Caterina Davinio - Testi attenti al suono minimo del fonema, del segno, al valore del respiro della virgola
Benassi Luca Giovedi, 29/03/2012 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2012
L’amore e il suo corpo che si fanno parola viva, e in questo frantumano il linguaggio come una mano che stringa troppo forte un calice di cristallo. Ecco cosa sono queste “fenomenologie seriali” di Canterina Davinio (Campanotto editore, Udine 2010), un continuo osare sulla tenuta della lingua, facendone scricchiolare le giunture della sintassi, dilatandone a dismisura tempi e possibilità. Francesco Muzzioli, in una delle due note critiche che chiudono il volume (l’altra è del traduttore in lingua inglese David Seaman), nota come il termine “fenomenologie” rimandi al fenomeno come “tempo esteso, assoluto” dove “ogni istante di pienezza costituisce un tempo completo e fuori dal computo.” Non è un caso, osserva Muzzioli, che l’imperfetto sia il tempo di verbale di questa poesia, stretta e compressa fra la realtà e il suo dilatarsi dentro la cronologia biologica e psichica dell’autrice - il titolo della seconda sezione è “squeeze”: stringere, strizzare, comprimere - dove “tutto è […] già accaduto, eppure non è inquadrabile in una posizione cronologica precisa e isolata; l’imperfetto conferisce al fenomeno una strana durata, lo rende in qualche modo un avvenimento onirico.” Vi è in questa poesia una dimensione rarefatta, postuma, discontinua rispetto a un vissuto che solo a tratti riesce ad emergere dalle ferite intagliate nella parola poetica. Le numerose occorrenze di verbi come “strappare”, “lacerare”, “tagliare”, sono indicative di questa funzione eversiva, decostruttiva, e allo stesso tempo trasognata e surreale, di una ricerca che fonda le radici nelle esperienze delle avanguardie. La lirica amorosa, alla base della nostra tradizione letteraria, il dialogo esclusivo con un “tu”, a volte costitutivo di un singolo verso, vengono scheggiati, frantumati, fino a rendere questa poesia un agglutinarsi di frammenti sintattici sempre vicini al crinale della rottura, senza mai valicarlo. Sono testi rastremati, attenti al suono minimo del fonema, del segno, al valore del respiro della virgola. Poesia minima ma non minimalista, che ingloba i segni e le abbreviazioni proprie della comunicazione di internet e delle chat, da sempre territorio di ricerca multimediale della poetessa, nella quale il linguaggio si abbrevia per farsi grido, passione, desiderio, abbandono, respiro, ricerca della logica dell’essenziale. Questa essenza è fatta degli elementi primi, dell’aria, dell’acqua, della pietra, del metallo, che scandiscono il tempo dell’esistere, come apici, come chiodi piantati “nell’anima cristallina/ come un diamante freddo/ che canta,/ voce d’allodola, grido di bambina.”
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