Paesi Baltici - I fantasmi che si aggirano per l' Europa
- Riconosciuta la cittadinanza ai figli di russi “non cittadini” residenti stabilmente in Lettonia, Estonia e Lituania
Cristina Carpinelli Sabato, 28/02/2015 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2015
In questi ultimi anni, uno dei punti prioritari dell’agenda politica dei tre Stati baltici è stato quello di semplificare le procedure di naturalizzazione per le persone che vivono da tempo nella regione Baltica e che, nonostante ciò, sono considerate “non-cittadini”. Si tratta, nella maggior parte, di minoranze di etnia russa, verso cui sono state praticate per diverso tempo politiche discriminatorie attraverso rigorose politiche linguistiche e di cittadinanza. A tutt’oggi, circa 300mila abitanti di lingua russa in Lettonia e circa 100mila (abitanti di lingua russa) in Estonia non possiedono una cittadinanza, nonostante che tra loro vi siano persone nate e cresciute in quei paesi. Tali abitanti sono etichettati, in modo spregiativo, come “persone di lingua russa”, “gente che parla russo”, o “sradicati”. Sul loro passaporto, di colore grigio (che identifica i passaporti degli stranieri), sono scritte parole come: “nepilsoņ” (non-cittadino) per i russi residenti in Lettonia, “mittekodaniku” (non-cittadino) per i russi residenti in Estonia, oppure semplicemente “alien” (alieno). La legge di cittadinanza dei tre Stati baltici esclude per i “non-cittadini” la titolarità dei diritti politici, l’accesso ai pubblici impieghi e sottopone a restrizioni l’acquisto di proprietà private.
Nel 1993, il Consiglio d’Europa ha definito i criteri di adesione dei paesi all’Unione europea in occasione del Vertice di Copenaghen, uno dei quali richiedeva che il paese candidato avesse raggiunto una stabilità istituzionale tale da garantire la democrazia, il principio di legalità, i diritti umani, il rispetto e la protezione delle minoranze. Proprio appellandosi a questo criterio, il Consiglio d’Europa e l’OSCE hanno rivolto agli Stati baltici, nel corso degli anni Novanta e primi anni Duemila, non poche raccomandazioni, affinché questi conformassero la loro normativa interna alle direttive UE in materia di protezione e rispetto delle minoranze. A seguito delle sollecitazioni del Consiglio d’Europa, Lettonia ed Estonia, in particolare, hanno riformulato alcune norme contenute nella legge di cittadinanza, con lo scopo di ridurre il numero di “non cittadini” presenti sul loro territorio.
In Lituania, la minoranza russa è esigua rispetto agli altri due paesi baltici. Per questo, ha da subito adottato - dopo l’indipendenza dall’Urss - una legge sulla cittadinanza (1991) meno improntata sulla “tutela etnica”. Se è vero, infatti, che la cittadinanza è riconosciuta solo a tutti coloro che la possedevano prima del 15 giugno 1940 (giorno in cui il paese è stato occupato dall’Armata Rossa per essere poi inglobato nell’Urss), escludendo di conseguenza le persone di etnia russa, che per poterla acquisire devono sottoporsi ad una procedura di naturalizzazione che prevede delle condizioni piuttosto rigide (possedere un reddito fisso e legale, conoscere la lingua lituana, i principi fondamentali della Costituzione e la storia del paese, giurare fedeltà allo Stato, risiedere stabilmente nel paese, ecc.), tuttavia, la legge - già nella sua prima versione - concede “automaticamente” la cittadinanza a tutti i bambini nati in territorio lituano (dopo la riconquista dell’indipendenza) da genitori privi di cittadinanza e stabilmente residenti a prescindere dalla loro origine etnica, dalla durata del periodo di residenza o dalla conoscenza del lituano (art. 10).
