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Paola Marani. La politica come servizio alla comunità

Paola Marani. La politica come servizio alla comunità

- Una testimonianza di come può (e deve) essere vissuta un’esperienza amministrativa. Intervista a Paola Marani

Marta Mariani Lunedi, 22/09/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2014

Paola Marani, bolognese di San Giovanni in Persiceto di cui è stata Sindaca per due mandati. Consigliera della Regione Emilia-Romagna dal 2010, sta per chiudere questa esperienza causa il voto anticipato dalle dimissioni del presidente Errani, e ha deciso di non ricandidarsi.

Come valuta il lavoro svolto nella legislatura appena trascorsa?


Impegnativo, prima di tutto per le continue emergenze, un dramma quale il sisma del 2012 e la successiva ricostruzione, per tutte le difficoltà che abbiamo affrontato dovute ad una profonda quanto ampia crisi economica e sociale. È stata anche una legislatura profondamente segnata dalle ripercussioni legate ai costi della politica e che possiamo definire di transizione, perché gli importanti cambiamenti istituzionali e costituzionali avviati a livello nazionale non si possono certo dire conclusi.

Ci spieghi meglio, come vede la Regione che uscirà dalle riforme?

La Regione Emilia-Romagna ha già assunto da molti anni un ruolo complesso di programmazione, delegando la gestione delle politiche territoriali prima alle Province poi alle forme associative degli Enti Locali. Pertanto i nuovi ruoli e funzioni, derivanti dalle riforme nazionali come il superamento delle Province, qui hanno già una fisionomia costruita dal basso, cioè dalle Unioni e fusioni di Comuni che abbiamo promosso e incentivato, con l’obiettivo prioritario non solo di realizzare un risparmio ma soprattutto una maggiore efficienza ed efficacia dei servizi ai cittadini. La Regione del prossimo futuro giocherà pienamente questo ruolo forte di regolazione, indirizzo e programmazione, facendo lavorare sempre più in rete le istituzioni.

Pensa che le donne portino un valore aggiunto nell’amministrazione e nel governo della cosa pubblica, in particolare nelle fasi di cambiamento?

Senz’altro.Voglio sottolineare due aspetti al proposito, partendo dal lavoro straordinario che proprio in questa legislatura di transizione abbiamo svolto noi donne, facendo approvare in Assemblea una legge quadro per la parità e contro le discriminazioni di genere che pone precisi obiettivi di qualità al prossimo governo regionale. La sua prima attuazione sta già nelle norme elettorali con cui voteremo a novembre: grazie alla parità in lista e alla doppia preferenza di genere avremo una rappresentanza femminile molto più significativa che si impegnerà per l’attuazione delle politiche di genere e, più in generale, per verificare l’impatto di tutte le politiche di welfare. Perché - e vengo al secondo aspetto - quella di volermisurarsi con gli effetti concreti delle politiche sulla vita delle persone è una vera e propria attitudine delle donne, derivante dal carico familiare e sociale che anche solo culturalmente tutte viviamo sulle spalle. Personalmente, dopo aver fatto la Sindaca ho avvertito persino dolorosamente la maggiore distanza del ruolo regionale dalle persone e ho sempre agito per colmarlo. Per questa propensione alla concretezza e alla correzione in base ai risultati, ritengo che le donne siano in grado di gestire al meglio i cambiamenti nell’interesse della comunità.

Parliamo di welfare. Nel quadro mutevole che viviamo a tutti i livelli, pensa sarà possibile garantire in futuro i diritti fondamentali come quello alla salute?

Il welfare è il terreno su cui vinceremo o perderemo tutti. Sui diritti e servizi alla persona è davvero essenziale che si accorci la distanza tra politica e cittadini. L’Emilia-Romagna ha raggiunto risultati straordinari di offerta sociosanitaria e li sta mantenendo grazie a un lavoro continuo di innovazione. I mutamenti sociodemografici impongono sempre più di verificare la capacità di inclusione del sistema, individuando risposte nuove a nuovi bisogni. Famiglie monoparentali, disagio minorile, anziani soli non autosufficienti, nuove povertà… sono alcune delle realtà in forte crescita che richiedono una rilettura del nostro sistema pubblico di servizi. Si dovrà costruire con le persone, con le famiglie, con la comunità tutta, un welfare che non lasci solo nessuno e ciò sarà possibile solo avvalendosi di tutte le risorse della comunità.

Accennava prima ai costi della politica. Quanto ha pesato il tema della “casta” nel vostro lavoro?

Molto. Il difficile periodo che l’Italia sta attraversando, i problemi che le persone e le famiglie stanno vivendo da troppi anni, richiederebbero una classe politica forte e legittimata al servizio del bene comune. Al contrario, alcune “prove” che la politica ha dato hanno gettato una cortina di discredito che non risparmia nessuno. I costi e la lotta alla corruzione sono temi molto seri che l’Assemblea dell’Emilia-Romagna ha affrontato ancora prima del governo nazionale, con provvedimenti concreti per la trasparenza, la sobrietà e la buona politica. Purtroppo causa il ritardo con cui in Italia si è messo mano a privilegi e sprechi, questo lavoro non è bastato ad arginare il profondo malcontento e distacco dei cittadini. È indispensabile continuare sulla via della massima trasparenza perché il rapporto di fiducia è fondamentale in una democrazia. Tutti dobbiamo contribuire a ripristinarlo al più presto, comunicando meglio cosa si fa, e come.

Il cuore della questione è insomma la distanza da colmare tra politica, istituzioni e cittadini. Qui i partiti hanno una responsabilità forte…

Per assolvere al loro compito costituzionale di intercettare, interpretare e tradurre in proposte di governo le esigenze dei cittadini, i partiti devono selezionare in modo democratico personale politico di alto profilo. Ma chi intende assumere un incarico pubblico deve essere consapevole che si tratta di un servizio alla comunità e non una carriera personale. Che si tratta di un’opportunità straordinaria per essere utili agli interessi generali, che però comporta forti limitazioni alla propria vita e al proprio particolare interesse. Chi fa politica precarizza la sua vita: dove c’è questa consapevolezza c’è un onesto amministratore, che fa bene il suo mestiere perché non si allontana dalla realtà che vivono la maggioranza delle donne e degli uomini nella società di oggi. E poiché le donne, come dicevo prima, sono portate ad una maggiore aderenza alla realtà… è bene che facciano la loro parte!

Perché non si è ricandidata alla Regione, nonostante sia al primo mandato?

Ho ritenuto che dopo tanti anni di impegno politico ed esperienza amministrativa fosse giusto non chiedere automatismi e lasciare spazio ad altre donne. Ribadisco il concetto: questa non è una carriera ma un servizio, che posso benissimo continuare a svolgere in modo volontario.

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