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Pas, la malattia inventata

Pas, la malattia inventata

Figli contesi ePas - La sindrome di alienazione parentale (PAS) sarebbe una forma di mobbing esercitata sui bambini soprattutto dalle madri. In realtà è un’invenzione di chi vuole proteggere i padri violenti

Landolfi Flavia Domenica, 13/10/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2013

Abbreviando si dice Pas. O Sap, all’americana. Acronimo, cioè, di sindrome di alienazione parentale: secondo gli avventori vero e proprio mobbing di un genitore (soprattutto la madre) nei confronti dell’altro. Snobbata anche dall’ultima edizione del Dsm-V, la contestata “bibbia” delle malattie pischiatriche, la Sap ultimamente non gode di buona salute. Teorizzata dall’americano Richard Gardner, sostenitore della pedofilia e morto suicida, la “sindrome” è andata di moda negli Usa fino a qualche anno fa quando è stata ritenuta una teoria senza sufficienti basi scientifiche e quindi da abbandonare. Stessa cosa in Spagna e in altri Stati europei. Tranne in Italia, dove, nonostante una pronuncia della Cassazione, è ancora utilizzata nei tribunali in materia di diritto di famiglia. Il caso che l’ha portata alla ribalta è quello del bambino di Cittadella (Padova), conteso dai genitori e trascinato a forza dalla scuola per essere traferito in una casa famiglia. Della vicenda si sono occupati giornali e tv (con il video choc del bambino strattonato mandato in onda da “Chi l’ha visto?”) e la Pas è uscita dai tecnicismi degli addetti ai lavori. In realtà c’è poco di elitario in questa presunta malattia: non è un fenomeno di nicchia nella prassi giudiziaria. E non è nemmeno l’extrema ratio di procedimenti giudiziari nei casi cosiddetti “difficili”. Ma invece una strategia diffusa che spesso si conclude con un certificato di malattia a carico del bambino e della madre. Il rimedio? “Resettare il minore”, come ha decretato la Corte di Appello di Venezia nel caso del bambino di Padova. Ovvero, portarlo via alla madre e consegnarlo all’altro genitore o alla casa famiglia. Proprio su quel caso si è pronunciata la Corte di Cassazione in una sentenza che sta facendo scuola. E che ha avuto il merito di fare un po’ di chiarezza nell’oscuro pianeta di questa presunta malattia. Nella decisione n. 7041 del 20 marzo scorso gli ermellini hanno bacchettato i colleghi di Venezia perché nel decretare l’allontanamento del piccolo dalla propria casa e dalla madre hanno preso “in considerazione una teoria non ancora consolidata sul piano scientifico ed anzi molto controversa”. Non solo. Secondo la Cassazione è necessario “che il giudice del merito, ricorrendo alle proprie cognizioni scientifiche, ovvero avvalendosi di idonei esperti, verifichi il fondamento, sul piano scientifico, di una consulenza che presenti devianze dalla scienza medica ufficiale”. Parole come pietre. Ma andiamo avanti: “Il rilievo secondo cui – prosegue piazza Cavour – in materia psicologica il processo di validazione delle teorie, in senso popperiano, può non risultare agevole, non deve indurre a una rassegnata rinuncia, potendosi ben ricorrere alla comparazione statistica dei casi clinici”. Ricapitolando per la Suprema Corte la Pas (o Sap che dir si voglia) è una sindrome che devia dalla scienza ufficiale e andargli dietro pedissequamente rappresenta una rassegnata rinuncia da parte delle autorità. Del resto è quello che vanno dicendo da anni fior fiore di studiosi e che lo stesso ministero della Salute ha consegnato alle parole dell’allora sottosegretario Elio Cardinale nel corso di un’interrogazione parlamentare proprio sul caso di Civitella. “Sebbene la Pas – ha tuonato il Governo – sia stata denominata arbitrariamente dai suoi proponenti con il termine disturbo, in linea con la comunità scientifica internazionale l’Istituto Superiore di Sanità non ritiene che tale costrutto abbia né sufficiente sostegno empirico dai dati di ricerca, né rilevanza clinica tali da poter essere considerata una patologia”. Ma allora, come mai in Italia si continua nei tribunali a diagnosticare la Pas alle madri e ai bambini? “Perché non è facile scardinare questo meccanismo che ormai si è insinuato come gas nervino nel nostro ordinamento”. Maria Serenella Pignotti è un medico legale, pediatra, e lavora all’Ospedale Meyer di Firenze da più di 25 anni. Per la sua competenza sulla Sindrome di alienazione parentale viene spesso chiamata a elaborare consulenze tecniche su mamme e bambini. E combatte contro la Pas da parecchi anni, anche in qualità di presidente della Commissione Pas-bambini della Società italiana di pediatria. “La verità è che la sindrome di alienazione parentale - dice - è uno scudo probatorio usato dai padri abusanti per spostare l’attenzione processuale dalle violenze familiari ad altro: secondo la mia esperienza questo altro è totalmente falso, mentre le botte purtroppo sono vere”. C’è anche questo che ruota attorno alla Pas: ci sono le violenze sulle donne che mai come oggi fanno notizia. “Eppure dentro il Tribunale, anche per via delle procedure disgiunte tra penale e civile - prosegue Pignotti - di fronte a un bambino che rifiuta uno dei genitori si avviano indagini e si pagano consulenti per stabilire se la madre è plagiante quando invece basterebbe accertare se ci sono stati episodi di violenza tra i genitori: mi pare del tutto naturale che un minore rifiuti il genitore abusante, altro che bambino malato”. È questa l’altra faccia della Pas. Che poi fa scopa con la legge sull’affidamento condiviso che in nome di una bigenitorialità esasperata non ha contemplato la fattispecie della violenza familiare come causa di esclusione dall’affidamento dei figli. Se la violenza contro le donne si combattesse tout court la Pas sparirebbe subito, anche per decreto se necessario. E la legge 54 del 2006 sarebbe profondamente rivista.



Flavia Landolfi - Giornalista del Sole 24 ore



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