Negli altri due Stati baltici, la situazione è più complessa. Anche in Estonia, in base alla legge di cittadinanza vigente, sono considerati automaticamente cittadini tutti coloro che avevano acquisito la cittadinanza prima del 16 giugno 1940 (giorno in cui il paese è stato occupato dall’Armata Rossa per essere poi inglobato nell’Urss). Coloro che non rientrano in questa categoria (praticamente quasi tutti i residenti russi) devono sottoporsi ad una procedura di naturalizzazione simile a quella prevista dalla legge di cittadinanza lituana. Tuttavia, un emendamento alla legge estone di cittadinanza del dicembre 1998 ha semplificato la procedura di naturalizzazione per alcune categorie di persone (es: disabili). Tra queste, sono incluse le persone nate nel paese dopo la riconquista dell’indipendenza. La legge dice, infatti, che i figli minori (sotto i 15 anni d’età) nati nel paese dopo il 26 febbraio 1992 da genitori “non-cittadini”, stabilmente residenti in Estonia da almeno cinque anni, possono ottenere - su richiesta dei genitori - la cittadinanza tramite la naturalizzazione senza il presupposto di passare gli esami di cittadinanza. Sulla base di questo emendamento, hanno ottenuto la cittadinanza 13.592 bambini. In tempi più recenti, (giugno 2014), il parlamento estone ha approvato un altro emendamento alla legge, in base al quale i nati dopo il 26 febbraio 1992, i cui genitori (privi di cittadinanza) non abbiano avanzato richiesta di cittadinanza in favore dei figli, possono ottenere automaticamente la cittadinanza nel caso in cui vivano nel paese da almeno otto anni (stabilmente da cinque), non siano residenti permanenti di un altro Stato, abbiano un permesso di soggiorno valido o il diritto di soggiorno al momento di richiesta della cittadinanza.
#foto5dx#In Lettonia (al pari degli altri due Stati baltici) non è concessa la cittadinanza alle persone che non l’avevano prima dell’occupazione sovietica del paese (17 giugno 1940), poiché “non possono considerarsi cittadini coloro la cui presenza sul territorio aveva trovato fondamento su un atto di occupazione illegittimo”. Per costoro si applica la procedura di naturalizzazione analoga a quella degli altri due Stati baltici. Tuttavia, a seguito di un emendamento alla legge di cittadinanza del 1998, è stata concessa la registrazione come cittadino ai nati dopo il 21 agosto 1991, figli di apolidi o di “non-cittadini” residenti nel paese con un permesso di soggiorno stabile. La richiesta di cittadinanza deve essere presentata da entrambi i genitori, nel caso in cui l’interessato non abbia raggiunto i 15 anni d’età; può, invece, essere avanzata dall’interessato stesso, se di età compresa tra i 15 e i 18 anni, qualora dimostri di risiedere stabilmente nel paese, di conoscere la lingua ufficiale e di aver frequentato una scuola con il lettone come lingua veicolare. Ulteriori modifiche alla legge di cittadinanza (ottobre 2013) hanno previsto il conseguimento automatico della cittadinanza a favore dei minori nati in Lettonia dopo il 21 agosto 1991 da apolidi o “non-cittadini” residenti permanenti nel paese, ammettendo che la richiesta di registrazione come cittadino possa essere presentata anche da un solo genitore (e non più, come in passato, necessariamente da entrambi) o direttamente dall’interessato, se di età compresa tra i 15 ed i 18 anni, qualora dimostri di risiedere stabilmente nel paese e di conoscere la lingua ufficiale nel caso in cui non abbia conseguito titoli scolastici presso scuole con il lettone come lingua veicolare. Inoltre, si è provveduto alla semplificazione del procedimento richiesto per la naturalizzazione ordinaria, esonerando dalle verifiche di conoscenza linguistica tutti coloro che abbiano conseguito determinati titoli scolastici presso istituzioni aventi il lettone quale lingua veicolare. In breve, nei tre Stati baltici, a seguito delle raccomandazioni del Consiglio d’Europa e dell’OSCE, sono state riviste in questi ultimi anni le procedure di naturalizzazione, agevolando di molto i giovani nati dopo l’indipendenza. Per quanto riguarda, invece, i cittadini di gruppi d’età più avanzata, la naturalizzazione rimane ancora condizionata al superamento di una serie di test: conoscenza della lingua, dei principi fondamentali della Costituzione e della storia del paese, giuramento di fedeltà allo Stato, godimento di un reddito fisso e legale, ecc.
Glossario:
Apolide: persona priva di qualunque cittadinanza.
Non-cittadino: chi non gode dei diritti di cittadinanza di un paese.
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