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Paternità, un fortino assediato

Paternità, un fortino assediato

I padri, oggi / 1 - L’occidente ha messo in discussione il ruolo del padre, che oggi è visto e vissuto con innumerevoli sfumature. Un po’ disorientati, i papà spingono le carrozzine mentre ricercano una nuova identità

Emanuela Irace Domenica, 27/05/2012 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Giugno 2012

In “Matrimonio e Morale”, di Bertrand Russell, la figura del padre ha una declinazione del tutto particolare. Sulla scia delle ricerche antropologiche di Malinovski, l’autore, premio Nobel per la letteratura nel 1950, accompagna il lettore alla scoperta di un ruolo, quello di padre appunto, che in base alla nostra cultura diamo per scontato appartenere all’umanità tutta - anche se con ovvie graduazioni di importanza e potere, sia da un punto di vista temporale, nel corso dei millenni, che da un punto di vista geografico, tra poli opposti del mondo - quel che emerge dal libro di Russell è che la funzione paterna non è un dato di natura. Ma un concetto relativo che non appartiene in via esclusiva all’uomo che procrea. “mater sempre certa est, pater numquam” dicevano gli antichi. Sarà per il detto latino o per la facilità con cui tendiamo a uniformare il pensiero su ciò che conosciamo ma, quel che ci resta oggi di sicuro, è l’incertezza del ruolo paterno. L’idea che si è padre in seguito all’atto procreativo è una scoperta recente e che per di più riguarda solo una determinata porzione di mondo: l’occidente cristiano. Fuori da questa parcellizzazione le cose funzionano diversamente. Gli abitanti delle isole Trobriand, cita Russell, sono convinti che nessuno può essere figlio di un padre determinato. E tanto meno possono essere figli di Dio. La funzione paterna, in quella cultura, è esercitata dallo zio materno. E il risultato di questa impalcatura sociale assicura ai bambini affetto senza disciplina. “Il padre gioca con loro, è tenero e affettuoso ma non ha diritto di dare un ordine”, né di decidere sul futuro del figlio. In quest’ottica, la legge del padre non fa da riferimento all’insieme di valori e credenze che la cultura Cristiana ci ha trasmesso. Il padre è un concetto recente, nato con il patriarcato 2000 anni fa. Un sistema che attraverso la proprietà del “seme”, come è scritto nella Bibbia, perpetua discendenza, passione per il potere e desiderio di sopravvivenza. In cambio il padre da mantenimento e protezione. L’amore per il figlio si veste d’egoismo e il patriarcato non è altro che una continua clonazione dell’ego smisurato che caratterizza molti uomini (e donne) che attraverso i figli vincono la propria morte o realizzano, per loro, quel che non hanno ottenuto per sé. Considerate queste premesse è abbastanza agevole attraversare le innumerevoli sfumature che la modernità contemporanea riassume nel padre. Una funzione incerta, alla ricerca di una nuova identità. L’ingresso massiccio delle donne nel mondo del lavoro, la globalizzazione, l’impatto tecnologico e la ciclicità delle crisi economiche rompono la monade. L’ossessione binaria scolora. La contrapposizione maschile e femminile, attività e passività, pubblico e privato, si stempera e il padre diventa un concetto ancora in rodaggio. Tra nuove possibilità e difficili esperimenti le famiglie si allargano. Le coppie possono anche diventare genitori dello stesso sesso e il ruolo del padre si declina in base a predisposizioni personali. Se il concetto materno in occidente non viene messo in discussione, quello del padre si. Crescono le associazioni di uomini separati e il padre maltrattato è la nuova figura che emerge in questo inizio di millennio. In Italia su 4 milioni di padri separati, 800mila vivono al di sotto della soglia di povertà, hanno difficoltà a impostare una relazione con i figli e spesso non riescono neppure a incontrarli. È un cambiamento epocale, una vera e propria ristrutturazione delle relazioni interne alla famiglia. Quel che nella cristianità abbiamo visto per duemila anni, non è più valido. L’autorità si è diluita e i figli possono essere mantenuti dallo Stato e protetti dalla polizia. Anche la trasmissione del sapere non è più rito di iniziazione né pratica corrente. I figli ne sanno più dei padri e sono loro a insegnare al genitore l’uso di tecnologie e strumenti di comunicazione. Il monaco calvinista che si sfiancava di lavoro occupandosi del figlio solo in età adulta è sparito. I pargoli sono da seguire fin dalla nascita e i padri hanno iniziato ad occuparsene. Per piacere o per prestigio e secondo le stime per appena 38 minuti al giorno. L’accudimento maschile diventa una pratica che rompe con la tradizione. Non si trasmette più il lavoro né il sapere, ma si cerca attraverso il codice genetico l’attestazione di paternità. Un trend in crescita. Per maschi terrorizzati dalla perdita del possesso e dalla fragilità del proprio ruolo, specie oggi che si è scoperto che un bambino su dieci non è figlio di suo padre. E intanto in pubblico portano marsupi e danno biberon. Parlano di ruttini e tettarelle, mettendo il corpo in primo piano. La relazione paterna sta usando la fisicità per costruire culturalmente il proprio rapporto. È questa la novità dell’occidente. Che sia una forma decadente o un’avanguardia non è importante. Nei rigagnoli della vita quotidiana riusciamo a vedere solo ciò che conosciamo e la figura che si è imposta nella nostra società, di madri che trasmettono machismo, è paradossalmente la femminilizzazione del padre. Secondo lo sguardo dominante è qualcosa di scomposto, che grida vendetta alla virilità. Viene chiamato “mammo”, quasi un’usurpazione di potere. E invece è sempre esistito quel modello di padre, accanto a quello violento e anaffettivo, semplicemente non lo vedevamo. Adesso che si è appropriato dello spazio pubblico ed è lì con il suo corpo a imporsi sulla scena, lo notiamo. Il corpo del maschio è diventato accudente, luogo di responsabilità e di gioco. Di affetto ed educazione alla vita. Il piacere sottile della maternità che cura, rendendosi indispensabile e quindi potente, prende il posto del monaco calvinista o dell’eroe che sguaina la spada per sconfiggere il drago o aggiustare la finanza degli stati. La necessità di uccidere il padre, metaforicamente, per prenderne il posto e diventare adulti, diventa sempre più difficile. Arduo immaginare come si comporranno le relazioni tra genitori. La società senza padri è una possibilità, sia all’interno della famiglia che fuori. Al contrario non si dà mondo senza madri, almeno per ora, finché la gestazione avverrà all’interno del corpo della donna.

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