Cooperazione - Tra le grandi questione del terzo millennio vi è la discriminazione economica delle donne. Soprattutto nel terzo mondo
Luisa Del Turco Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2007
A dicembre si è concluso il “Forum sulla Cooperazione per la pace e la solidarietà”, serie di quattro appuntamenti tematici organizzati dalla Cooperazione Italiana allo Sviluppo - Ministero degli Esteri - sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana.
Dopo le giornate dedicate a “Obiettivi del millennio e lotta alla povertà” e “Beni comuni”, l’incontro del 6 dicembre è stata l’occasione per tornare a parlare di “Tematiche di genere”, argomento da tempo al centro di una particolare attenzione nella DGCS- MAE.
La sofferta vicenda delle donne dell’Africa, richiamata dalla Viceministra Patrizia Sentinelli che ha presieduto gli appuntamenti del Forum, è stato il paradigma dal quale hanno tratto spunto gli interventi delle autorevoli ospiti: Gertrude Mongela (Unione Parlamentare Interafricana), Noeleen Heyzer (Unifem), Thoraya Ahmed Obaid (Unfpa).
Al centro del dibattito sono state le questioni dell’empowerment politico ed economico, dell’educazione e della cultura. Ne è emerso un panorama globale che conferma il forte l’impegno della comunità internazionale nella definizione di strumenti giuridici, politici e programmatici adeguati a superare le situazioni di discriminazione, ma comunque ancora fortemente caratterizzato da limiti, insuccessi e sfide.
Tra queste, la questione della discriminazione economica delle donne, problema presente su scala mondiale, e quella della povertà, ancora più grave - è stato ricordato - in un mondo globalizzato in cui le crescenti differenze rischiano di provocare situazioni di emarginazione e miseria ancor più drammatiche che in passato.
Accanto all’empowerment economico, importante anche come strumento di difesa contro la violenza e gli abusi, la questione della partecipazione ai processi decisionali. “Sedere ai tavoli per fare la differenza” è un’altra delle sfide che non riguardano solo il continente africano, tormentato da miseria e da “men made conflicts”, ma la stessa Europa, dove le percentuali relative alla partecipazione delle donne alla vita politica rimangono decisamente insoddisfacenti. I casi in cui si è sfiorato un rapporto di parità nella rappresentanza, come nell’esperienza del Rwanda, risultano invero a tutt’oggi isolati. Tra gli altri casi menzionati, quello dell’Afghanistan, che tuttavia non sembra - a giudizio di chi scrive - possa essere annoverato con certezza tra le esperienze di successo.
Per affrontare vecchie e nuove sfide, tra cui sono state indicate la cultura e la religione, è stata ribadita l’importanza di un approccio rigorosamente “community based”: solo questo potrà restituire centralità alle pratiche delle donne e alle tematiche più tipiche delle loro battaglie - quali la salute riproduttiva e l’educazione - e garantire piena efficacia e reale sostenibilità alle politiche promosse in loro favore.
Tra le indicazioni più preziose emerse nel corso dell’incontro, va poi ricordato l’invito a non affidarsi solo alle possibilità di cambiamento che partono dall’esterno. L’iniziativa individuale e il percorso interiore sono stati riconosciuti come elementi essenziali, attraverso l’esortazione di Gertrude Mongela (“scegliete uno dei punti di Pechino e mettetelo in pratica!”) e il chiaro monito di Thoraya Ahmed Obaid (“dobbiamo far partire il cambiamento da dentro”), momenti di grande intensità e forza comunicativa.
Una raccomandazione infine è scaturita a più voci: il concetto di genere prevede un reciproco, ed è dunque essenziale il coinvolgimento degli uomini, perché il “progresso delle donne è il progresso di tutti”.
Questi hanno rappresentato i tratti salienti della riflessione, che ha visto una larga partecipazione, anche attraverso la serie di interventi finali, di numerose/i rappresentanti ed esperte/i provenienti da organizzazioni della società civile, istituzioni ed enti territoriali, mondo accademico.
Il bilancio della giornata risulta dunque indiscutibilmente positivo: numerose le indicazioni per lo sviluppo di un’azione sinergica tra i vari attori interessati, forte l’impegno ribadito dalla rappresentante del governo, che ha auspicato un “un rapporto sintonico” con la società civile.
La riflessione proseguirà, anche attraverso il gruppo di lavoro tematico creato in occasione degli Stati Generali della Cooperazione e della Solidarietà Internazionale e la missione di studio assegnata al termine dell’incontro, che si vuole supportata dal lavoro di gruppi e condotta in maniera partecipativa.
La “madre” delle sfide, tenacemente sostenuta da alcune nel corso degli anni anche in Italia, rimane infatti quella di mantenere alta l’attenzione su questi temi. Per garantire la piena adozione di un approccio di genere nelle politiche e nei programmi di cooperazione - con un auspicabile maggiore sviluppo nella dimensione dell’emergenza e della gestione dei conflitti - c’è ancora molto da dire e da fare.
(22 gennaio 2007)
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