BOSNIA ERZEGOVINA - L’altra via. Dal conflitto alla ricostruzione: strategie al femminile, un progetto promosso dalla rivista Confronti
Maria Fabbricatore Domenica, 16/06/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Giugno 2013
Donne che hanno perso i mariti o i figli, i padri o i fratelli, uccisi da opposti nazionalismi. Vedove senza pensioni o profughe senza sostegni, lavorano fianco a fianco nella condivisione di un progetto per crescere insieme, mettendo in discussione i pregiudizi, nella convinzione che ricominciare è possibile. Così L’altra via. Dal conflitto alla ricostruzione: strategie al femminile, un progetto promosso dalla rivista Confronti, con il sostegno dell'8 per mille della Chiesa valdese - Unione delle chiese valdesi e metodiste, ha sostenuto donne che con il loro lavoro contribuiscono a un tangibile miglioramento della società di appartenenza. Duplice l’esito positivo di questo percorso: da un lato il lavoro e dall’altro un importante messaggio di dialogo interculturale e interreligioso. Infatti, spiegano da Confronti, “il progetto intende richiamare l’attenzione su alcune micro imprese sociali al femminile nate in un contesto post bellico, che si caratterizzano per il coinvolgimento di donne appartenenti a gruppi religiosi ed etnici diversi un tempo in conflitto, o che intendono semplicemente farsi portatrici di un messaggio di dialogo e di pace”. Il progetto intende anche promuovere la formazione di reti di scambio tra queste piccole realtà ed altre realtà omologhe attive sul territorio nazionale italiano sia per lo scambio di buone pratiche sia favorendo il contatto con enti e strutture (es. Parchi e Riserve naturali) anche interessati alla vendita al dettaglio dei loro prodotti (settore dell’agro-industria, dell’artigianato, dei servizi alla persona e del turismo culturale).
Tra le realtà imprenditoriali coinvolte c’è la Cooperativa agricola “Insieme” di Bratunaæ, comune situato a pochi chilometri da Srebrenica, una delle zone più critiche della Bosnia Erzegovina, teatro di scontri tra serbo-bosniaci e bosniaco-musulmani tra il 1992 ed il 1995, la cui popolazione musulmana ha subito il massacro dell’11 luglio 1995. “Le donne serbo-ortodosse e quelle bosniaco-musulmane, impiegate nella cooperativa, superano insieme i ricordi traumatici del passato, riconoscono l’esperienza di dolore dell’altra, e inventano un futuro di convinta solidarietà”, osservano i promotori dell’incontro di presentazione che si è svolto a Roma lo scorso 21 maggio. Oggi la cooperativa (nata nel 2003 con 10 soci/fondatori) coinvolge oltre 500 famiglie di contadini impegnati nella produzione locale di frutti di bosco: Lamponi di pace è il nome del progetto. Lamponi, more, fragole e mirtilli vengono destinati sia alla surgelazione, sia alla produzione di marmellate, succhi e sciroppi. Alcuni di questi prodotti sono già commercializzati in Italia grazie ad un accordo con COOP Nord Est.”
La Cooperativa agricola Potoènica di Potoèari è l’altra realtà imprenditoriale che aderisce al progetto. Il nome della cooperativa, oltre a ricordare Potoèari (la frazione di Srebrenica dove sorge il Memoriale delle vittime del genocidio del 1995) ha anche un significato simbolico: in bosniaco, infatti, denomina una pianta, Myosotis, in italiano il ‘nontiscordardime’. “La cooperativa è nata grazie al sostegno dell’associazione Macondo Tre (La Spezia) e di Tuzlanska Amica (Tuzla) allo scopo di favorire l’occupazione femminile in un’area ad altissimo tasso di abbandono, valorizzare il ruolo e la dignità delle donne, che costituiscono il solo motore possibile della rivitalizzazione, incoraggiando queste ultime ad assumere pieno controllo della propria vita e del proprio lavoro. La cooperativa, che primariamente intende svolgere attività di natura agricola, si propone anche di produrre ed immettere sul mercato internazionale lavori artigianali all’uncinetto (centrini, tovaglie, copri divani, tappeti) e gestire un centro ristoro proprio nella zona di Potoèari”.
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