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Parole, fatti e silenzi
Conferenza disabilità: bilancio deludente, governo latitante. Vergogna!
di
Tiziana Marchi
Martedi, 06/10/2009 - Questo documento è distribuito a cura di
RINNOVAMENTO DEMOCRATICO
Movimento disabili, loro famiglie, cittadini solidali per i DIRITTI, LE
PARI OPPORTUNITA',
PER IL RINNOVAMENTO E LA DEMOCRAZIA
PREMESSA
Il nostro movimento condivide le osservazioni di Carlo Giacobini
Direttore editoriale di Superando e direttore responsabile di HandyLex che
riportiamo di seguito.
Il coordinatore del movimento piu' volte e' intervenuto con note dello
stesso tenore di quella qui riportata. Infatti, siamo convinti che solo se i
disabili si organizzano in movimento, strumento che consenta loro di
essere protagonisti e attori in prima persona del loro destino,
sollecitando le loro stesse associazioni e gli amministratori a rinnovare la
politica del welfare, abbandonando la ormai obsoleta logica risarcitoria e
pietistica per una politica dei servizi alla persona, si potranno adottare
provvedimenti in linea con i mutamenti della società contemporanea, con la
Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e
dare risposte efficaci e alle esigenze delle persone con disabilità e alle
loro famiglie.
Per questo il movimento si apre alla partecipazione attiva e solidale di
tutti i cittadini a cui rivolge un appello ad aderirvi; convinto che la
disabilità sia cosa che interessa tutti e coinvolge tutti in quanto
questione sociale.
Michele Lastilla
e-mail rinnovamentodemocratico@alice.it
***
di Carlo Giacobini*
Il rinnovamento culturale - si sa - ha i suoi tempi, ma la copertura
economica no: serve subito, dal momento che le persone con disabilità hanno
necessità ora e qui di servizi, assistenza e garanzie. Ripensando alla Terza
Conferenza Nazionale sulle Politiche della Disabilità di Torino, appare
quindi stridente il contrasto tra la celebrazione governativa (e non) dei
rinvigoriti diritti sanciti dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone
con Disabilità e la deriva dell’impegno economico a favore di queste ultime,
dei non autosufficienti e delle loro famiglie, come ben dimostra la
sostanziale scomparsa del Fondo Nazionale per le Politiche Sociali e di
quello per la Non Autosufficienza
Siamo reduci dalla Terza Conferenza Nazionale sulle Politiche per la
Disabilità di Torino (2-3 ottobre). Alla kermesse hanno partecipato, con
grande schieramento, molti rappresentanti associativi e operatori pubblici e
del privato sociale. Decisamente sottodimensionata la presenza governativa.
Oltre infatti alla costante presenza del sottosegretario Eugenia Roccella,
il ministro Maurizio Sacconi si è limitato all’invio di un "contributo
filmato", sottolineato dai fischi della platea. Altri parlamentari, di
maggioranza o di opposizione, non se ne sono visti.
La Conferenza è stata sapientemente direzionata verso la celebrazione della
nuova Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata
in Italia dalla Legge 18/09. In tal senso, nei gruppi di lavoro e nell’assemblea
plenaria sono stati evidenziati con la giusta enfasi i diritti che la
Convezione introduce (o ribadisce) e la "rivoluzione" che le nuove
disposizioni comporteranno nell’elaborazione normativa e delle politiche a
favore delle persone con disabilità.
E a dimostrazione dell’interesse del Governo per questo nuovo caposaldo
normativo, si è orgogliosamente annunciato l’imminente insediamento dell’Osservatorio
Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità, previsto
espressamente dal terzo articolo della Legge 18/09, al fine di «promuovere
la piena integrazione delle persone con disabilità in attuazione dei
princìpi sanciti dalla Convenzione [...], nonché dei princìpi indicati nella
Legge 5 febbraio 1992, n. 104».
Diritti umani, diritti civili, diritti all’inclusione nella scuola, nel
lavoro, nella società non saranno più un miraggio, ma una concretezza
esigibile per un paio di milioni di cittadini italiani con disabilità e per
le loro apprensive famiglie. O almeno questo è stato il tranquillizzante
messaggio che è passato...
