Patria, famiglia, fede, onore: è scontro di civiltà nel cuore dell'Europa - di Cristina Carpinelli e
Il sistema dei valori e dei modelli culturali nello scacchiere internazionale sono altrettanto importanti quanto la politica del gas e del petrolio. In un Dossier si analizzano le posizioni di Nato, Ucraina, Russia
Riceviamo e volentieri pubblichiamo sia il dossier sia la presentazione, lavoro pregevole, interessante e di grande attualità di Cristina Carpinelli e Tiziano Tussi.
Questo dossier si pone l’obiettivo di esaminare gli intrecci che vi sono tra diverse dimensioni geopolitiche. Quello, tuttavia, che lo distingue da altri paper, che trattano di “grandi giochi internazionali” è l’approccio: la disamina non verte su guerre, trame, trattati, ecc. ma, piuttosto, sul confronto/scontro tra concezioni del mondo. Il sistema valoriale, i modelli culturali proposti da paesi e continenti, sono altrettanto importanti quanto la politica del gas e del petrolio, tanto da determinare alleanze e scenari globali futuri.
Entro quest’ottica, il dossier mette in luce “faglie di civiltà” emergenti, tese a identificare cesure culturali legate al culto, lingua, memoria, visione del futuro, fede. Invero, molte le spaccature. Si potrebbero operare dei distinguo ancora più particolareggiati, ma il grosso della contesa sta lì. Mondi che si contrappongono, in una dinamica di vero e proprio “scontro di civiltà”, per dirla alla Huntington. Ecco, allora, che si profila all’orizzonte un fronte antitetico tra civiltà occidentale-atlantista (America e Unione europea) e civiltà eurasiatica (o eurorussa) dall’altra. Quest’ultima rivendica nuovi spazi geopolitici (da “Lisbona a Vladivostok”), entro cui affermare paradigmi culturali neo-conservatori, che implicano l’uscita dalla modernità liberale e socialista, che non ha portato a niente altro che a una perdita di valori fondamentali che si debbono riallacciare saldamente alla religione, alla moralità familistica tradizionale, alla lotta ad ogni forma di variante dello stilema eterosessuale e alla ideologia gender (che sta producendo capolavori come l’idea balzana che possa esistere una particolare forma di omicidio denominata “femminicidio”), ad una rivalutazione delle tradizioni. Capisaldi di questo paradigma sono la negazione della deriva relativista, nichilista, omosessualista, laicista del mondo occidentale, e l’affermazione, per contro, dei “valori eterni”, che rinnega la modernità, partendo dalla critica che la post-modernità rivolge all’universalismo e al totalitarismo della modernità. E' una concezione che nega la ragione, che volge lo sguardo al sacro, all’irrazionale, al Medio-Evo. E' una sostanza assolutista ortodossa, sessualmente tradizionale e omofobica.
I paesi coinvolti in questa disputa valoriale sono da un lato, la Russia, l’Ucraina dell’Est (repubbliche di Lugansk e Donec’k, quest’ultima con la sua nuova Costituzione, che eleva il rito cristiano ortodosso a religione di Stato, che ripudia le relazioni omosessuali, definite come “perverse”, e per questo perseguibili per legge, che nega l’aborto, ecc.) e certi ambienti dell’Europa occidentale, che raccolgono forze e/o partiti di destra in forte crescita (la presidente del Front National francese, Marine Le Pen, il leader degli euroscettici britannici, Nigel Faragel, il leader dei nazionalisti ungheresi di Jobbik, Gábor Vona, il partito Alternativa per la Germania, sostenuto dagli industriali tedeschi, i bulgari di Ataka e i greci di Alba Dorata, la Lega Nord di Matteo Salvini e Forza Nuova di Roberto Fiore, ecc.). Queste realtà geo-politiche, pur nelle differenze legate alle proprie specificità, si sentono accomunate da un unico obiettivo, che è quello di costituire una “casa comune europea” fondata sui valori sacri della patria, famiglia, fede, onore; dall’altro, l’America e l’Unione Europea, tese a promuovere individualismo, mondialismo, diritti umani, diritti LGBT, ecc. In quest’ultimo fronte s’inserisce, in modo “anomalo”, l’Ucraina dell’Ovest, con il suo accordo di Associazione con l’UE.
Insomma, si sta sempre più delineando uno scenario, dove - se populismi e nazionalismi europei non saranno fermati in tempo - si prospetta la costruzione e l’affermazione di un’Europa dei Popoli federata ad una grande Russia, dove anche i paesi dell’Unione Europea per ora lobotomizzati e colonizzati culturalmente da idee che non appartengono loro per storia e tradizione” (quelle atlantiste-americane), potranno ritrovare la loro identità e le loro radici perse.
In questo piano strategico, tutte le passate lezioni, illuministica, liberale, e poi socialista, con le molte variabili che si sono nel tempo intrecciate tra loro e con altri apporti spuri, non trovano nessuna possibilità di essere agite. Eppure, noi “occidentali”, possiamo definirci tutti quanti almeno “figli dell’89”. La rivoluzione francese ha posto per tutto il mondo un discrimine reale nei confronti dell’Ancien Régime. Rispolverare politiche desuete (quelle del primo fronte) che, almeno l’Illuminismo settecentesco, per non scomodare teorie politiche successive, aveva, grazie ai suoi sforzi di modernità, messo - sembrava definitivamente - nello sgabuzzino della storia, appare quantomeno stonato nel XXI secolo. Eppure, accade. E ciò impone riflessioni serie. Innanzitutto, ripensando l’Europa dalle sue fondamenta. Vale a dire, individuando nuove rotte, a superamento della ricetta di “austerity e rigore finanziario”, che sta producendo recessione e mattanza sociale, spianando la strada a movimenti politici populisti che guardano al passato, rimpianto di un’era in cui i sacri valori spirituali la facevano da padroni.
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