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Parlano le lavoratrici in lotta

Parlano le lavoratrici in lotta

Reggio Emilia: la GFE ditta di facchinaggio da sette mesi nega il contratto di lavoro, se ne parla molto sia in tv che sui giornali, ma sulle donne "facchine"silenzio totale. Un comunicato per dare a loro voce e visibilità

Giovedi, 30/06/2011 - GFE/SNATT: Parlano le donne

Dalle immagini che ci arrivano quasi quotidianamente, attraverso la stampa e TV locali, escono raramente volti di donne, lavoratrici della GFE.

Partecipando al presidio che da Martedì 21 Giugno si sta effettuando dentro e davanti Palazzo Allende – sede della provincia -, abbiamo visto oltre alla loro portavoce Goghi, Fatima, Maria, Sukhraj, Ranjit, Sonia, Jasveer e altre; sono Indiane, Marocchine, Nigeriane, del Ghana, dell' Albania, Russe,Italiane,Tunisine....60 circa su 185.

Hanno raccontato, la fatica grande nell' aver dovuto lasciare i loro Paesi di origine alla ricerca di un lavoro e di un cambiamento positivo per la loro vita, per quella delle loro figlie, figli.

A questa fatica si è aggiunta quella di entrare in un settore lavorativo storicamente svolto da uomini – il settore facchinaggio – dove “sballottare” pacchi da 40/50 chili, è mansione quotidiana.

Un lavoro che, comunque, rappresenta per loro l'affermazione di un percorso di emancipazione a partire dal bisogno.

Molte di loro hanno figli, famiglie di cui prendersi cura e da ben 7 mesi, oltre all'angoscia e all'insicurezza della perdita del lavoro in cui la Snatt le ha costrette non rispettando il contratto sottoscritto mesi fa, devono sostenere la lotta con disagi non indifferenti.

Non se l'aspettavano che richiedere un lavoro dignitoso, un minimo di diritti -perchè di questo si tratta – avrebbe comportato la messa in discussione del loro rapporto lavorativo e di dover provare sulla pelle, nei loro sentimenti, la più grande delle umiliazioni: “ o lavori ai limiti della sussistenza, ti accontenti, o ti sostituisco con altre braccia pronte e alle mie condizioni” Questa è stata la linea di Snatt ed è evidente che per difendere la dignità, il voler continuare ad essere” persona”, non era possibile accettare. Ma il bisogno crea anche contraddizioni e divisioni, queste lavoratrici raccontano di aver visto entrare:amiche, parenti a capo chino mentre loro presidiavano l'azienda; con molte/i di loro avevano condiviso le stesse mansioni, lo stesso tavolo di lavoro......fino a qualche settimana prima.

Sedute sotto il portico della Ghiara, presidiano un luogo che non gli è avverso “tengono la posizione”, perchè era il luogo dove l'azienda doveva incontrarsi con le parti sociali, i soggetti interessati, loro c'erano la controparte no. A loro come donne, spetta - per sostenere il presidio che davanti alla Snatt è durato dei mesi -, il dove collocare le bimbe i bimbi piccoli.....a volte ci pensa la vicina di casa, a volte ci si turna con una collega, insomma una grande preoccupazione per non parlare dei conflitti che tale situazione genera tra famigliari, insomma si ha una gran voglia di tornare alla normalità.

Chiamiamo alla solidarietà attiva le donne reggiane che si sono battute in difesa del lavoro e delle conquiste ottenute nel corso di decenni. Queste donne, questi uomini ci hanno portato il mondo in casa, devono farci ricordare che Reggio Emilia aveva nel suo DNA una grande vocazione Internazionalista, non dimentichiamolo.

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