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Passato, futuro, lavoro, discriminazione

Passato, futuro, lavoro, discriminazione

Emilia Romagna - Iniziative e indagini dell'Assessorato alle Pari Opportunità

Redazione Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2007

Quale futuro, le donne bolognesi si interrogano

"Quale genere di futuro?" è il titolo di un piccolo volume fatto da donne e che parla di donne. L’hanno curato Rosa Amorevole e Magda Mandrioli ed è la traduzione su carta di quanto preparato dalle donne Ds di Bologna in occasione della Festa provinciale dell’Unità 2006.
«Il messaggio di fondo della pubblicazione – sottolinea Gabriella Ercolini, coordinatrice delle Democratiche di Sinistra di Bologna e consigliera regionale di Uniti nell’Ulivo Ds – è semplice: anche dalle sue pagine, così come più in generale dalla vita di tutti i giorni, si avverte una "richiesta sempre crescente di protagonismo femminile"».
Il libro ripropone il percorso per sezioni presentato nella Casa delle Donne al Parco Nord di Bologna lo scorso settembre, dove l’iniziativa ha suscitato molto interesse, a giudicare dal numeroso pubblico intervenuto nelle serate della Festa.
Dai pannelli in mostra – trascritti nella pubblicazione – emerge il cammino al femminile degli ultimi 60 anni, dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi. Foto, manifesti, immagini, scandivano in ordine cronologico le battaglie, i progressi, le conquiste compiuti dalle donne nel campo della politica, nel mondo del lavoro, nella sfera della sessualità e dell’autodeterminazione. Nel libro lo stesso racconto è riproposto con le parole, completate poi da una seconda parte tutta dedicata alle domande, quelle formulate in occasione della mostra da visitatori e visitatrici.
Le domande sono incentrate in modo particolare sul ruolo delle donne nella politica e nelle istituzioni, ma esprimono anche i desideri e le aspettative dell'universo femminile nel mondo del lavoro e in generale nella società.
Alle domande seguono anche le risposte, che si possono conoscere sfogliando il volume, riferite soprattutto al tema della precarietà e alle sue pesanti ricadute sul vissuto delle donne, senza però trascurare quello della rappresentatività. Se è vero infatti che a Bologna, e ancora di più nei Democratici di Sinistra, la rappresentatività femminile è sicuramente superiore rispetto a quella riscontrata in altre zone d'Italia, resta comunque essenziale continuare a impegnarsi per estenderla ulteriormente.
Ma resta quel messaggio incisivo, quella voglia di protagonismo e quella convinzione che allargare gli spazi a disposizione delle donne significhi garantire ricadute positive a tutti. In nome di questo protagonismo il volumetto “Quale genere di futuro?” rende omaggio, nella scelta dei colori e nella veste grafica, al lavoro delle "Guerrilla Girls", collettivo artistico statunitense che in nome delle donne ha conquistato, e continua a farlo, sempre più attenzioni nel panorama mondiale. Tale omaggio suona come una vera e propria dichiarazione d'intenti per le donne, in primis per le diessine, di oggi e del futuro: così come le artiste americane ricorrono metaforicamente alla guerriglia per affermare le tematiche più importanti dell'universo femminile, allo stesso tempo è solo attraverso una lunga "battaglia" combattuta a colpi di iniziative politiche, sociali e culturali – tra cui anche questa preziosa pubblicazione – che le donne possono migliorare il futuro, non solo il loro.
Il volumetto, grazie anche alla ricca bibliografia realizzata da Maria Tasini, si propone anche come strumento di riferimento utile a chiunque voglia aggiornare le proprie conoscenze sulle tematiche di genere.

