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Padri separati e (donne) arpie

Padri separati e (donne) arpie

Note ai margini - Padri separati che vengono contrapposti non alle speculari madre separate, ma alle “donne separate”

Castelli Alida Lunedi, 23/04/2012 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2012

Che il maschilismo nel nostro Paese non sia in recessione lo si vede dal femminicidio che con più violenza è esploso in questo periodo.

Rimane nello stesso tempo da parte di quasi tutti i media - e dei vicini di casa puntualmente intervistati - l’abitudine a considerare questi assassini delle persone che fino a quel momento non avevano mai dato segnali preoccupanti. Come se picchiare o molestare non fossero già di per sé segnali gravi, che spesso le vittime avevano anche (purtroppo inutilmente) denunciato. Prevale ancora l’idea del ‘raptus’ e non voglio qui parlare della confusione che si fa tra amare e possedere, voglio invece affrontare alcuni segnali che avanzano e che dimostrano che non ci sono solo i casi estremi di femminicidio, ma c’è una cultura di odio e disprezzo verso le donne che si sta in qualche modo “organizzando”. La prima è formata da tutto quel terreno scivoloso e pericoloso che sta intorno alla categoria “padri separati”. Padri separati che vengono contrapposti non alle speculari madre separate, ma alle “donne separate”: nuova categoria di donne arpie pronte a tutto pur di distruggere l’ex partner, ridurlo sul lastrico e via dicendo. Se ne sono occupati giornalisti, fiction televisive e film. Sono nate associazioni ad hoc, perché i padri separati si sanno muovere bene, nei media e fuori. Penso che sicuramente ci sia anche del vero, ma rimanendo sui grandi numeri non possiamo non vedere la statistica diffusa dalla Caritas, proprio chiamata in causa dai padri separati, che dice come i padri poveri si attestino - secondo la loro esperienza - sull’11% contro il 35% delle madri povere. Che la povertà femminile avanzi è un dato diffuso con allarme dall’Unione Europea, e proprio le famiglie composte da una madre sola con uno o più figli è il gruppo sociale più a rischio.

Nello stesso tempo, nessuno dice che la prassi dell’affidamento condiviso ha ridotto drasticamente per le donne, anche disoccupate, l’assegno di mantenimento che è sostituito da un invito del giudice a trovarsi un lavoro.

Ed i padri separati hanno trovato un buon veicolo di diffusione puntando anche sui social network. Su Facebook in particolare si trova la seconda faccia, neanche tanto nascosta, della nuova e pericolosa, a mio vedere, campagna contro le donne.

Fioriscono pagine, con profili accattivanti, anche per le donne più sensibili, che si intitolano variamente contro la violenza e a favore della libertà delle donne e che, avviando un dibattito su episodi di violenza o simili, trovano poi sempre il modo di far emergere la “colpa” della donna. Sono siti pericolosi in cui, se non si è più che attenti, si cade facilmente rischiando persino di sostenere campagne che ben poco hanno a che fare con la difesa delle donne.

Anche per questo dobbiamo organizzarci: il maschilismo è vivo e vegeto.





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