Sabato, 26/04/2014 - Una raccolta di bozzetti che si allungano su tutto il 1988 “con una scrittura, quasi sperimentale, di narrativa poetica e, viceversa, di poesia narrativa”. Patrizia Caporossi - filosofa e storica delle donne, saggista - ci introduce al suo ultimo libro (edito da Guasco, Ancona 2014) spiegando che “Mia piccola libertà, ti chiamo per nome” intende essere un testo ‘politico’ “per la risonanza che lancia e richiama a quel contesto vitale che è la polis umana” e in cui la protagonista della scrittura è la “soggettività femminile” o meglio la “coscienza-di-sé” che soprattutto nel secondo Novecento ha rivoluzionato il “senso-di-sé”, nella dimensione “pubblica” e “privata”. Lo slogan era e rimane “il personale è politico”, “come valenza della storia di una persona che può essere o diventare la storia soggettiva di tutta una società”.
Un libro che scaturisce da un vissuto personale riletto nell’intersecazione con le esperienze pubbliche e sono le parole dell’autrice a darne spiegazione. “Nell’esperienza personale e ritmata dalle stagioni della vita, dove l’elemento autobiografico segna, come in ogni animo, gli accadimenti, nelle pagine diventa l’occasione per una riflessione, ad ampio raggio, su tanti momenti dell’esistenza umana, inevitabili spesso, che ci attraversano e non ci lasciano (mai) indifferenti, per quanto ‘tangenti’. Anzi. Gli anni ‘80, poi, fanno da cornice al dato esperienziale trascritto nelle pause, nella punteggiatura che nelle parole scelte, a una a una e dà il proprio ritmo alle vicende narrate di cui sono paradossalmente protagonista. Sono (stati) anni vissuti come un ‘riflusso’, proprio dell’elemento politico, per quella generazione che ha attraversato le speranze del ‘68 e, soprattutto, la durezza degli anni ‘70 con la veemenza di un sogno possibile di cambiamento e che qui emergono, invece, non come una ‘ritirata’ nel privato, ma in cui matura qualcosa di più nella forte consapevolezza di sé rispetto alla vita e alle vicende umane”.
Un libro da maneggiare con cura perché con cura affronta il passato “senza veli e tentando di trovare ‘le parole per dirlo’, come il bel titolo di un libro di Marie Cardinal, parole che possano ‘dire’ e ‘dare’ dignità a ogni piccola piega o sfumatura della (nostra) vita”.
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