Una "scomparsa per dissolvenza".
Ma mentre le parole di speranza, di incoraggiamento, di celebrazione e di
raccomandazione hanno tenuto la scena, quelle di critica e di realismo sono
passate in sordina. Le politiche attive per le persone con disabilità
necessitano anche di una copertura economica - oltre che di un rinnovamento
culturale - per traghettare il welfare da logiche pietistico-assistenziali e
"risarcitorie" a strategie che rendano esigibili i diritti soggettivi.
Il rinnovamento culturale - si sa - ha i suoi tempi. La copertura economica
no: serve subito. Le persone hanno necessità ora e qui di servizi,
assistenza, garanzie. Appare quindi stridente il contrasto fra la
celebrazione governativa (e non) di rinvigoriti diritti e la deriva dell’impegno
economico a favore delle persone con disabilità, dei non autosufficienti e
delle loro famiglie.
Le prove evidenti di questo disimpegno - a volerle vedere - sono nero su
bianco nelle Gazzette Ufficiali e nelle stesse fonti governative. Prove che,
con abilità prestidigitatoria, vengono nascoste a un grande pubblico
purtroppo sempre più distratto da escort e veline. La storia del Fondo
Nazionale per le Politiche Sociali e di quello per la Non Autosufficienza è
un macroscopico esempio di "scomparsa per dissolvenza".
Il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali
Il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali (FNPS), istituito inizialmente
dalla Legge 449/97 e ridefinito dall’articolo 20 della Legge 328/00,
dovrebbe essere la fonte nazionale di finanziamento specifico degli
interventi di assistenza alle persone e alle famiglie, così come previsto
dalla Legge Quadro di riforma dell’assistenza (la Legge 328/00, appunto). Il
Fondo, nelle intenzioni, va a finanziare un sistema articolato di Piani
Sociali Regionali e Piani Sociali di Zona che descrivono, per ciascun
territorio, una rete integrata di servizi alla persona rivolti all’inclusione
dei soggetti in difficoltà o comunque all’innalzamento del livello di
qualità della vita. Questo significa che gran parte del Fondo dovrebbe
essere destinato alle Regioni che a loro volta lo direzionano agli Enti
Locali o agli stessi Comuni per attività reali di sostegno alle persone. Fra
il 2000 e il 2006 gli stanziamenti sono rimasti sostanzialmente stabilizzati
attorno ai 1.600 milioni di euro.
In realtà, una buona metà del fondo se ne va all'INPS «per il finanziamento
degli interventi costituenti diritti soggettivi» e cioè per permessi
lavorativi (articolo 33 della Legge 104/92), per assegni di maternità,
assegni al nucleo familiare, indennità a favore dei lavoratori affetti da
talassemia major ecc. Solo la metà viene trasferita alle Regioni e ai Comuni
per interventi diretti in ambito sociale (non solo destinati alle persone
con disabilità).
Nel 2008 lo stanziamento scende, per la prima volta, sotto i 1.500 milioni
di euro (fonte: Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche
Sociali). Ma la vera sorpresa è per il 2009, 2010 e 2011: il Fondo ha una
decisa retrazione (fonte: Legge 203/08, Gazzetta Ufficiale, Supplemento
ordinario 285/L, pagina 54). Nel 2009 sono stanziati 1.355 milioni, che
diventano 1.070 per il 2010 e solo 960 nel 2011. Nel 2010 ci saranno quindi,
rispetto al 2007, circa 700 milioni di meno. Tenuto conto che circa 750
milioni andranno all’INPS per le spese di cui abbiamo parlato, è evidente
quanto rimane per le politiche attive previste dal Fondo e destinate agli
Enti Locali e alle Regioni. Questi sono dati certi che trovano testimonianza
in documenti ufficiali. Ma non è finita!
