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Ospite a Scampia

Ospite a Scampia

Campania Felix - Non solo degrado e malavita. C’è anche chi ha deciso di darsi delle possibilità e sono donne, soprattutto, che lavorano e investono nella scuola.

Prota Giurleo Antonella Mercoledi, 08/04/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2009

L’esperienza della Cooperativa Occhi Aperti e di CasArcobaleno.



Scampia, un quartiere della città di Napoli: 62.000 abitanti registrati, tasso di disoccupazione tra il 50 e il 75%, oltre 1600 persone nei due campi rom, macedone e serbo. Un territorio di quattro chilometri quadrati con edifici abitativi senza negozi, essendo abitazioni di edilizia popolare.



Le vie hanno nome ma i palazzi, la cui normalità è avere 12 piani e 13 scale, sono privi di numeri civici. Si può immaginare quanto sia difficile orientarsi in un quartiere dove manchino i numeri civici e dove i palazzi, lunghi 700 metri, senza interruzione, siano più o meno tutti uguali. C’è da chiedersi a chi giovi questo. E la risposta non può che essere: alla camorra.



E in questo quartiere, reso tristemente noto dalle vicende di camorra e dall’indagine di Saviano, vivono e operano, nonostante le difficoltà, oltre 50.000 persone assolutamente irreprensibili; donne e uomini che desiderano, per i propri figli e le proprie figlie, ma anche per sé, una vita diversa. Donne soprattutto che, rivolgendosi a sé stesse e ad una delle 35 diverse associazioni che operano sul territorio (alcune delle quali si sforzano di lavorare in rete), esplicitano necessità e desideri che consentano scelte di libertà.



Tre Fratelli delle scuole cristiane, Enrico, Martin e Raffaele, hanno scelto di vivere nel quartiere, in un appartamento al decimo piano di un palazzo del lotto R confrontandosi con la realtà e ipotizzando soluzioni educative.



Dal loro impegno è nata la Cooperativa Occhi Aperti che, in CasArcobaleno, offre a ragazze e a ragazzi la possibilità di studiare, con un rigoroso piano orario didattico, e di prepararsi all’esame di licenza media ma anche di confrontarsi e godere di momenti di svago. Momenti ai quali partecipano anche ragazzi che hanno conseguito la licenza media lo scorso anno e che oggi frequentano corsi di formazione professionali per cioccolatai, come Carmine e Davide, o che lavorano, come Antonio.



Come insegnante comprendo le difficoltà della scuola pubblica ma disapprovo nella maniera più assoluta che il deficit di istruzione e di cultura di ragazze e di ragazzi sia affidato, come è, esclusivamente all’esterno. Trovo vergognoso peraltro che, come accade, ragazze e ragazzi che vorrebbero frequentare l’Istituto Alberghiero siano rifiutati perchè “di Scampia”. Mi pare che la scuola pubblica dovrebbe garantire quanto meno l’applicazione della costituzione italiana ed offrire, a tutte e a tutti, la possibilità di seguire le proprie inclinazioni.



Da qualche tempo in CasArcobaleno, per rispondere al desiderio di riappropriazione di cultura, è iniziato, per un piccolo gruppo di donne che lo hanno richiesto, un corso di recupero scolastico che le porterà a presentarsi all’esame di licenza media: due ore per tre mattine alla settimana a giorni alterni, lunedì, mercoledì e venerdì dalle 10 alle 12.



Ho conosciuto Maria de Marco, assessora alla Cultura della Municipalità, che, agendo con chiarezza, con prudenza e con speranza, può affermare che l’affiliazione alla camorra è diminuita, pur se la manovalanza è sempre disponibile. Maria pare avere la competenza e la sensibilità necessarie per volare alto e, nello stesso tempo, agire nel concreto.



Tra le forze che agiscono sul territorio, tre Suore della Provvidenza, Edoarda, Fidelma e Caritas. Da vari anni, con esperienze diverse, le tre donne lavorano a stretto contatto con le persone e con i problemi del quartiere. Prive di finanziamento sul progetto presentato nel 2007, le suore hanno ricercato, aiutate in ciò dall’assessora e dalla lungimiranza di una direttrice didattica, un luogo adeguato per svolgere attività educative. E’ stato organizzato uno spazio aperto dalle 14 alle 19 per cinque giorni alla settimana; dalle 14 alle 16 viene offerto il servizio di assistenza compiti e recupero scolastico, sino alle 19 vengono poi organizzate attività ludiche.



