Domenica, 03/11/2013 - Messaggio al sito di Paestum 2, in risposta a "Un sasso rovente nello stagno"
Per ragioni diverse non ho partecipato né a Paestum 1 né al 2; tuttavia ho seguito con attenzione (e affetto per le molte amiche, a partire da Lea) sul sito. Francamente mi aspettavo qualcosa come questo "sasso rovente", anche perché da alcune partecipanti più vicine non ho avuto riscontri dell'esperienza fatta pur sollecitati.
Sono tra le più vecchie del femminismo italiano e non so nemmeno se posso definirmi così (se teniamo all'ufficialità e non al sentire personale), visto che mi sono occupata e mi occupo di politica generale "neutra", ritenuta ancora abbastanza estranea, come è noto (e come è vero), al genere.
Tuttavia intendo condividere il malessere che percepisco in me quando ragiono o leggo di noi e constato che, siccome viviamo tutte (e tutti) nel 2013, non possiamo rifarci sempre alle idee che abbiamo sviluppato in passato. Infatti, pur grate alle amiche "teoriche" delle diverse scuole di pensiero; non possiamo farci detentrici di verità, come se non sapessimo che la verità è ricerca. Mi sembra che ci sia una critica di fondo che sento forte: non abbiamo costruito proposte di reale e teorica "politica di genere". Non lo dico solo per noi italiane: conosco abbastanza il contesto internazionale e mi rendo conto che, ovunque, il problema non è ammettere o no gli uomini nelle discussioni: se avessimo detto cose realmente "di peso", avremmo le avances partecipative dell'altro genere, sempre pronto nei laboratori a impadronirsi di meriti altrui e di Nobel escludenti.
Il femminismo dei miei tempi probabilmente si è troppo fidato di promesse e posti di rappresentanza (probabilmente necessari per un avanzamento sociale), ma ci siamo anche molto affidate a noi stesse. Non siamo la maggioranza delle donne, anche se potenzialmente sentiamo che anche le altre ci sarebbero. Abbiamo trascurato - non per le iniziative fatte (tante!); ma per l'analisi di merito - il Lavoro e la Famiglia, che sono i luoghi che condizionano la soggettività femminile, a partire dal livello di senso della "relazione" e della "cura" (entrambe intese come valori di riferimento alternativi e non solo "pratiche" evantualmente buone). Se oggi le donne giovani hanno dei problemi, noi siamo in questione, perché incapaci sia di un passo indietro (sui metodi di attuazione dei principi che abbiamo maturato e che sono la nostra vita) sia di un passo avanti per leggere quale è il "mood" del contesto in cui tutti, anche noi, viviamo.
Personalmente accuso sempre i politici di non studiare abbastanza e di non avere le antenne nella società. Noi non saremo solo omologate o autoreferenziali, ma qualcosa non quadra. Anche perché non manca la necessità di lavorarci sopra.
Spero di non aver scombinato ancor più le pur necessarie critiche, anche se ho inteso essere costruttiva.
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