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Ostaggio della vallata di Fausta Genziana Le Piane

Ostaggio della vallata di Fausta Genziana Le Piane

L’infinito fa le sue razzie/ teso / tra i cinque punti cardinali/ delle dita / come pirata / su nave all’arrembaggio. Si accovaccia / nel palmo della mano / e/ punto dopo punto/ aderisce alla carezza/ che scardina i lineamenti del viso.

Mercoledi, 06/01/2016 - L’infinito fa le sue razzie/ teso / tra i cinque punti cardinali/ delle dita / come pirata / su nave all’arrembaggio. Si accovaccia / nel palmo della mano / e/ punto dopo punto/ aderisce alla carezza/ che scardina i lineamenti del viso. Sin da questo componimento che apre la silloge,si avverte il vento della scrittura, simbolica e calda di vita, propria di Fausta Genziana le Piane. Basta questo attacco, originale veduta d’infinito nell’orizzonte geocorporale a dichiararne la cifra di felice intreccio tra mente e cuore, sempre risolti nella partecipata adesione al gran libro della Natura. E nel Mito di Selene, Fausta Genziana pone provocatoriamente il proprio io- forte, ironico e meditativo. Si veda esemplarmente il testo Pan. Al fresco del crepuscolo/ esausto/ Pan s’addormenta/ con i piedi incrociati sulla buccia d’un pomodoro / dellorto appena annaffiato. E non s’accorge che il suo flauto/ continua / ad emanare nell’aria/ note fino alla lontananza / mentre/ Selene ed io/ dondolando da un ramo d’un ulivo/ con i piedi liberi e nudi/ ci arrendiamo alla sua seduzione. Il mito smontato e ricondotto a cronaca briosa e di umile quotidianità egloga di un un giorno qualsiasi occhio che guarda ridendo la luna, e la poiesis sta proprio in quell’impertinente postura, quasi nuovo Barone rampante in gonnella che sente la notte dall’alto dei .. piedi a penzoloni… Ma senza i cerebralismi illuministici di un Calvino! Anzi la poetessa, restituendo al mito di ninfe e pastori la forza del gioco e della spontaneità di una nota di vita, dà corpo e realtà all’abusato archetipo del chiaro di luna. Il valore del mito rivisitato è filo rosso dell’intero libro, prefato e chiosato ampiamente da Plinio Perilli, che, ne evidenzia pregevolmente i richiami psicologici, simbolici ed artistici sottesi alla grammatica del cuore propria della Le Piane. Il commento alle liriche diviene così specchio di un lampo doppio di poesia e storia di un’interpretazione critica e culturale di spessore. Centrale valore ha nell’economia della raccolta, la sezione Resuscita Lazzaro, in particolare con le sue pungenti e sofferte ironie alla Follereau Fausta Genziana ci presenta pur essa con sofferta ironia, un Natale sì perso nei ricordi e farcito di dolci, diremmo … iperglicemico e adiposo, ma a questo convivio di torroncini, susumelle e lasagne, candele filanti, Lazzaro consunto è stanco di tanto dolore./ Non partecipa al banchetto. Signore,/ resuscita Lazzaro! E’ Pane di vita che ritorna dall’ombra e non può andare sprecata. Toni dunque di religiosità sentita e interiore fiaccola di speranza, come nello struggente ricordo- emozione di Papa Giovanni Paolo II, chiusa all’urlo estremo, la finestra chiusa dice, in modo fulmineo e fortissimo, tutta l’emozione, il dolore della perdita del Pontefice, ormai prossimo alla morte. Ma è sempre il tema del mito nella natura a sdipanarsi con forza nelle sezioni della silloge. Esso diviene così il motore di una scrittura densa di echi letterari, ma sempre riconoscibile come voce che rischia riformulando la tradizione in un appassionato ordito di immagini, metafore e arguti mottetti, sinesteticamente resi come odori degli occhi, che sentono, nelle brume letterarie della natura, il proprio vissuto,una tersa vitalità d’amore. Si vedano i versi per i figli, Scilla ed Alberto, Figlia,/ bottone/ nell’asola del mio cuore il se l’incalzare di un che danno al libro sezione dopo sezione il colore di un’autentica avventura letteraria dalla vita sgorgata e cesellata con tocchi sapienziali e fulminei come avviene nella sezione Fermasogni una delle più felici dell’intero libro, si veda, per esempio, Stanza vuota, In questo silenzio/ la mia solitudine/ è uno sparo della mente. Qui come altrove nel libro, Fausta Genziana Le Piane lavora sul verso breve, dando però al decorativismo atemporale dell’haiku cui pure guarda con interesse, la vis occidentalis, graffiante della propria marca pronominale, così ella dà smalto al proprio viaggio di liberazione teso a ritrovare quelle parole forza di sogno di se stessa, già ritrovato nella lirica su Pan. E così il vento di pagina in pagina si libera nella vallata. Prima ostaggio della vallata / il vento si libera/ poi, / e, / trasportando con sé/ frantumi di sere d’estate/ accarezza il verde seno/ delle colline. / Avanza infine verso una notte d’amore. Amore nella natura la libertà che inazzurra la scrittura di Fausta Genziana le Piane.



Paolo Carlucci



Fausta Genziana Le Piane, Ostaggio della vallata, Edizioni Tracce, 2014

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