Mirella Caveggia Martedi, 22/12/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2009
“Tradimenti” di Harold Pinter, con la regia di Andrea Renzi e l’interpretazione di Nicoletta Braschi, Tony Laudario ed Enrico Ianniello, ha aperto con una prima nazionale al Carignano di Torino la stagione del Teatro Stabile della città. Preziosa e sofisticata commedia della memoria, l’atto unico – un’ora si rappresentazione - percorre dieci anni di vita di una coppia di amanti che con leggerezze, ambiguità e bugie ha inflitto e subìto tradimenti. Relegata ormai nel passato la loro storia, i due si ritrovano in un pub e con un filo di imbarazzo e amarezza malcelata evocano il tempo trascorso della loro relazione. Lui è Jerry, un agente letterario, narcisista, disinvolto e senza troppi scrupoli; lei è Emma, moglie di Robert, un editore di successo e grande amico di Jerry. Nell’incontro i ricordi si riaccendono. Affondano indietro nel tempo a partire dalla fine della relazione e ridanno vita a quell’avventura che sembrava restituire smalto alle identità offuscate dalla routine, e che al contrario ha addensato amore e gelosie, eccitazioni e dispiaceri. Nei brandelli dei ricordi prende corpo un menage a tre piuttosto opaco delineato da Harold Pinter con una precisione meravigliosa attraverso un dialogo dalla semplicità tagliente che mette in luce la crudeltà di intrecci inconsistenti e incostanti di rapporti, le mezze verità e le mezze menzogne, l’indulgenza verso un’amorale disinvoltura.
Accompagna e sorregge la vicenda la suggestiva invenzione scenografica di Lino Fiorito, un cubo leggero di tre pareti su cui di volta in volta si proiettano fotografie elaborate con sapienza che - come gli abiti dei protagonisti - definiscono luoghi, ambientazioni, tempi. La commedia scorre bene e con il continuo e gradevole cambiamento di sfondi che richiamano il cinema, acquista una vivacità e una luminosità particolari, che forse non era nelle intenzioni dell’autore. Né sembra esserci traccia dello squallore delle situazioni segnate da scambi di frasi scarne, sfuggenti, inafferrabili che rivelano la mancanza di rispetto per sé e per gli altri e sottolineano la vacuità dei rapporti ricorrenti nella drammaturgia del Premio Nobel da poco scomparso.
L’analisi dei sentimenti e delle emozioni è affidata a tre attori bravi e affiatati, anche se non sempre aderenti alla visione dell’autore. Non guasterebbe un po’ di grinta in più nella deliziosa Nicoletta Braschi, che resa disinvolta e agile da una buona scuola teatrale porta qualche traccia del suo riserbo e della sua grazia soave in un personaggio che ci si figurava più sgradevole. La lettura senza eccessi appare all’insegna di una misura e di una compostezza britannica, ma i silenzi e le pause, connotato dei drammi del grande Pinter, avrebbero potuto essere più accentuati per sottolineare la povertà di relazioni effimere e trascinate e per cogliere appieno il fluire di un testo in apparenza senza sobbalzi, di una semplicità disarmante, ma di acuminata e maligna efficacia.
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