Il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali è una di quelle voci di spesa
contemplate nel Bilancio dello Stato la cui quantificazione è demandata
annualmente alla Legge Finanziaria. Si tratta di voci riassunte nella
Tabella C delle disposizioni per la formazione annuale e pluriennale dello
Stato. Recentemente il ministro Tremonti ha più volte affermato che alcune
discusse operazioni di "drenaggio fiscale" ("scudo fiscale" e tassazione dei
depositi aurei delle aziende) forniranno risorse in più per le famiglie e
per le imprese. In realtà non è così, o almeno non è questo che le norme
approvate dal Parlamento prevedono. L’articolo 14 della Legge 102/09
consente infatti al Ministero dell’Economia di ridurre alcuni stanziamenti
della Tabella C (fra cui quelli relativi al Fondo), nel caso lo Stato non
riesca ad ottenere il gettito previsto dalla tassazione sulle plusvalenze su
oro non industriale di società ed enti. Quindi la realtà è che se il
"drenaggio fiscale" non doves se funzionare come auspicato, le risorse per
il sostegno alle imprese e soprattutto alle famiglie diminuiranno
ulteriormente. Il che è significativamente diverso da quanto affermato dal
ministro dell'Economia.
Il Fondo per le Non Autosufficienze.
Il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali, come già detto, non si occupa
solamente delle persone con disabilità. In alcuni casi, infatti, le risorse
sono state considerate senza vincolo di destinazione (ad esempio si è usato
il Fondo per fronteggiare l’emergenza - o almeno così era stata
considerata - della cosiddetta "mucca pazza"). Nel 2006, quindi, si pensa di
fronteggiare l’emergenza - stavolta vera e concreta - delle persone non
autosufficienti, vale a dire quella dei cittadini disabili con maggiore, e
spesso drammatico, carico assistenziale. Si istituisce perciò uno specifico
Fondo per le Non Autosufficienze (articolo 1, comma 1264, della Legge
296/06), subito contestato per l’incongruità della copertura finanziaria
rispetto alle esigenze che dovrebbe affrontare.
Al Fondo viene assegnata la somma di 100 milioni di euro per l’anno 2007 e
di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009. L’articolo 2,
comma 465 della Legge 244/07 ha incrementato il Fondo di 100 milioni di euro
per l’anno 2008 e di 200 milioni per l’anno 2009. Pertanto: 100 milioni per
il 2007, 300 milioni per il 2008, 400 milioni per il 2009.
Altra amara sorpresa: per il 2010 e gli anni a venire la voce Fondo per le
Non Autosufficienze non compare più nei bilanci di previsione. Non se ne
trova traccia nella Finanziaria del 2010 appena approvata. In sostanza, il
Fondo per le Non Autosufficienze non esiste più.
Quando dunque si tratta di ratificare la Convenzione, l’attenzione è massima
e lo è pure se si devono costituire tavoli e osservatori. Essa difetta però,
se quei diritti bisogna pure sostenerli concretamente con la carta
filigranata.
Scuse infondate
Di fronte a questa innegabile e ingiustificabile retrazione della spesa, le
"scuse" rimangono accettabili fintanto che qualcuno non ne fa notare l’insostenibilità.
- Il Fondo per le Non Autosufficienze era stato previsto dalla legge solo
per tre anni: falso! La norma istitutiva non indica nessuna sperimentalità
del Fondo e nessun limite temporale. Come di prassi per qualsiasi altro
Fondo, provvede allo stanziamento nei primi tre anni, rimandando alla
volontà politica successiva gli ulteriori stanziamenti. No: la cessazione di
questo Fondo è una scelta politica, non dettata da vincoli normativi, su
cui, per altro, il Parlamento ha potere di modifica.
