Sabato, 05/05/2012 - La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea in generale garantisce i diritti civili economici e sociali delle persone e dei lavoratori, inclusi i lavoratori/cittadini extracomunitari autorizzati a lavorare negli Stati membri. Rispetto alla cittadinanza europea opera, però, una distinzione che è di fatto discriminatoria nei confronti dei cittadini dei paesi terzi che pure risiedono, lavorano e pagano contributi e tasse nei nostri paesi. Infatti la cittadinanza europea è garantita solo ai cittadini dei paesi membri nei quali vigono regole diverse di acquisizione della cittadinanza nazionale- jus sanguinis, jus soli, criteri e tempi diversi di residenza legale.
La subordinazione della cittadinanza europea al possesso della cittadinanza nazionale comporta non solo situazioni molto difformi da un paese membro a un altro, ma soprattutto l’esclusione dei cittadini non comunitari legalmente residenti nei paesi UE e dei loro famigliari dal godimento di alcuni diritti. Comporta, infatti, l’esclusione dal diritto di voto e eleggibilità nel Parlamento Europeo e dal diritto di voto e eleggibilità nelle elezioni comunali in qualsiasi Stato membro di residenza ed anche forti limitazioni e condizioni restrittive nel diritto alla libertà di circolazione all’interno del territorio dell’UE.
L’istituzione della cittadinanza europea di residenza può correggere queste discriminazioni di cui soffrono i cittadini non comunitari e i loro famigliari legalmente residenti nei paesi UE e uniformare le condizioni di godimento dei diritti che ne conseguono.
Poiché c’è stata una lunga ostinata e perdurante opposizione, specie da parte di alcuni governi membri, all’istituzione di una cittadinanza europea non subordinata al possesso della cittadinanza nazionale, è necessario che l’iniziativa venga dal basso, da parte delle organizzazioni della società civile e dei cittadini.
A norma del Trattato di Lisbona (art.11.4) e del successivo Regolamento del PE e del Consiglio ( 211/2011) i cittadini europei hanno la facoltà di prendere l’iniziativa, invitando la Commissione Europea a presentare una proposta di legge su materie che ritengono necessarie e, dunque, anche in merito alla cittadinanza di residenza. L’iniziativa dal basso deve ricevere il sostegno di almeno un milione di cittadini europei e, cioè , si può concretizzare in una proposta di legge da presentare alla Commissione Europea mediante la raccolta in almeno sette Stati membri di un totale di un milione di firme.
La rete di organizzazioni e associazioni “Per un’altra Europa” ha già messo in cantiere la campagna per la raccolta di firme e la presentazione di una proposta di legge per l’istituzione della cittadinanza europea di residenza (insieme ad altre campagne, quali quella sul reddito minimo garantito, sull’acqua come diritto umano , sulla Tobin tax e la carbon tax).
Le reti nazionali ed europee di donne e anche le organizzazioni di immigrati/e ( benché questi ultimi non possano partecipare direttamente attraverso la firma all’iniziativa dei cittadini europei) possono mobilitarsi insieme e in sinergia con la rete “Per un’altra Europa”. In questo senso è necessario lavorare da subito , anche insieme con i parlamentari europei e nazionali disponibili, per dar vita al Comitato e al dibattito sul testo di proposta su cui raccogliere le firme.
Lascia un Commento