Poesia/Rosanna Marcodoppido - Manciate di pochi versi, come colpi di pennello o tratti di china, lasciano intravedere frammenti di un’anima inquieta e viva
Benassi Luca Lunedi, 18/04/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2011
Poesia come pittura, chiara, lampante, luminosa; oppure oscura, enigmatica, notturna. Non si tratta esclusivamente di comprensibilità, di immediatezza di un testo, come suggerisce la nota frase di Orazio “ut pictura poiesis”, quanto di una parola poetica capace di esprimere l’essenza in un lampo, un colpo d’occhio, un’esplosione improvvisa di colore o buio; una parola che campisca la pagina come una tela, riversandoci foreste di significati e immagini che colpiscono la vista prima ancora che l’udito. Sono queste le caratteristiche della poesia di Rosanna Marcodoppido, capaci di annodare segno grafico e linguaggio in rapide pennellate e sonorità intense, attraverso un cortocircuito in grado di condurre chi legge in un luogo dove suono e immagine sono una cosa sola. Nel dare alle stampe “Senza titolo” (1993) e “Nel segno” (2003), la poetessa, romana ma nata in Abruzzo, ha scelto di abbinare alle poesie opere grafiche di sua composizione. Una scelta determinata dal fatto che Marcodoppido, fra l’altro attivista nelle file dell’UDI fin dai primi anni Settanta, oltre che scrittrice è diplomata all’Accademia delle Belle Arti di Roma e si occupa di incisione e stampa d’arte, partecipando all’attività dell’Associazione Internazionale Incisori. Un dialogo, dunque, fra poesia e segno che ha radici profonde.
Maria Luisa Spaziani, nella prefazione a “Senza titolo”, annota: “una concisione illuminante è la prima caratteristica che colpisce nelle brevi poesie di Rosanna Marcodoppido: un lirismo concentrato, un’assorta contemplazione in cui l’intelletto si scioglie in metafore d’intensa musicalità.” È proprio la concentrazione di senso a costituire la meccanica di questi testi: manciate di pochi versi come colpi di pennello o tratti di china, come schizzi di emozioni. Esperienze, dolori, battiti, spirito e corpo si depositano sulla carta lasciando intravedere frammenti di luce che emergono da un’umanità inquieta e viva, sbalzando sulla pagina dal nero dell’inchiostro. Due soli libri a distanza di dieci anni testimoniano un percorso di scrittura fatto di lente, lentissime maturazioni, una macerazione dei silenzi fino a distillare una parola il più possibile vicina alla verità dello spirito. Marcodoppido non usa il segno, ma è ‘nel’ segno, lo vive, lo respira, con esso incide la superficie di carta come una ferita incide la pelle. Questi testi sono una continua sfida, un corpo a corpo con se stessa e il linguaggio, cercando, come dice un testo qui pubblicato, di quadrare il cerchio “osando all’infinito.”
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