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Otto istituti di cultura italiana chiudono entro l'estate

Otto istituti di cultura italiana chiudono entro l'estate

CULTURA&FUTURO ADDIO - Otto istituti di cultura italiana chiudono entro l'estate. Un piccolo risparmio e l'indifendibile baratto del Ministero

Marta Mariani Mercoledi, 28/05/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Giugno 2014

 “Guardate, Signori, noi viviamo in un paese veramente speciale...Ci ho una soddisfazione addosso che non resisto!” diceva Benigni riferendosi con orgoglio al nostro patrimonio culturale. È comprensibile il suo compiacimento, perché “non si possono contare i regali che il cielo ha fatto a questo paese ‘piccinino’ nel mondo”, regali che a sua volta l'Italia ha devoluto al globo con altrettanta generosità. Questa è l’importanza del nostro patrimonio culturale italiano. Tuttavia, è vero anche che l'Italia non sa rivivere di sola gloria passata; ed è per questo che guardare indietro ad un passato così trionfale, oggi, in questa crisi generale (e non solo economica) dà per forza qualche vertigine. I criteri della spending review del Ministero degli Esteri sono (inevitabilmente?) perentori ed austeri. Otto Istituti Italiani di Cultura saranno chiusi entro l'estate. Nessuna rappresentanza culturale italiana, in altre parole, sarà più incentivata nelle metropoli di: Ankara, Vancouver, Francoforte, Lione, Stoccarda, Lussemburgo, Salonicco e Wolfsburg. Gravi, le perdite, ma ben più gravi i sintomi dell'impoverimento, come direbbe l'UNESCO, "immateriale". Gli Istituti Italiani di Cultura sono proprio quei luoghi pubblici in cui la bellezza dell'italianità viene rimessa in circolazione, e rianimata attraverso il cinema, la letteratura, l'arte figurativa, la scienza.

Non si tratta, sia inteso, solo di Istituti in cui campeggiano i grandi "busti" dei nostri defunti padri e patrioti, ma si tratta di ambienti in cui un qualunque cittadino interessato può in ogni momento incontrare l’Italia e gli "italiani di oggi": registi, attori, uomini e donne di teatro e di letteratura che sono, attualmente, fautori e difensori di quello che ancora siamo - senza soluzione di continuità, a partire dalla nostra tradizione. Premesso che è molto difficile fare i conti in tasca allo Stato, e dato per scontato che molte scelte politiche sono di fatto "scelte di campo", ci si può domandare a ragione se valga la pena, per l'Italia, risparmiare circa 800mila euro l'anno al prezzo di questa mortificazione culturale. La risposta della nostra schiera di colti e intellettuali è ovvia, obbligata, ma anche onesta, si direbbe: scandalizzata. In effetti, una misura finanziaria e governativa di questo tenore è miope, più che altro. Specie se si pensa che, storicamente e generalmente, non c'è mai stato altro nutrimento che la cultura per corroborare un paese in fin di vita. Un paese, cioè, che ha un disperato bisogno di idee, di "rinascimenti", di vigore mentale e intellettuale.

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