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Papa Francesco e la tenerezza al potere

Papa Francesco e la tenerezza al potere

La Chiesa nuova di Bergoglio - Conviene non farsi sedurre dal carisma e misurare Bergoglio sui risultati concreti del suo difficile cammino per la conciliazione della tradizione con il cambiamento

Stefania Friggeri Sabato, 27/04/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2013

Ancora una volta assistiamo al fenomeno sociale definito “culto della personalità”, un’inconscia e profonda mancanza di autostima che ci porta a rifiutare le nostre responsabilità e ad affidare le speranze ad un personaggio carismatico: sedotti, gratificati da una nuova identità militante, eleggiamo a nostra guida chi ha saputo toglierci dall’abulia, da un atteggiamento rinunciatario o fatalistico. Mentre invece l’impulso che viene dall’alto diventa fruttifero, introduce un cambiamento nel modo di sentire e di pensare quando è preparato prima, e sostenuto dopo, dalla “cultura” espressa a livello di base. Certo i primi atti e le prime parole di papa Francesco hanno introdotto nella Chiesa cattolica uno stile ed un clima che giustifica la speranza di rinnovamento: a parte la rinuncia alla pompa nel vestire (vedi la riconoscenza degli animalisti) Bergoglio auspica l’ “avvento” di una Chiesa che diffonde nel sociale un modello di vita fondato sulla tenerezza, il sentire utopico già auspicato dal conterraneo Che Guevara (“bisogna essere duri senza mai perdere la tenerezza”). Il messaggio della tenerezza infatti promuove una rivoluzione morale perché la tenerezza è un sentimento capace di terremotare i rapporti umani: guardare all’altro con “simpatia”, cercando di capirlo nel profondo, oltre i ruoli e la superficie, attraverso un ascolto libero da pre-giudizi e disinteressato. Inoltre, per restituire credibilità alla Chiesa infangata dagli scandali e sfigurata dalla passione mondana del potere, Bergoglio ha scelto il nome del poverello di Assisi lanciando il messaggio di “una Chiesa povera per i poveri”. E in questa luce è stato letto ed apprezzato il suo stile sobrio e gesti, quale l’aver pagato il conto in albergo, che lo sottraggono alla pompa della Chiesa trionfante e lo incorniciano nella quotidianità e nella normalità di un semplice cristiano. Recuperando l’opzione preferenziale per i poveri (proclamata nel 1968 dai vescovi latinoamericani a Medellin) Bergoglio ha promosso molte iniziative a loro favore mantenendosi però sempre nel solco della tradizionale dottrina sociale della Chiesa: i ricchi e i potenti siano caritatevoli e rispettosi del dovuto ai lavoratori; i poveri, se contestano un’ingiustizia, non prendano parte ad atti eversivi. Una Chiesa insomma a favore dei poveri ma non contro la povertà. L’interpretazione reazionaria di questa linea ha indotto la Chiesa argentina ad appoggiare la più sanguinaria ed ottusa dittatura latinoamericana, che ha lasciato orfano il paese di un’intera generazione: ben trentamila desaparecidos. Famose le parole del nunzio apostolico Laghi e del cardinal Benelli “soddisfatti dell’atteggiamento assunto dalla nuova giunta di governo per la sua vocazione cristiana e occidentale” cioè anticomunista. Una politica criminale di cui ha chiesto scusa lo stesso Bergoglio, anche se ha lasciato intendere di non aver cambiato idea sulla resistenza armata alla dittatura e sulla teologia della liberazione. Ma non erano guerriglieri i due gesuiti, Yorio e Jalics, sequestrati e torturati a morte. Erano colpevoli di voler sfamare ed educare gli infelici delle favelas quando la dittatura vedeva nella povertà e nell’ignoranza gli strumenti per sostenere una politica neoliberista selvaggia che arricchiva i ricchi e le multinazionali. Nel suo “L’isola del silenzio” Horacio Verbitsky scrive che Bergoglio chiese loro di cessare ogni attività solidale e che, di fronte al loro rifiuto, li escluse dalla Compagnia del Gesù. Secondo Adolfo, fratello di Yorio, quello fu il segnale che i due giovani, non più sotto la protezione della Chiesa, potevano essere arrestati. Parole dure vengono anche da Estela de La Quadra che accusa Bergoglio di ostruzionismo nel processo intorno al sequestro dei figli nati in carcere dalle prigioniere politiche: “ho chiesto di chiamarlo a testimoniare ma lui si rifiutò e pretese che gli mandassero le domande per iscritto”. “Ci sono ombre che pesano su di lui” dice anche Estela de Carlotto, presidente delle Abuelas de Plaza de Mayo, “durante la dittatura non ci ha mai parlato, mai chiamato”. Ma dal teologo Leonardo Boff vengono parole di fiducia, anzi lo ritiene personalità capace di far riprendere alla Chiesa cattolica il dialogo con la modernità, che vuol dire rivolgersi alla cultura contemporanea senza arroganza, non in termini di aggressione ideologica. Anche Perez de Esquivel, Nobel per la pace, interviene per difendere il papa dalle accuse riportate non solo da Verbitsky ma anche da Mignone, famoso difensore dei diritti civili. Non è la prima volta che il terrore del comunismo porta i vertici della Chiesa cattolica su posizioni che poi generano infinite dispute tra gli storici: oggi papa Francesco, ieri Pio XII. Finita la dittatura Bergoglio si è espresso come esponente della destra peronista ma oggi, con le sue prime ed impegnative scelte simboliche, che non hanno un significato solamente religioso, ha trasmesso al mondo le speranze radicate profondamente nelle masse dei diseredati del terzo mondo. L’abdicazione di Ratzinger ha dato la scossa necessaria perché la Chiesa proceda verso la necessaria autoriforma, ovvero verso la vera povertà nel senso della spoliazione dalla mondanità spirituale. Compito non facile perché il papa, per ripulire la curia, lo Ior, affrontare gli scandali, sessuali e non, deve combattere una struttura potente e ramificata, conciliando la tradizione col cambiamento. Bergoglio infatti rimane un conservatore su temi come il sesso, la famiglia, gli omosessuali, la figura della donna. Alla quale non ha lesinato riconoscimenti ma che dice sulla contraccezione? Anziché slanciarsi spinti da aspettative iperboliche a dichiarare il proprio entusiasmo, conviene aspettare papa Francesco al traguardo del suo difficile cammino e misurarlo sui risultati concreti.





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