Le medaglie e le parole di alcune 'medagliate' rappresentano lo spirito di tutte le atlete partecipanti ai Giochi paralimpici 2024, capaci di non arrendersi
Mercoledi, 11/09/2024 - Il femminile di giornata / ventiquattro. Paralimpiadi di Parigi: un’ esplosione di vitalità
Quattro anni fa a Tokyo in piena esplosione della pandemia da Covid, il silenzio e la solitudine avevano avvolto anche le Paralimpiadi dando la sensazione, in qualche modo, che l’handicap degli atleti e delle atlete avesse la supremazia sulla vitalità dell’evento olimpico. Ma a Parigi, in questo 2024, vitalità, gioia, festa, autoironia hanno preso il sopravvento su tutto, divenendo esplosive e capaci di contaminare chiunque, come noi, ci si sia dedicato.
Naturalmente anche le medaglie ne hanno risentito e per l’Italia sono aumentate arrivando a 71, due in più della precedente edizione. E ancora una volta è alle donne, alle atlete nello specifico, che qui ci dedichiamo.
Da Parigi giungono storie di successo, capaci di coinvolgere, generare ottimismo, positività e rappresentare esempi da emulare come in poche occasioni, anche per tante altre vite in difficoltà.
Ed eccola allora Bebe Vio, la più iconica delle atlete delle Paralimpiadi, presentatasi per l’occasione con il suo “nuovo” cognome: Bebe Vio Grandis, avendo aggiunto quello della sua mamma che, seppur con notevoli fatiche burocratiche, ha rappresentato nuova e ulteriore medaglia alla sua personalità. Un cognome che, casualità o allegria del destino nel nostro caso, sottende in quel Grandis la grandezza di Bebe.
Lei che dopo due Ori al fioretto nelle due olimpiadi precedenti, a Parigi ha “solo” vinto un bronzo riuscendo a condirlo di ironia, allegria, classe e stile, insegnandoci che “non bisogna mai scusarsi di una medaglia“ e che quel bronzo è stupendo. Bebe ci ha portato, con una saggezza allegra, a riflessioni sull’accettazione della sconfitta che richiamano simbolicamente come l’accettazione dell’handicap possa generare un’energia e una capacità di successi altrimenti inspiegabili.
Perché tanto spazio a Bebe? Perché è lei che come nessuna ha regalato in questi anni a tante altre e altri con la sua energia, vitalità, forza, direi un rispetto, una normalità, proprio dell’handicap, senza precedenti.
Altre atlete di cui, guardando a Parigi, non possiamo fare a meno di raccontare sono alcune che, con le loro medaglie rappresentano simbolicamente tante altre, possiamo dire, forse, tutte le atlete medagliate e no. Loro ci coinvolgono nel gioire ed imparare a riflettere dalla loro caparbietà nel competere ad armi impari.
E allora eccola Martina Caironi che ha vinto l’oro nei 100 metri, quella gara che in atletica leggera viene considera iconica e simbolica. La gara regina in termini assoluti della sfida umana con la velocità, forse col vento e con le forze della natura, mi viene da pensare. Martina ha vinto un oro che a Tokyo fu argento e si unì all’oro e bronzo che rese Italiano tutto il podio. Anche questa volta con lei a correre c’erano quelle d’allora: Ambra Sabatini che proprio a Tokyo fu oro e Monica Contraffatto che fu bronzo e bronzo a pari merito con un'altra atleta è stata ancora una volta. Ma la corsa di questo 2024 ha, però, incontrato un inciampo che ha fatto notizia: Ambra e Monica sono cadute quando sembravano sul punto di arrivare insieme tutte e tre come 4 anni prima; ma anche qui: eccolo il particolare che insegna e ci regala preziosi insegnamenti. Dopo il dispiacere, ovvio e comprensibili, le tre atlete che, fuori gara sono amiche e solidali, rimandano un pensiero ancora una volta positivo. Martina ha vinto e con Monica, che comunque il bronzo lo ha avuto, per età si considerano alla loro ultima competizione olimpica e così entrambe pensando di passare il testimone ad Ambra ancora giovanissima si considerano soddisfatte. Ambra, la speranza, nota anche per le favole che partendo dalla sua gamba artificiale, divenuta, nelle storie quella di un robot, ha saputo raccontare a dei bambini, affascinandoli a tal punto, da incontrarla e dirle: ”la voglio anche io quella gamba“.
Favole e meraviglie che queste atlete raccontano con la sfida che lanciano a se stesse, ma anche a tutte noi, pensando come ha ben sintetizzato Carlotta Gigli dicendo: “La disabilità è solo un elemento del corpo“ . Lei, nuotatrice da 5 medaglie di cui 2 d’oro a Parigi come a Tokyo, e non a caso definita ”Wonder”. Pur non parlando di tante altre atlete, una più importante dell’altra, non è possibile però non citare ancora Assunta Legnante, capitana della nazionale azzurra che nella finale del lancio del disco torna a infrangere la barriera dei 38 metri salendo sul podio della medaglia d’argento ripetendo il risultato di Tokyo, ma vincendo poi l’oro nel getto del peso indossando una mascherina con disegnati gli occhi della Gioconda, una mascherina disegnata per un progetto dell’accademia delle belle arti di Bologna. Assunta Legnante che sottolinea come lanciare da non vedente sia davvero complicato perché non si hanno punti di riferimento. Una sottolineatura che va però sotto braccio all’essere l’azzurra Assunta Legnante la più medagliata nell’atletica e famosa per gareggiare da sempre con la mascherina che copre occhi, che portano tutte/ i non vedenti, ma per lei sempre disegnata, colorata e richiamante luoghi o situazioni, panorami, disegni ambienti.
Tante altre sono le atlete di cui, pur non ricordandole qui specificatamente, è importante continuare a seguire le imprese, le sfide. E’ interessante conoscerle e riflettere su quanti messaggi di coraggio ed esempi di forza mostrano su cui riflettere adattandoli anche alle nostre stesse vite di cui, noi abili o fisicamente normodotati, spesso ignoriamo le possibilità e le capacità che potremmo esprimere al meglio, superando la pigrizia, per la facilità e immediatezza con cui il nostro corpo risponde alle “richieste, domande, collaborazioni” che gli sottoponiamo.
Grazie ragazze a tutte voi e anche ai vostri compagni con cui date vita a questa avventura che sono le Paralimpiadi che innanzitutto rappresentano una spinta a farcela una speranza, un esempio, un traguardo possibile per tante altre e altri giovanicon disabilità che ancora non hanno trovato la forza, la ragione per reagire.
Paola Ortensi
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