Discriminazioni, anche le più giovani ne sanno qualcosa

Anche le giovani e le giovanissime conoscono le discriminazioni di genere. Un’indagine Doxa, commissionata dall’Assessorato alle Pari opportunità della Regione Emilia-Romagna e condotta su 800 residenti fra i 14 e i 25 anni, dimostra infatti che il tema della parità dei sessi è ancora considerato un problema dal 76% del campione, che sale all’83% fra le ragazze.
Un quarto (26%) delle giovani intervistate, addirittura, ricorda esperienze di discriminazione legate al sesso negli ultimi tre anni e racconta di maltrattamenti o ingiustizie legate al loro essere donne. Le ragazze hanno indicato anche i luoghi e le occasioni: per il 37% il luogo di lavoro, per il 20% la scuola, per il 16% gli amici, per il 7% la famiglia e per il 14% persone sconosciute.
Le ragazze discriminate hanno ricordato più spesso avances ed un linguaggio offensivo (22%), la scarsa considerazione degli uomini (4%), differenze di trattamento in ambito lavorativo sia per la difficoltà di trovare lavoro che per la retribuzione e, in generale, per il trattamento riservato alle donne rispetto ai maschi (compiti più faticosi e sgradevoli attribuiti alle donne, ecc.). Alcune intervistate hanno ricordato anche esperienze ed un trattamento diverso fra i ragazzi e le ragazze all’interno delle famiglie.
Esperienze personali a parte, secondo il 67% degli intervistati del tema si dovrebbe parlare di più, in particolare a scuola, ma anche nei mezzi di informazione, nelle sedi politiche, in famiglia e nei luoghi di lavoro. Una percentuale appena superiore, il 68%, ritiene che proprio il lavoro sia l’ambito nel quale permangono le differenze più sostanziose fra i due sessi, ma molta strada è ancora da percorrere anche in politica e nella cariche istituzionali (lo pensa il 17% dei giovani), nelle famiglie (14%), nella scuola (9%), nei mezzi di informazione e nella pubblicità (7%), nelle altre culture e all’estero (’8%), infine nello sport (4%).
Curioso è il pensiero dei giovanissimi a proposito dei lavori più o meno adatti al sesso femminile. Non tutte le professioni, infatti, sono considerate a misura di donna. L’85% ritiene che, in assoluto, la professione più “rosa” sia quella dell’insegnante, seguita dal medico (67%), dal dirigente di un ente pubblico o di una istituzione (51%), dal chirurgo (48%), dal dirigente d’azienda (47%), dal politico (44%), dal poliziotto e dall’operaio (18%). Al contrario, il 10% degli intervistati (l’11% dei maschi) non vede di buon occhio una donna dirigente d’azienda e un terzo, che diventa il 39% se si considerano solo i maschi, non apprezza neppure la figura della poliziotta.
Passando a considerare le dinamiche familiari – il 94% del campione vive con i genitori – si scopre che anche in questo ambito, secondo i ragazzi emiliano-romagnoli, le pari opportunità non sono pienamente realizzate. Nella maggior parte delle coppie le decisioni, in tema di spese, cura dei bambini e dei figli più grandi, cucina, lavori domestici, sono sempre più comuni e diminuiscono, nel profilo di una “coppia ideale”, le attività e le responsabilità attribuite alle donne o agli uomini. Alcuni aspetti però, è il caso dei lavori di casa e della cura dei bimbi piccoli, sono considerati responsabilità femminile, al massimo condivisa tra uomini e donne, mentre solo l’1% dei giovani pensano se ne debbano occupare gli uomini.

Le donne? Lavorano di più ma sono precarie e sottopagate

Più occupate, ma anche più precarie. Secondo dati diffusi dall’Assessorato regionale al Lavoro, le donne lavoratrici in Emilia-Romagna consentono alla Regione di superare, con un tasso di occupazione del 61%, gli obiettivi previsti dalla Strategia di Lisbona per il 2010. Un dato suffragato anche dal tasso di disoccupazione femminile, fermo al 4,4% e dunque corrispondente alla metà di quello nazionale ed europeo.
Tuttavia, se dal punto di vista numerico non c’è da lamentarsi, a fare la differenza rispetto all’occupazione maschile è la qualità. Il lavoro delle donne, infatti, resta più precario e meno pagato. Per quanto riguarda il primo aspetto, le lavoratrici riescono a ottenere un lavoro stabile soltanto verso i 40 anni, mentre per i colleghi uomini lo stesso risultato arriva 10 anni prima. Un terzo di esse ha un contratto part-time, il 10% a termine.
Passando invece al capitolo retribuzione, a parità di condizioni contrattuali e di responsabilità le donne guadagnano il 27% in meno se dipendenti, il 40% in meno se autonome. E faticano molto di più a fare carriera, nonostante studino più degli uomini e ottengano, all’università, risultati migliori.
Naturalmente queste condizioni influiscono anche sulla pensione, in genere più ridotta, a causa dell’ingresso ritardato nel mercato del lavoro dovuto al protrarsi degli studi e allo stipendio inferiore.
Disparità restano inoltre, anche se ridotte per le giovani coppie, nella distribuzione dei carichi di lavoro in famiglia, con la conseguenza che le donne finiscono per lavorare otto ore più degli uomini nell’arco della settimana. Il record è delle ultratrentacinquenni, che raggiungono le 60 ore lavorative settimanali.
(2 maggio 2007)

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