- Il Governo ha previsto altre forme di sostegno alla non autosufficienza:
fuorviante! In realtà esiste un Fondo strategico per il Paese a sostegno
dell’economia reale, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei
Ministri con il Decreto Legge n. 185 del 29 novembre 2008 (articolo 18,
comma 1, lettera b-bis), convertito, con modificazioni, dalla Legge 2/09. L’articolo
22-ter della Legge 102/99 prevede poi che quel Fondo sia incrementato di 120
milioni di euro nell’anno 2010 e di 242 milioni di euro annui a decorrere
dall’anno 2011, per interventi dedicati a politiche sociali e familiari, con
particolare attenzione alla non autosufficienza. Quali siano però i criteri
e le modalità, quanto vada alla non autosufficienza e quanto al resto, lo
stabilirà non il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche
Sociali, ma la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
E in ogni caso c’è una bella differenza tra i già insufficienti 400 milioni
destinati alla non autosufficienza e una "parte incognita" di 120 milioni
accantonati in un Fondo che nulla ha a che vedere con i problemi reali e
drammatici delle famiglie in cui è presente una persona con disabilità
grave.
- Non bisogna guardare a questi tagli, che hanno un'importanza relativa, ma
al modo in cui viene gestito il Fondo Sanitario Nazionale, laddove occorre
razionalizzare e recuperare in efficienza, con eccellenze qualificate negli
ospedali per il trattamento delle fasi acute e presa in carico della persona
a livello territoriali con servizi decentrati: discutibile. Molto. Si torna
alla sanitarizzazione di un bisogno che non ha prevalenza sanitaria, con i
rischi che le varie necessità della persona non vengano affatto affrontate
nel loro contesto, ma in realtà ospedalizzate. Ancora una volta si "crede" a
un Servizio Sanitario Nazionale, ma non a un Servizio Sociale Nazionale.
Ed è vieppiù un'affermazione ben dura da sostenere nel momento attuale: i
commissariamenti e i piani di rientro delle Regioni tagliano orizzontalmente
e senza alcuna valutazione di merito l’assistenza socio-sanitaria alle
persone con disabilità, specie a quelle più gravi (dal 10 al 30%).
Le risorse.
Alla fine la risposta più sconsolata è: «mancano le risorse». Viene cioè
evocata quella stessa crisi di cui non si può più parlare, pena essere
tacciati di "disfattismo" o di "anti-italianità".
In un momento difficile per il Paese, ad essere in maggiore difficoltà sono
le famiglie che sono sempre più impoverite (fonte: La povertà in Italia nel
2008, Istat, 2009), anche dalle spese assistenziali di cui devono farsi
carico. Non ci si indebita solo per comprarsi la TV al plasma o per andare
in vacanza in Paesi esotici o per impossessarsi dell’ultimo modello di auto
(pur eco-rottamo-incentivata). Sono molte, moltissime, le famiglie che si
indebitano o rinunciano a tutto, per pagare l'assistenza ai propri
familiari, per compartecipare alla spesa, per pagare e regolarizzare le
badanti e tanto altro.
La vecchia scusa delle risorse è dunque insostenibile, soprattutto da parte
di chi evoca le salvifiche proprietà della "finanza creativa". Ma come? L’INPS
ha testé dichiarato che grazie al contrasto dei "falsi invalidi" si
recupereranno, a regime, 100 milioni di euro all'anno. Vogliamo restituirli,
per contrappasso, ai veri invalidi?
Oppure l’azione, condivisibile nei fini, promossa dal ministro Brunetta
contro le elusioni in materia di permessi lavorativi, produrrà un risparmio
per l’Erario. Vogliamo restituirlo a chi ne ha davvero bisogno?
E che dire dell’otto per mille? Se il Governo decidesse di destinare la
propria parte alla non autosufficienza (pubblicizzando questa decisione),
troverebbe molte più firme di contribuenti nel quadratino riservato allo
Stato. Ne saremmo tutti, a parte la Chiesa Cattolica, ben lieti.
Ma al di là di queste soluzioni tampone, un’emergenza come quella del carico
assistenziale (al 90% sulle famiglie) della non autosufficienza merita di
essere trattata come tale ed essere concretamente affrontata. Con le
chiacchiere non si arriva da nessuna parte, ma con il silenzio ci si ferma
ancora prima.
*Direttore editoriale di Superando e direttore responsabile di HandyLex.org
e «HandyLexPress».
Diffuso da
RINNOVAMENTO DEMOCRATICO
Movimento disabili, loro famiglie, cittadini solidali per i DIRITTI, LE
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