Martedi, 19/01/2021 - In questo anno di emergenza Covid i lavori parlamentari sono stati dominati dai problemi economici e sanitari, ma anche il tema della violenza di genere ha trovato un suo spazio e si sono compiuti dei piccoli passi in avanti per contrastarla. In particolare è nella Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio e sulla violenza di genere che si è lavorato sul problema, ma anche l’aula del Senato ha trattato l’argomento e ha approvato una risoluzione di impegno per il Governo affinché diventino più operativi, garantiti e professionali i centri antiviolenza. Non è escluso che, tale impegno, sia sollecitato al Governo anche dalla Camera dei Deputati.
L’impegno in concreto è quello di dare maggiore certezza di risorse economiche e professionali ai centri antiviolenza e alle case rifugio che, spiega la senatrice PD Valeria Valente, presidente della ricordata Commissione di inchiesta “sono gli unici luoghi dove le donne che subiscono violenza sono accolte in maniera adeguata e professionale”. Al Governo è stato chiesto che vengano aumentati i fondi perché attualmente ad ogni Centro vengono garantiti solo 6.000 euro all’anno e, di conseguenza, possono operare 24 ore su 24 solo perché sostenute dal volontariato. Inoltre, alla carenza di fondi si accompagnano anche i tempi lunghi per la loro assegnazione, a volte anche due anni, e con erogazioni a singhiozzo. Un inconveniente che rende difficile la loro programmazione.
Un’altra richiesta avanzata al Governo è stata quella vigilare sulla effettiva specializzazione del personale e validità di questi centri perché il loro finanziamento, anche se esiguo, ha fatto gola a molti e si sono create realtà improvvisate e prive dei requisiti necessari per fornire una accoglienza e una risposta adeguata alle emergenze proposte delle vittime di violenza che si rivolgono a loro.
La ex Ministra per le politiche della famiglia Elena Bonetti si è impegnata, ora bisognerà passare dalle parole ai fatti.
La Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio e sulla violenza di genere si è anche occupata delle ricadute, causate dalle misure mese in atto dal Governo per il lockdown, sul fenomeno della violenza sulle donne. I risultati sono contenuti in una relazione, messa agli atti del Senato, dove si evidenzia che le denunce fatte in Procura o attraverso il numero 1522 per soccorso e aiuto in caso di violenza, hanno avuto un andamento diversificato nel corso del lockdown. Nella prima fase del lockdown (Marzo-Maggio 2020) c’è stato un abbattimento del numero di denunce e di chiamate al numero 1522, dovuto evidentemente alla poca libertà di movimento e di privacy delle donne chiuse in casa. Le denunce sono però salite appena in Italia si sono riaperte le porte ed hanno avuto in alcuni casi una impennata anche perché si sono aggiunte, a quelle recenti, le denunce che riguardavano episodi avvenuti nei passati mesi di reclusione. Con alcune differenziazioni, però, a seconda delle varie tipologie di reato. Per effetto della chiusura sociale i reati per stalking e violenze sessuali non sono aumentati rispetto alla media nazionale, ma sono invece aumentati i maltrattamenti dentro le mura domestiche. Stazionari i dati sui femminicidi ma, da rilevare, che se gli omicidi complessivamente sono calati, i femminicidi si sono mantenuti stazionari, quindi sono aumentati proporzionalmente nella casistica delle morti violente. Per le donne, quindi, il lockdown ha comportato nuove e gravi violenze e ha confermato la necessità di studiare e adottare nuove misure concrete per contrastarle dato che la recrudescenza delle pene non sta dando gli apprezzabili risultati sperati.
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