Alle attività sono iscritti cento tra bambine e bambini di diverse età; alle famiglie vengono richiesti contributi annuali minimi: dieci euro per le attività dalle 14 alle 19, cinque euro per il recupero scolastico.



E’ una gioia vedere cucciole e cuccioli che, giocando, apprendono la necessità di definire e di seguire regole per vivere insieme.



Bambine e bambini, ma anche ragazzi e ragazze, che spesso hanno su di sé il peso di situazioni familiari molto difficili imparano a stare con sé stesse e con le altre persone serenamente.



Ricordo un confronto di idee, diversi anni fa, tra giovani che si recavano, un fine settimana ogni mese, a svolgere attività volontaria in campi profughi in Jugoslavia.



Il conflitto ideale era tra chi riteneva che fosse certo importante far sorridere i bambini ma che ciò non fosse sufficiente, che fosse necessario, anzi, prioritario, “fare politica”.



Io penso che, tra le due cose, non esista contraddizione; ritengo che fare politica consista nel produrre sorriso. Sono convinta che il dolore dovrebbe essere assunto come categoria politica e che dovrebbe costituire il discrimine rispetto all’agire quotidiano dei singoli e delle singole come delle collettività.



Se un’azione può produrre dolore, per dirla come lo direbbero a Napoli, “nun s’ha da fa’”.



Ho incontrato in CasArcobaleno alcune donne, ho presentato me stessa e il mio desiderio di portare, fuori da Scampia, l’idea che, al di là di ciò che è noto, la camorra, esista, ben più consistente, una realtà quotidiana di onestà e di ricerca di libertà.



Ho letto approvazione nei sorrisi e nel dire delle donne.



In modo diverso Tiziana, Maria Rosaria, Patrizia, Maria, Stefania, Teresa, Ginevra, Pina, Marinella, Emina, Miriam, Natascia hanno espresso una forte consapevolezza di sé.



Ho realizzato lo scorso anno un video sulle mani, mettendo a confronto mani di donne italiane e peruviane. Ho intenzione di realizzarne un altro sulle mani di donne indiane e italiane; desidero mostrare, attraverso le immagini, la possibilità delle mani di esprimere saperi femminili e di rinnovarsi nel tempo e nello spazio accompagnando mente e cuore nelle scelte di azioni utili per sé e per il mondo. E’ questo che esprimono le mani di Emina, giovane rom in cerca di futuro, di Pina, che gestisce una polleria, di Stefania, madre preoccupata della crescita delle proprie figlie, di Patrizia, donna colta e intelligente capace di creare, ma priva di licenza media, di Fidelma, Edoarda e Caritas, splendide meravigliose suore, delle donne del laboratorio di sartoria della Cooperatica La Roccia, di Francesca e di Patrizia, di Marinella e di sua sorella, che gestiscono un negozio di borse. E’ l’espressione di una realtà ricca di sensibilità e di stimoli, una realtà di donne preoccupate, in quanto madri, di garantire ai propri figli e alle proprie figlie un futuro possibile. Donne che, magari, come capita ancora troppo frequentemente in quartiere (al punto da essere indicato come il problema prioritario da affrontare) sono diventate madri troppo presto, a 13, 14 , 15, 16 anni e che non hanno avuto modo di vivere la propria adolescenza e la propria giovinezza. Madri che, quando le figlie e i figli crescono, hanno il tempo e il desiderio di guardare in sé e di riappropriarsi, attraverso la socializzazione, di sogni e di trasformarli, attraverso lo studio, in desideri realizzabili. Donne che, come Patrizia e Tiziana, possiedono quell’autorità che deriva dall’essere creatrici della propria cultura, della propria vita, della propria storia.



Mille auguri e tutta la mia stima, care amiche e amici di Scampia.











(8 aprile 2009)

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