglia deve mostrare il proprio volto politico e civile, e non separarlo dal volto di genitore". Makarenko inserisce la famiglia in un contesto favorevole all’edificazione di una società socialista. La sua è una didattica dell’“azione parallela”: collettivo, educatore ed educando devono positivamente interagire.
Nella concezione del maestro, la gioia di vivere deve essere priva della smisurata ambizione ai beni materiali. Egli insiste molto sui rinforzi non materiali da offrire ai figli. I sistemi basati sul feticismo delle merci e sull’alienazione avvelenano la coscienza dei giovani. Bisogna formare dei produttori e non plasmare dei consumatori. L’eredità che ci ha lasciato Makarenko è l’idea della lotta dell’uomo contro gli errori e i pregiudizi, della possibilità che egli ha di creare da sé il futuro, attraverso il lavoro produttivo e il collettivo. Un’idea che rende Makarenko il più autorevole rappresentante di quella che può essere definita una “pedagogia della praxis”.
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