Futura.4 / pensieri, esperienze, tecniche - La testimonianza di Nelsa Nespolo (Brasile): economia sociale e solidale uguale dignità
Bartolini Tiziana Mercoledi, 19/09/2012 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2012
E' stata la promotrice a Porto Alegre del primo incontro delle donne che lavorano nell’economia sociale e solidale, è direttrice della Segreteria della piccola e media impresa e dell’Economia Sociale e Solidale (ESS) dello Stato di Rio Grande Do Sul (parte integrante del Direttivo di UNISOL Brasil, la seconda più grande centrale di cooperative del Brasile), è l’ideatrice della catena del PET (riciclaggio bottiglie di plastica). Tutto questo e ancora di più: Nelsa Nespolo è anche la coordinatrice della cooperativa di Justa Trama, una marca della Catena ecologica del cotone solidale, che copre tutta la filiera del tessile dalla semina del cotone al capo finito. L’abbiamo incontrata a Firenze (Terra Futura, 25/27 maggio 2012) per il dibattito su “Economia sociale e solidale: nord e sud a confronto. Risposta alla crisi o modello di sviluppo alternativo?” organizzato dal Cospe (in collaborazione con Solidarius Italia, RIPESS e Unisol), occasione per “tornare a mettere al centro delle agende politiche, economiche e mediatiche il dibattito sulle potenzialità e criticità dell’Economia Sociale e Solidale (ESS), che oggi coinvolge in tutto il mondo un miliardo di persone, cioè quasi il 15% della popolazione mondiale”. Non inganni l’aspetto semplice e l’eloquio pacato: Nespolo è una donna determinata e forte della capacità di tenere alto lo sguardo. Il suo modello economico di riferimento è quello del “fair chain”, secondo cui i lavoratori hanno maggiore libertà di gestione dei mezzi di approvvigionamento, delle materie prime e del proprio lavoro. Un’autodeterminazione che contrasta in un contesto economico mondiale rapace e egoistico... Nelsa, parlando di economia, se dico io e noi, cosa ti viene in mente? “Esiste soltanto un noi perché esistono soltanto gli individui che compongono questo noi e non c’è cambiamento se non cambiano le singole persone, che si possono contagiare e creare modificazioni all’interno del noi”. Il modello consumistico dominante, seppure in crisi, è radicato. Come cambiarlo? “Credo che siano due gli aspetti da riprendere: uno è economico e l’altro è l’atteggiamento della politica. Tutto quello che è avvenuto non può essere attribuito solo all’economia, se non altro perché la politica non ha voluto o potuto controllare e ha demandato alla finanza alcune decisioni. L’economia sociale e solidale si pone quale esempio di come può avvenire un’altra forma di economia basata sulle cooperative, sulle associazioni e sulla giusta distribuzione delle risorse. La differenza con il sistema capitalistico è profonda. Attenzione, però, non parliamo di un’economia di poveri per i poveri. A partire dall’innovazione tecnologica, facciamo in modo che si avvii una trasformazione della società e dell’economia stessa. La tecnologia è vista come un elemento utile a valorizzare la persona e anche l’ambiente. Poiché sono le persone che distruggono l’ambiente, se si lavora contemporaneamente su questi due fronti si riesce a riscattare tanto le persone quanto l’ambiente in cui vivono”. In questo progetto alternativo che chiama in causa lavoro e relazioni, qual è il posto delle donne? “Le donne hanno una visione molto più completa rispetto agli uomini perché riescono a vedere simultaneamente i vari aspetti dei processi e delle cose, intuiscono le connessioni possibili. Anche per lo sviluppo locale hanno capacità di tenere insieme persone e ambiente, il risultato è uno sviluppo più equilibrato e maggiori possibilità di pensare ad un benessere. Quindi la presenza delle donne è fondamentale per realizzare un’altra economia”. Queste affermazioni chiamano in causa la politica, anche nella sua massima espressione, considerato che in Brasile Dilma Rousseff, una donna, è a capo della nazionale. “Abbiamo un grande orgoglio per la Presidente e per la sua storia: per noi è un modello. Ci sentiamo parte integrante di un grande processo, che non pensiamo come assistenziale ma di coinvolgimento delle persone, sempre al centro del dibattito. L’obiettivo è, attraverso l’inclusione e la partecipazione, quello di superare gli squilibri esistenti”. Sguardo lungo, dicevamo, dunque come immagina il futuro una donna così? “Il sogno che abbiamo è di un mondo più equilibrato dove la distribuzione dei redditi sia più uniforme e l’ambiente più tutelato. Per fare in modo che ciò avvenga è importante continuare a parlarne, perché solo attraverso il contagio delle persone sarà possibile costruire un mondo più egualitario attraverso politiche pubbliche adeguate a organizzare i lavoratori in questa ottica di condivisione. Tutto sarà più facile se riusciremo a contagiare soprattutto le donne, che sanno essere dure quando serve o emotive quando necessario”. Perché usi tanto la parola equilibrio? “Occorre puntare su una distribuzione più equilibrata delle risorse perché solo così si può costruire un mondo più giusto, perché l’ingiustizia più grande è che le risorse e le ricchezze sono concentrate nelle mani di pochi”.
La traduzione dell’intervista è stata gentilmente curata da Eleonora Migno, Responsabile America Latina COSPE
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