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Parole di musica

Parole di musica

Ida Travi - “Assomiglia alla ciliegia la sua lingua”

Benassi Luca Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2007

Ida Travi è una poetessa attiva nel campo della ricerca letteraria, teatrale e poetica. Tra le raccolte di poesie vanno ricordate L’abitazione del secolo (1990), Regni (1991), Il distacco (1994). Tra i saggi L’aspetto orale della poesia (2000), Selezione Premio Viareggio 2001. Ha scritto anche per il cinema, la musica e il teatro, l’ultima pubblicazione in questo campo è l’atto tragico Diotima e la suonatrice di flauto (2004). Tra le opere messe in scena con la sua regia, ricordiamo Il solitario (Teatro Camploy, Verona 2001) e Canto del moribondo e del neonato (Teatro Romano, Verona 2003). Si tratta quindi di una voce multiforme, attiva attraverso percorsi di ricerca capaci di creare connessioni, cortocircuiti, suggestioni, contaminando generi e forme artistiche diverse come la musica, il teatro e la poesia. È una ricerca, condotta anche attraverso l’attività critica e la saggistica, che mira ad una letteratura il più possibile diretta, orale nel senso di una capacità rappresentativa e performativa del gesto poetico, vicina all’orecchio di chi ascolta e (ancora) si emoziona per le fascinazioni del verso, per la lingua che si fa musica e si avvicina al cuore.
In questo contesto Ida Travi pubblica La corsa dei fuochi - poesie per la musica (Moretti&Vitali, 2006), opera doppia che al libro abbina un cd dove alcuni testi, in parte recitati dalla stessa poetessa, sono musicati da Andrea Mannucci con la voce cantante di Patrizia Simone. È un’operazione, questa, fuori dal comune, che mira a spostare l’attenzione del lettore, di solito abituato ad una fruizione cartacea e silenziosa della parola, all’aspetto vocale del testo e alla sua capacità di interagire con l’elemento musicale. Queste poesie infatti nascono per essere ascoltate insieme all’elemento sonoro: una musica che ne esalti i valori fonici, che vesta questa parola originaria e viva, tesa a raggiungere quel luogo misterioso e sconosciuto dove significato e suono sono la stessa cosa. Ida Travi ci fa immergere negli elementi primi: l’acqua, il cielo, le nuvole che corrono veloci, gli alberi e i canneti, il fiume, il ruscello e il mare. L’uomo appare quasi nascosto, con le sue campane e il vociare dei bambini che appena incidono i silenzi della campagna. È una corsa verso la verità e l’origine dell’esistenza, dove vivi e morti si parlano attraverso segni e gesti silenziosi, attraverso porte e finestre spalancate all’azzurro del cielo. La lingua è netta, semplice, lavora sul ritmo e sulle anafore, si fa fruscio, suono, esalta la pausa ed il respiro, esplora i terreni sonori dell’inconscio che precedono il linguaggio. I testi si dispongono in strofe dai versi lunghi oppure dagli endecasillabi ritmati, la poesia si prepara ad accogliere la musica. E allora la musica di Mannucci si adagia su questa architettura, a volte piegandosi sugli accenti tonici e sul ritmo del verso creando suggestioni quasi rinascimentali, a volte sviluppandosi in percorsi nuovi e inediti, allungando le parole, isolandole e accentuandone il valore semantico, affascinando l’orecchio con contrappunti e rifrazioni sonore. La ricerca di Ida Travi ci ha dato un’opera rara e preziosa, una poesia che finalmente si fa ascoltare riportandoci alle origini dove lirica era parola e musica insieme, regalandoci un senso dell’oralità che sembrava irrimediabilmente perduto.





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(l’albero)

L’albero abbraccia il viso con bende verdi
si alza in cammino scende fino al mare
porta con sé l’antico seduto dentro
e nel vento lo scuote, come se fosse un tronco
un animale

Questo può l’albero nel suo silenzio: spezza le ossa
dei vivi finché non cominciano a germogliare
una natura potente alleva il piccolo mondo intero

E tutto s’inonda il mare, verde
verde, nel tempestoso mattino.


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(l’azzurro)

L’azzurro è entrato nella casa vuota
sollevando la polvere dei morti
nel silenzio risiede una famiglia intera

Sono venuti da molto lontano, hanno steso lenzuola
hanno avvolto i loro bambini

Quando la voce avrà emesso il suo decreto, tutti
se ne andranno via e il posto tornerà deserto

Ascolta. È una pietà che parla, l’autorità di quella madre
Supera ogni legge scritta.


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(assomiglia)

Assomiglia alla ciliegia la sua lingua, la sua testa
che avvampa nella neve. Se ognuno la sua ombra
va cercando, prende il volo, prende il volo

Siamo all’insegna dei vivi, batti il costato
se l’hai lasciato solo, se il bacio scioglie o sposa

Tu guarda se nella memoria, se porti il bicchiere alla bocca
tu guarda se l’acqua richiama, una figura d’uomo
d’uomo

Viene, solleva il manto. Toglie di mezzo il sasso
mentre nel volo scuro spariscono voci, piano, spariscono voci
nel volo scuro tu vieni e sollevi il manto.


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(sul sentiero)

Sul sentiero della notte una figura sale
Sotto il peso delle stelle, segue il suo passo un altro,
un altro ancora, un esercito assonnato, o muro d’ombre,
lascia l’inabitabile, zona sconsacrata

Dal colle immobile una lunga schiera
guarda dormire il mare senza barche
nessuna luce, nessuna luccicanza
tranne l’insegna antica

Tutto d’intorno è pace: una mela per terra,
un coltellino, un po’ più in là un boato.


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(la terra) (coro)

La terra è inferocita, non parla più
alla stirpe millenaria

Un uomo sta lì davanti al mare
e il mare gli dà un pugno nello stomaco

(Non tenete la penna in mano quando usate la vanga
così fate solo spavento)

Proprio ad altezza d’uomo, proprio all’altezza
dell’uomo – quand’è piegato – c’è il punto di vista della croce.

(15 maggio 2007)

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